La Repubblica Popolare Cinese: genesi di una cultura strategica – quinta parte. La Cina nucleare.

Regine delle armi asimmetriche, delle armi con le quali il debole può rispettivamente dissuadere e mettere in ginocchio il forte, sono quella nucleare e quella cibernetica. Le capacità cibernetiche cinesi sono talmente temibili da meritare una trattazione separata: alla nostra analisi della dottrina e del pensiero militare cinese giova constatare come ancora una volta lo strumento militare migliore della Repubblica Popolare miri a colpire l’avversario in modo furtivo ed anonimo, in quella che è la vera e propria guerriglia del XXI secolo, “senza limiti” e già attivamente in corso tra Repubblica Popolare e Stati Uniti. È un’arma assai più temibile del limitato arsenale atomico cinese, il quale, pur in fase di modernizzazione e ampiamento, conta ad oggi meno di 300 testate (delle quali poco più di 200 in basi terrestri e una ventina a caduta dai bombardieri H-6, derivati dai Tu-16 russi).

I sottomarini

Completa la triade nucleare una flotta di quattro sottomarini lanciamissili balistici, programmati per crescere fino al numero di dieci battelli nei prossimi anni. Numeri quindi non imponenti se rapportarti a quelli americani, e tecnologie non sempre modernissime e dalla efficacia limitata (si pensi al raggio dei missili o alla rumorosità e conseguente rilevabilità dei sottomarini esistenti). Per la dottrina cinese l’arma nucleare è uno strumento politico e non militare, che evidenziava l’indipendenza dall’alleato-nemico sovietico e rappresenta oggi il diritto a partecipare al consesso delle grandi potenze. È un deterrente assai limitato rispetto alla capacità americana di primo colpo e consegnato al principio del “Rifiuto del primo impiego” (a meno che non sia proprio l’arsenale atomico ad essere colpito anche da un attacco convenzionale)[1].

I missili

“Minima allerta” (missili di terra senza testate installate), “Rifiuto del primo impiego” (con le testate non installate sui missili da terra) che esclude comunque l’uso contro Stati non dotati di arma atomica, “Deterrenza minima” e orientamento “counter-value” (strategico contro le città nemiche, e non tattico contro le forze nemiche in avanzata) rimangono i quattro pilastri nucleari di una Cina che preferisce investire su altre forze asimmetriche o sulle forze convenzionali[2], pur modernizzando ed espandendo un arsenale nucleare che essa non desidera consegnare ad una corsa agli armamenti contro gli USA o contro l’India (la quale sembra piuttosto rivolgerlo contro il Pakistan). È egualmente da intendersi come politica e non puramente militare la mossa che, nel 2015, ha elevato il Secondo Corpo di Artiglieria (la branca dell’Esercito con responsabilità della forza missilistica nucleare di terra) da branca a servizio militare autonomo, rinominandolo Forza Missilistica: qualitativamente la forza nucleare cinese cresce, quantitativamente resta esigua e rimarrà tale se paragonata a quella russa e americana. La Cina, sul piano politico, è senza dubbio “l’utile nemico” che giustifica la presenza della potenza americana[3], ma sul piano militare resta la terza o al massimo la seconda delle grandi potenze. Rimarrà tale almeno per il prossimo lustro.


[1] Paolo Mauri, Le armi nucleari cinesi che preoccupano gli Stati Uniti, it.insideover.com, 3 Luglio 2019

[2] Lawrence Freedman e Jeffrey Michaels, The Evolution of Nuclear Strategy. New, updated and completely revised, Palgrave MacMillan, 2019

[3] Il dibattito statunitense in merito è ben riassunto da Austin Long, Myths or moving targets? Continuity and change in China’s nuclear forces, warontherocks.com, 4 Dicembre 2020

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