Il 20 dicembre la Francia ha organizzato una conferenza ad Amman e la scottante questione irachena è stata uno dei temi caldi.
Come già avvenuto nel 2021, Emmanuel Macron ha nuovamente organizzato una tavola rotonda denominata “Conferenza di Baghdad” nella cornice di Amman, capitale della Giordania. Hanno presenziato rappresentanti dell’Unione Europea, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, del Consiglio di Cooperazione del Golfo, della Lega Araba, dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica, il presidente egiziano Al Sisi, il primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, l’emiro del Qatar e ministri degli esteri di Turchia, Iran e Arabia Saudita. La sede non è stata scelta casualmente dato che il presidente francese ha sempre cercato di coinvolgere la monarchia hashemita per incrementare il suo ruolo all’interno delle dinamiche regionali a fronte di un’alta credibilità agli occhi delle diplomazie occidentali.
L’Iran
A margine dell’incontro si è discusso anche di alcuni temi caldi riguardanti l’Iran: l’accordo sul nucleare e il sostentamento militare-tecnologico fornito al Cremlino; il capo della diplomazia della Repubblica Islamica ha inoltre incontrato Josep Borrell (Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea). Il focus dell’incontro è stato il cambio di governo in Iraq: il premier e i membri del gabinetto sembrano soggetti a forti influenze iraniane e ciò complica la creazione di un più disteso rapporto con gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. A complicare il quadro delle alleanze si stagliano prepotenti la guerra in Yemen e i crescenti legami di Israele con molti stati arabi, nonostante il governo di Benjamin Netanyahu sia attraversato da posizioni che vengono descritte dai detrattori come filo sioniste e razziste.
Ad Amman
Un altro motivo per cui la conferenza si è tenuta ad Amman è da ricollegarsi al fatto che la Giordania aveva speso molto “capitale diplomatico” a sostegno di Mustapha al Kadhimi (ex primo ministro dell’Iraq); le sue dimissioni hanno sicuramente scosso le alte sfere politiche del regno hashemita anche alla luce del fatto che il suo successore, Mohammed Shia al-Sudani, è considerato una “pedina” ricollegabile ai Pasdaran iraniani. Iraq e Giordania hanno stipulato o ipotizzato alcune importanti partnership economiche: la fornitura di petrolio ad Amman a costi ridotti (oleodotto Bassora-Aqaba) e la creazione di reti elettriche unificate, tutto ciò fa assumere all’Iraq un ruolo di connessione economica di prioritaria importanza. Per Sudani l’incontro è stata un’occasione fondamentale per tentare di smarcarsi dal ruolo di “fantoccio” filo-iraniano e tentare di costruire relazioni con gli altri attori della regione. La diffidenza verso il governo iracheno è conseguenza della posizione assunta dall’Iran a sostegno del gruppo Houthi in Yemen. La ricerca di nuove alleanze non è ostacolata da Teheran perché una Baghdad isolata non è certo confacente alle esigenze del governo degli ayatollah che potrebbero comunque ottenere benefici da una rinnovata considerazione internazionale di un paese partner.
Il destino dell’Iraq
L’importanza del destino dell’Iraq trova conferma nel fatto che il nostro Presidente del Consiglio abbia incluso Baghdad tra le tappe del suo “tour” prenatalizio a sostegno del morale delle truppe di stanza all’estero. Iraq e Turchia sono sicuramente i due asset strategici privilegiati in questo momento e la creazione di conferenze – tavole rotonde – meeting o qualsivoglia termine si intenda usare sono sicuramente il modo migliore per riuscire a far convergere gli interessi di numerosi stati che pubblicamente assumono posizioni vicendevolmente ostili. Questa formula è sicuramente anche conveniente per qualsiasi Paese europeo che, sedendosi ad un tavolo comune, riesce ad abbandonare la posizione miope di “esportatore di democrazia”, assumendo quello di facilitatore.