Il 20 settembre 1870 e la breccia di Porta Pia

Centocinquantadue anni fa, il 20 settembre 1870, l’esercito italiano conquistava Roma, la quale diventava la nuova capitale del Regno. 

Il 17 settembre 1870, otto anni dopo la proclamazione del Regno in cui il furore risorgimentale aveva guardato con frenesia alla Roma dei Papi, un corpo di spedizione italiano, formato da cinquantamila e comandato dal generale Raffaele Cadorna, si appostava nei pressi della Città Eterna. L’esercito dei Savoia poteva finalmente minacciare quello minuscolo e mal equipaggiato di Giovanni Maria Ferretti, Papa Pio IX, ormai orfano del suo grande protettore Napoleone III e il suo immenso esercito. Due anni prima, un colpo di Stato in Spagna aveva rovesciato la Monarchia di Isabella II e il governo provvisorio aveva offerto la corona iberica al principe tedesco Leopoldo, cattolico e parente del Re Guglielmo.

La situazione internazionale

La Francia di Napoleone si sentiva minacciata e accerchiata, sentendo il peso di un sovrano tedesco su entrambi i propri confini. L’impulso patriottico dell’opinione pubblica e della stampa francese fece esplodere in tutto il Paese e soprattutto a Parigi un inarrestabile furore nazionalistico che convinse Napoleone a dichiarare guerra alla Prussia. Era il 19 luglio 1870 e l’esercito dell’Imperatore marciava verso oriente, in un clima di grande entusiasmo. Tuttavia l’eccitazione passò presto. Il primo settembre, l’esercito di von Moltke con un movimento rapido e una grande manovra accerchiò gli uomini di Napoleone III a Sedan, vicino al confine col Belgio. L’imperatore protettore del Papa e dello Stato Pontificio, grande sconfitto nella guerra franco-prussiana, venne arrestato e la Francia, per la terza volta nella sua storia, divenne una Repubblica. Il governo italiano sentiva che il grande momento era arrivato, che la lunga attesa, durata nove lunghi anni per annettere Roma al Regno era finita e il 7 settembre spedì alle grandi potenze europee una circolare nella quale rendeva nota l’intenzione di entrare nella città dei Papi con le armi in pugno, tutelando tuttavia la salute di Pio IX e la sua indipendenza. Giunse l’alba del 20 settembre e l’esercito di Vittorio Emanuele II aprì il fuoco con pezzi di artiglieria sul tratto di mura fra porta Pia e porta Salaria. Alle 9:30 del mattino gli uomini del generale Cadorna avevano aperto uno squarcio, una breccia lunga trenta metri che consentì ai primi bersaglieri di entrare nella Città Eterna.

L’esercito entra a Roma

Appena entrati a Roma, i soldati italiani galoppavano a testa in su, incuriositi dalla gente che osservava le operazioni dai terrazzi delle ville, mentre di tanto in tanto si fermavano per smontare i cannoni posti dai pontifici e curare qualche compagno ferito. Vicino alla Porta distrutta dall’artiglieria, in mezzo agli alberi degli eleganti giardini, sfilavano lunghe colonne di soldati, ufficiali di Stato Maggiore e staffette che correvano in tutte le direzioni. Per le strade si potevano osservare i materassi che i pontifici avevano legato ai muri e già per metà arsi dal fuoco italiano. Roma, tra i bersaglieri che correvano come tante formiche, mostrava tra le sue alte colonne e le imponenti statue, i sacchi di terra ammassati sulle barricate ormai distrutte. All’improvviso si udì un forte fuoco di moschetteria e un vivace grido: “Savoia!”. Poi, una voce lontana gridava: “Sono entrati!”. Entrarono anche gli ultimi soldati, tutti accalcati oltre le barricate. Non si udiva più alcuno sparo e da una parte della strada si prestavano i soccorsi a due ufficiali di fanteria feriti, mentre tra le truppe girava voce che era morto il maggiore dei bersaglieri Giacomo Pagliari. Il fumo, assiepandosi, mostrava la Porta Pia completamente abbattuta e solo l’enorme immagine della Madonna che le sorgeva nella parte posteriore era rimasta intatta. Le statue, a destra e a sinistra non avevano più la testa e il terreno intorno era fradicio di macerie, berretti lacerati e materassi fumanti. A passo di corsa, gli italiani giunsero in Piazza del Quirinale, mentre le case dei romani si coprivano di bandiere. Poi, al suono della fanfara, giunsero in Piazza Colonna. Da alcune finestre venivano sventolate bandiere con lo stemma dei Savoia, venivano agitati fazzoletti bianchi e tutti si preoccupavano di non apparire abbastanza eccitati di fronte a quel grande momento storico. Chi la possedeva, indossava una coccarda tricolore per poi applaudire “ai nostri soldati”. Intanto, i pontifici tentavano un’ultima disperata resistenza al Campidoglio, ma il suono della grande campana annunciava che anche quegli ultimi uomini fedeli al Papa si erano arresi. Tutte le mani si sollevarono verso la torre per celebrare l’impresa con un grande applauso.

Dentro la Roma pontificia

I soldati sfondarono la porta, salirono fino alla cima e imbandierarono il parapetto. Un pompiere, aiutandosi con un’alta scala, saliva sulle spalle d’una statua per legare una bandiera alla croce. Un altro grande applauso risonava sulla piazza e da tutte le parti di Roma il popolo accorreva al Campidoglio. Dalle finestre dei vicini palazzi si agitavano le mani e si sventolavano fazzoletti, mentre i pontifici trovavano rifugio nei vecchi conventi. Roma era finalmente italiana. Un altro tassello del Risorgimento era stato messo al suo posto ma una miccia veniva accesa, quella del conflitto con la Chiesa. Il principe Alessandro Torlonia, banchiere e discendente di ricchissimi mercanti di tessuti e sarti, cambiò il colore delle giacche dei suoi staffieri poiché troppo simili a quello dei Savoia e il principe Lancellotti, in segno di lutto, sbarrò il portone del suo palazzo romano. Pio IX era su tutte le furie e, mentre scomunicava i responsabili del misfatto e faceva circolare voce che si preparava ad abbandonare Roma e a portare la curia e la Santa Sede altrove, emanò un’enciclica nella quale definì l’occupazione italiana della Città Eterna “ingiusta, violenta, nulla e invalida”. Disilluso, si ritirò in Vaticano dove non riconobbe mai Roma italiana, l’Italia unita e la Monarchia dei Savoia. Giovanni Maria Ferretti, che quando fu eletto Pio IX nel 1846 fu salutato dai romani e dal mondo liberale come colui che avrebbe dato via al Risorgimento italiano, fu davvero protagonista di questo grande evento storico. Ma nel modo opposto di come l’avrebbe voluto lui.

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