L’incidente nella miniera
Un tragico evento ha recentemente scosso una delle regioni sud-occidentali del Mali, non lontana da Bamako: il cedimento di una miniera d’oro operante senza le dovute autorizzazioni ha portato alla morte più di 70 lavoratori. Il paese, posizionato al terzo posto tra i produttori d’oro del continente africano, si trova di fronte ad incidenti di tale natura con una frequenza allarmante, con operazioni minerarie illecite che incidono per un 6% sull’intera produzione annuale di oro. La causa di tali tragedie è spesso imputabile al mancato rispetto delle normative di sicurezza da parte dei lavoratori delle miniere illegali. La comunicazione dell’incidente è stata inizialmente veicolata dal Ministero delle Miniere maliano, il quale riferiva di un numero imprecisato di decessi tra i minatori. Mentre le operazioni di recupero proseguono, persiste l’incertezza sul potenziale incremento del conteggio delle vittime.
Abdoulaye Pona, quale capo della Camera delle miniere del Mali, presente sul sito al momento della catastrofe, ha comunicato che un numero di lavoratori vicino al centinaio era impegnato nelle operazioni minerarie durante il cedimento. Pona ha inoltre garantito che verranno prese tutte le iniziative necessarie dalle autorità per condurre un’indagine esaustiva e determinare le responsabilità.
I “numeri” dell’oro maliano
Il Mali, noto per essere il terzo più grande esportatore d’oro in Africa, affronta regolarmente incidenti nel settore minerario. La pratica dell’estrazione non regolamentata, spesso condotta da gruppi minori che trascurano le norme di sicurezza, è particolarmente problematica nelle regioni isolate del paese: un’attività mineraria artigianale che è stimata in circa 30 tonnellate all’anno, rappresentando il 6% dell’oro estratto annualmente.
La preoccupazione che i ricavi dell’estrazione non regolamentata possano sostenere gruppi estremisti nel nord si è intensificata negli ultimi anni.
Secondo l’International Trade Administration del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, l’oro è di fondamentale importanza per l’economia maliana, rappresentando oltre l’80% delle sue esportazioni totali nel 2021: il settore minerario è vitale per il sostentamento di oltre due milioni di persone, equivalenti a più del 10% della popolazione.
L’interesse della Wagner (Africa Corps) per le aree estrattive
Truppe del Mali in sinergia con ex combattenti della PMC (Private Military Company, compagnia militare privata) russa precedentemente nota come “Wagner”, attualmente ribattezzati “Africa Corps”, hanno assunto il controllo dell’area estrattiva di Intahaka. Il sito, noto per la sua produzione artigianale d’oro, si trova all’interno dei confini del comune di N’Tillit, non lontano dalla città di Gao e al confine con il Burkina Faso. Segnalazioni diffuse dall’emittente “Rfi” e corroborate da testimoni locali rivelano come l’operazione di occupazione sia avvenuta il 9 febbraio, attraverso il dispiegamento di truppe e mercenari via elicottero. Persistono sospetti, espressi in particolare dal gruppo insurrezionale “Csp” (Quadro strategico permanente), riguardo le intenzioni degli ex Wagner di appropriarsi delle risorse della miniera, prelevando ingenti quantitativi di oro e argento: una circostanza che suggerirebbe, se non un diretto sfruttamento delle risorse minerarie, la possibilità di nuove tassazioni imposte dal gruppo paramilitare. Intahaka si distingue come la più importante area di estrazione d’oro a livello artigianale nel nord. La zona è diventata un punto di riferimento per migliaia di cercatori d’oro attratti anche dalle regioni limitrofe, dal Sudan, Ciad e Niger.
La contesa per il controllo delle miniere dura da anni, coinvolgendo diverse fazioni in grado di esercitare influenza nella regione: tra essi, i ribelli del Csp e i membri del “Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani” (Jnim), aventi legami con al Qaeda, si contendono il territorio. Secondo le statistiche ufficiali rilasciate dalle autorità maliane, le miniere artigianali del paese contribuiscono con una produzione annuale di circa 26 tonnellate d’oro: un dato che è comunque considerato largamente sottostimato in quanto non comprensivo del volume di produzione proveniente dalle aree gestite dai gruppi armati, in particolare quelle situate nel settore settentrionale del paese.
Le informazioni provenienti da fonti civili e di sicurezza indicano come la presenza di ex componenti del gruppo Wagner a Intahaka miri principalmente a tutelare l’area, prevenendo l’appropriazione indebita delle risorse da parte di entità armate non governative. Nella Repubblica Centrafricana ed in Sudan, l’industria mineraria rappresenta una fonte di guadagno consolidata per il gruppo Wagner, come evidenziato da numerose testimonianze. In Mali, invece, la situazione appare diversa: gli elementi russi, definiti “ausiliari” militari dal governo locale, ricevono finanziamenti direttamente dallo Stato, deviando dal modello osservato negli altri paesi.
Non solo Wagner: l’influenza jihadista nell’area del Sahel
Le autorità militari in Burkina Faso, Mali e Niger hanno annunciato il progetto di istituire un’unità di sicurezza integrata per combattere la crescente presenza di gruppi jihadisti nei rispettivi territori. La decisione arriva in risposta alla situazione di instabilità che affligge il Sahel, teatro di numerosi attacchi terroristici che hanno provocato la morte di migliaia di civili. Nonostante l’importanza dell’annuncio, persistono molte incognite riguardo alla reale implementazione di tale forza, inclusi i tempi di attivazione, l’entità e la composizione del contingente.
I tre paesi sono governati da giunte militari come conseguenza dei golpe degli ultimi anni: si sono distaccati dal “G5 Sahel”, un consorzio formato nel 2014 da cinque nazioni (Ciad, Mali, Niger, Burkina Faso e Mauritania) con l’obiettivo di affrontare la minaccia jihadista, ed hanno concordato un’intesa per sostegno reciproco in ambito difensivo.