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L’intervento del giovane presidente libico Muammar Gheddafi a fianco dell’esercito ugandese di Idi Amin in difficoltà.
Amin (ex campione di boxe) giunse a chiedere un match con il presidente tanzaniano Nyerere per risolvere il conflitto, con Mohamed Ali che avrebbe dovuto fare da arbitro. I tentativi delle forze aeree ugandesi di fermare l’offensiva tanzaniana vennero rapidamente respinti dalla contraerea del TPDF e le forze ugandesi piombarono nel caos più assoluto e vennero rapidamente sbaragliate. Entro il mese di gennaio del 1979, le truppe di Amin erano state ritirate dal territorio tanzaniano. Nonostante la vittoria, Nyerere decise di lanciare una limitata invasione del sud dell’Uganda allo scopo di prevenire una nuova invasione da parte di Amin.
Amin e l’attacco dell’esercito tanzaniano
L’esercito tanzaniano procedette a bombardare le forze ugandesi mediante i lanciarazzi BM-21 Grad. La potenza distruttiva dei lanciarazzi e la precisione nell’impiego dell’esercito tanzaniano, seminarono il caos tra le forze di Amin. La Brigata 208 (arrivata con grande sforzo dal sud del paese), passò quindi all’offensiva e conquistò la città di Mutukula, sbaragliando facilmente le locali forze ugandesi. In preda al caos dopo il precedente bombardamento, in risposta alle atrocità avvenute nella Kagera, i soldati tanzaniani saccheggiarono la città e uccisero numerosi civili. Disgustato, Nyerere ordinò che l’esercito non si abbassasse più a compiere tali eccidi. Il presidente Nyerere, cominciò altresì a mobilitare i ribelli ugandesi rifugiati in territorio tanzaniano, allo scopo di lanciare una rivolta per rovesciare definitivamente Amin.
Risposero all’appello (tra gli altri) l’ex presidente ugandese Milton Obote (rovesciato da Amin nel 1971) e il leader del FRONASA Yoweri Museveni. Il TPDF, rinforzato da ribelli ugandesi, lanciò una potente offensiva con tre brigate (201, 207 e 208) verso la città di Masaka. Obote aveva infatti assicurato a Nyerere che se Masaka fosse stata presa l’esercito ugandese sarebbe collassato, consentendo ai ribelli di lanciare una rivolta nazionale per rovesciare Amin e permettendo alla Tanzania di uscire dal conflitto. Le tre brigate al comando del Generale David Musunguri, circondarono rapidamente la città su tre lati.
Ancora una volta, la carta vincente fu l’impiego di lanciarazzi BM-21 Grad che inflissero pesanti perdite agli ugandesi, unito ad un ottimo utilizzo della contraerea, grazie alla quale il tentativo dell’aviazione ugandese di fermare l’assalto tanzaniano venne respinto. La città di Masaka cadde il 24 febbraio. La forza aerea ugandese aveva subito perdite tali da non poter più essere considerata un’effettiva forza da combattimento. Ciononostante, dopo la caduta di Masaka, non si realizzò alcuna rivolta nazionale contro il presidente Amin. Nyerere comprese allora che l’unico modo per abbattere Amin era completare l’invasione militare dell’Uganda.
L’intervento di Gheddafi
Di fronte al crollo dell’esercito ugandese, il leader libico Muammar Gheddafi, alleato di Amin, decise di intervenire militarmente. Circa quattromila truppe libiche, alle quali si aggiunsero diverse centinaia di militanti palestinesi, atterrarono all’aeroporto internazionale di Entebbe, allo scopo di difendere Kampala. Poiché l’unica strada tra Masaka (controllata dalle forze tanzaniane) e Kampala, passava attraverso Lukaya, la Brigata 201 dell’esercito tanzaniano si mosse ad occupare a città. Amin ordinò quindi all’esercito ugandese, rinforzato da contingenti libici e palestinesi, di riprendere la città di Lukaya e da lì procedere per Masaka.
A seguito di un discorso radiofonico del dittatore ugandese, nel quale quest’ultimo dichiarava che le sue forze erano in procinto di circondare i tanzaniani, il TDPF comprese che le truppe ugandesi stanziate a Sembebule erano adibite a tale scopo. La Brigata 205 dell’esercito tanzaniano attaccò quindi la città combattendo una durissima battaglia urbana. Contemporaneamente, le forze libiche riuscirono, grazie ad uno sbarramento d’artiglieria, a costringere inizialmente al ritiro gli inesperti soldati della Brigata 201 dell’esercito tanzaniano. Intervenne quindi la Brigata 208 che, ricongiuntasi con la riorganizzata 201, sferrò una potente controffensiva supportata da un preciso sbarramento d’artiglieria.
Le forze libiche e ugandesi subirono pesanti perdite e il colonnello ugandese Godwin Sule rimase ucciso. A seguito di tali rovesci, le forze ugandesi e libiche cominciarono a collassare. Molti soldati fuggirono nello Zaire e in Sudan. Allo stesso tempo, i civili ugandesi cominciarono a fraternizzare con i soldati del TDPF chiamandoli “bokombozi”, ovverosia liberatori. Le forze tanzaniane lanciarono allora l’operazione Dada Idi. Le Brigate 207 e 208 liberarono la strada per la capitale ugandese Kampala e presero il controllo di Mpigi.
Giovanni Chiacchio
Qui la prima parte.