Gli aerostati, le prime armi intercontinentali della Storia

Negli ultimi tempi è divenuto protagonista della cronaca un’insolita incursione sui cieli del nord America. La vicenda del pallone spia cinese ha riaperto una pagina della storia che sembrava ormai essere stata consegnata agli storici. L’impiego infatti di aerostati per raggiungere gli Stati Uniti d’America non è nuovo, anzi, risale a quasi ottant’anni fa.

La strategia di guerra moderna su larga scala è ormai da molto tempo incentrata sullo sviluppo dei missili balistici intercontinentali. Esiste infatti una vera e propria “corsa” nell’ambito della tecnologia missilistica tra le varie potenze mondiali similare alle battaglie a distanza di ormai un secolo fa per lo sviluppo di forze marittime, capaci di esercitare il loro peso strategico anche solo per il fatto di esistere (vedi la dottrina della fleet in begin).

Il medesimo concetto applicato agli arsenali nucleari ed alla capacità di proiezione degli stessi tramite ICBM è la massima espressione moderna della corsa agli armamenti.

I primi utilizzi degli aerostati

Nonostante l’utilizzo dei palloni bomba giapponesi (Fu-Go) venga generalmente riconosciuto come il primo utilizzo di palloni aerostatici in ambito militare, in realtà il primato spetta ai britannici. Nel 1940 iniziarono a pensare ad un utilizzo offensivo degli aerostati, nonostante il parere negativo di alcuni elementi dell’aeronautica che preferivano non sprecare i palloni che potevano essere utili come sbarramento per difendere obiettivi terrestri.

L’ammiragliato, invece, fu entusiasta dall’idea di poter colpire il territorio tedesco con mezzi privi di pilota (i piloti erano considerati elementi preziosi, più degli aerei). I britannici utilizzarono dei palloni meteorologici allo scopo e li modificarono in modo da poterli far arrivare fino in Germania, dove il meccanismo pian piano li avrebbe fatti scendere di quota ed infine colpire il suolo. Gli aerostati portavano un ordigno incendiario chiamato “Sock”, cioè calzino, per via della loro forma che ricordava appunto quella di una calza.

I primi lanci avvennero nel marzo del 1942 con l’esito di segnalazioni di vari incendi nelle zone adiacenti Berlino e l’allora Prussia Orientale. I danni procurati da questi palloni non furono trascurabili, una commissione britannica stimò infatti che economicamente vennero provocati danni per circa 60 milioni di sterline odierne.

In seguito al raid Doolittle (il primo bombardamento americano su Tokyo) i giapponesi iniziarono a pensare al modo con cui poter rispondere. Ma arrivare al territorio statunitense per le forze armate giapponesi era quasi impossibile. Gli aerei non avevano una portata tale e né tantomeno si potevano rischiare le preziosissime portaerei per un evento in fin dei conti dimostrativo.

Inizialmente i giapponesi pensarono di inviare dei sottomarini nei pressi della costa orientale degli Stati Uniti dove naturalmente in emersione avrebbero lanciato un idrovolante che avrebbe sganciato il suo limitato carico di bombe sul territorio americano. Effettivamente l’idea riuscì dato che il 9 settembre 1942 il pilota giapponese Nobuo Fujita a bordo del suo idrovolante E14Y lanciato dal sottomarino I-25 sganciò due bombe incendiarie sulla foresta nazionale del Siskiyou nell’Oregon. I danni furono limitati, e l’incendio fu presto domato dalle squadre antincendio.

I giapponesi ritennero che si doveva studiare qualcosa di più efficace e soprattutto meno rischioso dato che perdere un sottomarino per una semplice azione dimostrativa non rientrava nei piani del comando giapponese. Così nel marzo del 1943 il maggiore Sueki Kusaba prese in mano il team per lo sviluppo di una nuova arma in grado di colpire gli Stati Uniti.

I palloni costruiti letteralmente con la carta ricavata dal Gelso possedevano una bomba incendiaria da 5 Kg che sarebbe stata sganciata grazie al meccanismo di un timer calibrato per azionarsi alla fine del volo. Ad agosto 1943 i palloni prodotti erano più di 200 e si penso di farli lanciare da sottomarini che invece di avvicinarsi troppo alla costa americana avrebbero potuto operare da più lontano, quasi a mille chilometri dal territorio statunitense.

Successivamente venne accantonata l’idea di utilizzare i sottomarini, l’esercito nipponico infatti sperava di poter effettuare circa 200 lanci al giorno dal suolo nipponico, stimando che circa il 10 percento degli aerostati sarebbe arrivato effettivamente a destinazione sfruttando i venti del Pacifico.

I palloni verso gli Stati Uniti

Il 3 novembre 1944 finalmente l’operazione passò dalla teoria ai fatti ed i primi palloni vennero lanciati verso gli Stati Uniti d’America. Tra il 12 ed il 14 Novembre i primi palloni arrivarono sul territorio americano, i danni effettuati erano modesti tuttavia, i continui ritrovamenti e le segnalazioni di alcuni incendi in alcune foreste allarmarono le forze armate americane che decisero quindi di assegnare alcuni aerei da ricognizione e circa 3.000 uomini alla salvaguardia dei territori nordorientali, specialmente durante i mesi più caldi e secchi dell’anno, dove le bombe incendiare avrebbero potuto innescare incendi di grandi proporzioni.

Le forze aeree degli Stati Uniti cercarono più di una volta di intercettare ed abbattere gli aerostati ma non sempre riuscivano nel loro intento a causa dell’alta quota alla quale viaggiavano i palloni. Nonostante la preoccupazione in realtà i danni furono relativamente contenuti, il maggior successo avvenne il 10 marzo 1945 quando uno dei palloni colpi delle linee elettriche nei pressi di Toppenish, (Stato di Washington) provocando così un cortocircuito. Curiosamente l’evento coinvolse l’impianto di produzione nucleare di Hanford Engineer Works, che lavorava allo sviluppo del progetto Manhattan.

Le vittime civili di questa operazione giapponese furono solamente sei; quando purtroppo il 5 maggio 1945 una famiglia che stava andando fuoriporta per un picnic trovò uno dei palloni giapponesi a terra, i bambini incuriositi andarono a vedere di cosa si trattava, dopo essere stato probabilmente preso a calci il sistema di innesco si attivò e la bomba esplose uccidendo sul colpo praticamente tutta la famiglia. Nel 1950 il governo americano costruì un monumento dedicato alle vittime della tragedia sul luogo della stessa.

Nonostante l’esito piuttosto scarso di questa operazione militare giapponese è necessario comprendere che questa arma fu la prima vera espressione bellica di un disegno strategico intercontinentale, precursore di quelle che sono oggi considerate le armi più temute e cioè i missili balistici intercontinentali.

Danilo Morisco

Fonti

  • Japan’s World War II Balloon Bomb Attacks on North America (Robert C. Mikesh)
  • Fu – Go: The history of Japan’s balloon bomb attack on America (Ross Coen)
  • Operation Outward: Britain’s World War II offensive balloons (Raoul E. Drapeau)

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