La guerra sconosciuta: il conflitto tra Uganda e Tanzania – terza parte

L’importanza militare della guerra tra Uganda e Tanzania, il nuovo Governo di Yusuf Lule e il riconoscimento della comunità internazionale.

Di fronte al collasso militare delle forze di Amin, Nyerere decise di convocare i rappresentanti dell’opposizione ugandese, così da creare un Governo che avrebbe potuto guidare l’Uganda dopo la deposizione del brutale dittatore. La conferenza si tenne nella città di Moshi, nel nord della Tanzania, e portò alla formazione di una coalizione, l’Uganda National Liberation Front, che riuniva tutti i gruppi d’opposizione ad Amin. Ad essere investito nel ruolo di capo dell’UNLA, fu Yusuf Lule. Dopo la Conferenza di Moshi, le Brigata 208 dell’esercito tanzaniano sferrò un’offensiva verso l’aeroporto internazionale di Entebbe.

Il TPDF annientò le locali forze ugandesi e libiche distruggendo l’aviazione di Amin. Le forze tanzaniane lanciarono quindi l’offensiva finale sulla capitale ugandese Kampala, che cadde l’11 aprile 1979. Idi Amin Dada fuggì in Libia e da lì in Arabia Saudita. Il nuovo Governo di Yusuf Lule venne rapidamente riconosciuto dalla Comunità Internazionale. Le forze libiche e palestinesi furono rapidamente rimpatriate e le poche forze ugandesi, rimaste nella parte orientale e settentrionale del paese, furono rapidamente sopraffatte dalle forze dell’esercito tanzaniano. Il 3 giugno 1979 la guerra era ufficialmente terminata.

Importanza militare della guerra tra Uganda e Tanzania

Sebbene in gran parte dimenticata, la guerra tra Uganda e Tanzania è uno dei conflitti più importanti nella storia militare africana. Nello specifico, il conflitto risulta essere il primo e unico caso in cui una nazione africana riuscì con successo ad invadere un’altra nazione del continente e, assieme all’invasione libica del Ciad del 1980, il più significativo esempio di proiezione di potenza nella storia del continente. Tuttavia, mentre l’invasione libica del Ciad terminò con un fallimento, l’intervento tanzaniano ebbe pieno successo. Ronald Aminzade, professore di sociologia all’Università del Minnesota, ritiene che la chiave del successo tanzaniano risieda nella capacità del Presidente Nyerere di mobilitare un’enorme quantità di manodopera per le forze armate, grazie ad un’efficace campagna d’informazione incentrata sulla difesa del territorio nazionale.

La Tanzania riuscì a mobilitare una forza armata di ben 150000 soldati, un numero impressionante per un paese così povero. Diversi analisti militari, ritennero che la Tanzania riuscì a prevalere più per i problemi degli eserciti ugandese e libico, che per meriti propri. Le forze di Amin erano caratterizzate da un morale molto basso, contrasti interni ed enormi problemi di coordinamento. L’analista della CIA Kenneth Pollack affermò nel libro “Araba t war. Military Effectiveness”, che il fallimento dell’intervento libico in appoggio ad Amin fallì a causa di enormi problemi nell’intelligence e nel coordinamento con le forze ugandesi.

Viceversa, l’analista militare William G. Thom asserì in un paper pubblicato su JSTOR che la vittoria tanzaniana aveva dimostrato i significativi miglioramenti degli eserciti africani negli anni precedenti. Thom lodò inoltre la capacità della Tanzania di proiettare la propria potenza militare ad una così considerevole distanza. In ultima analisi, venne lodata anche la capacità tanzaniana di impiegare con successo l’artiglieria (specie i BM-21 Grad) e la contraerea.

Conseguenze nel diritto internazionale

Durante la Conferenza dell’OUA (Organizzazione per l’Unità Africana) tenutasi nel luglio 1979, il Presidente sudanese Ja’far al Nymeiri e il presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, definirono l’invasione come un “serio precedente”, il quale si poneva nettamente in contrasto con la tradizionale politica di non ingerenza dell’organizzazione. Sebbene ad essa non abbiano fatto seguito altre invasioni militari coronate da successo, quest’evento rappresentò l’inizio del lungo processo che avrebbe portato alla fine stessa dell’OUA. La politica di non ingerenza dell’organizzazione rendeva quest’ultima debole e incapace di agire.

Questo condusse la stessa OUA a redigere, nel 1999, una dichiarazione con la quale richiese di essere sostituita da un altro organo privo di tale difetto. Fu così che sorse l’attuale Unione Africana. Il conflitto fu inoltre determinante nel definire la nozione di intervento umanitario e di “guerra giusta”. Diversi analisti, tra cui Emmanuel K. Twesigye, sostennero che il conflitto rappresentava un esempio di quella “guerra giusta” teorizzata già da Agostino di Ippona. La Tanzania infatti invase l’Uganda in risposta all’attacco verso la Kagera e con lo scopo di rovesciare la brutale dittatura di Amin. Ciò renderebbe la Guerra tra Uganda e Tanzania un conflitto in linea con le caratteristiche della guerra giusta descritte da Michael Walzer nel libro “Just and Unjust Wars”.

Altri analisti, tra cui Sean D. Murphy, hanno asserito che in realtà i motivi dietro l’invasione erano molteplici e non tutti legati all’aspetto umanitario. Al di là dei dibattiti sulla questione, la Comunità Internazionale (piuttosto ostile ad Amin), riconobbe rapidamente il nuovo governo ugandese, segno che a dispetto dello scarso supporto estero e delle controversie generate, l’abbattimento del regime di Amin era stato in larga parte gradito. Venti anni dopo, il Belgio avrebbe citato la Guerra tra Uganda e Tanzania come esempio di intervento umanitario per giustificare l’operazione Allied Force, finalizzata a porre fine alla pulizia etnica in Kosovo.

Giovanni Chiacchio

Qui la prima parte.

Qui la seconda parte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *