Houthi: la spada di damocle del trasporto marittimo mondiale

2015: la comparsa degli Houthi nelle notizie di cronaca

Le prime notizie pubblicate dai principali media riguardanti gli Houthi risalgono al 2015, cogliendo i principali aspetti venivano così descritti:

In Yemen la guerra civile già in corso rischia di precipitare, con conseguenze devastanti a livello internazionale. La situazione peggiora di giorno in giorno e somiglia sempre più a quella in Libia e in Siria.

Crisi politica: La crisi è scoppiata a gennaio 2015, quando i ribelli Houthi hanno assaltato il parlamento di Sana’a. Il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi è stato arrestato. A marzo 2015 si stimava che gli Houthi controllassero nove delle 21 province dello Yemen e che, secondo alcuni analisti, sarebbero stati in grado di prendere il controllo di tutto il Paese in breve tempo, anche se poi non sarebbero riusciti a governarlo.

Accordo mancato: Il 21 settembre 2014 gli Houthi avevano firmato un accordo di pace con Benomar e il presidente Mansour Hadi. Le condizioni negoziate prevedevano nuovi sussidi statali per l’acquisto di carburante, la formazione di un nuovo governo e la nomina di alcuni membri Houthi e del movimento secessionista Hiraak al-Janoubi a consiglieri presidenziali. L’accordo saltò dopo poche settimane.

Caos generale: La situazione va deteriorandosi. Il giornalista Abdulkarim al-Khaiwani è stato ucciso davanti alla sua abitazione a Sana’a. Secondo il quotidiano Yemen Times, Khaiwani era un sostenitore di lunga data del movimento Houthi. A marzo 2015 il gruppo prende il controllo anche della città di Taiz. Su Twitter (oggi X) alcuni account documentano con video e foto le violenze degli Houthi contro parte della popolazione yemenita.

Seguaci di Zaydi: Gli Houthi sono seguaci della setta sciita Zaydi, la fede di circa un terzo della popolazione dello Yemen. Sono conosciuti anche come Ansar Allah (Sostenitori di Allah). Al potere fino al 1962, hanno condotto nel 2009 una rivolta contro il primo presidente yemenita Ali Abdullah Saleh.

Il leader: Il nome “Houthi” deriva dal nome del loro leader originario, Hussein Badr al-Din al-Houthi. L’uomo ha guidato la prima sommossa del gruppo nel 2004, quando hanno cercato di controllare la provincia di Saada per proteggere le tradizioni religiose e culturali che credevano minacciate da gruppi sunniti. Houthi è stato ucciso nel 2004 e la sua famiglia ha continuato la sua lotta.

Morte all’America: Lo slogan degli Houthi riassume la loro politica: “Dio è grande, morte all’America, morte a Israele, dannazione per gli ebrei e vittoria per l’Islam”. Per molti, dietro gli Houthi c’è lo zampino dell’Iran sciita, che approfitta del caos per trarne vantaggio. Teheran ha negato qualsiasi coinvolgimento col gruppo, che ha dichiarato guerra anche ai terroristi di Al Qaeda.

Povertà estrema e mancanza di leadership: Per altri osservatori, alla base della ribellione degli Houthi ci sarebbero le disparità per l’accesso al potere, la disoccupazione, una leadership debole al governo del Paese, la corruzione, carenza di infrastrutture e la scarsità di risorse. Lo Yemen è il Paese più povero del Medio Oriente con circa 10 milioni di cittadini in stato di povertà estrema, su un totale di 26 milioni di abitanti.

Chi sono gli Houthi

Gli Houthi o Huthi, sono un gruppo politico e militare dello Yemen, nato nel 1992. Si definiscono Partigiani di Dio (Anṣār Allāh) o Gioventù Credente e dal 2014 hanno il controllo del Nord dello Yemen e della capitale Sana’a, oltre alla costa che affaccia sul Mar Rosso. Sono a maggioranza sciita zaydita: lo zaydismo è una corrente dello sciismo che prende il suo nome da Zayd, figlio del quarto Imam (capo e guida morale e spirituale dell’Islam) sciita, Zayn al-Abidin. Lo zaydismo ha posizioni teologiche per alcuni versi vicine ai sunniti pur essendo un gruppo a maggioranza sciita ed in campo politico si è distinto per i suoi connotati “militanti” e di lotta contro l’oppressione.

Queste forze agiscono in contrapposizione alle forze yemenite filo-saudite e a quelle sostenute dagli Emirati Arabi Uniti che si spartiscono con aspre rivalità il centro-sud del Paese, incluso lo strategico porto di Aden. Le regioni orientali dello Yemen sono da decenni dominio del qaidismo locale.

Il governo filo-iraniano di Sanaa, guidato dal leader Abdel Malek Houthi, nel corso degli anni ha sviluppato un arsenale militare capace di colpire con missili balistici e droni di fabbricazione iraniana obiettivi distanti anche duemila chilometri, come nel caso degli attacchi avvenuti nel recente passato contro installazioni petrolifere saudite e degli Emirati. Il porto israeliano di Eilat dista circa 1.600 chilometri.

Dal 2015 l’Arabia Saudita ha dato vita a una coalizione anti-Houthi a cui si sono uniti, tra gli altri, gli stessi Emirati Arabi Uniti. In 10 anni di guerra in Yemen sono morte più di 350mila persone secondo l’Onu. Nell’aprile 2022 le parti in conflitto hanno raggiunto un accordo per una tregua. Un anno dopo, il disgelo politico e diplomatico tra Iran e Arabia Saudita, mediato dalla Cina, ha accelerato il dialogo tra Houthi e Riad, prolungando il cessate il fuoco, di fatto ancora in vigore.

In questo contesto di relativa calma, il 10 ottobre scorso il leader Houthi ha annunciato l’entrata del suo governo nel conflitto contro Israele a fianco di Hamas e del cosiddetto ‘asse della resistenza’ guidato dall’Iran. Da allora quasi ogni giorno le forze yemenite hanno sparato contro numerose navi cargo e petroliere dirette verso Israele.

Gli Houthi oggi: la guerra a Gaza è un’opportunità per il gruppo?

Da alcuni giorni i traffici navali nel mar Rosso – una delle più importanti vie commerciali del mondo, da cui passa il 12% del commercio globale e il 30% del traffico dei container – sono gravemente compromessi dalle attività degli Houthi.

Gli Houthi stanno lanciando missili contro le navi da trasporto di passaggio dallo stretto di Bab el Mandeb, che separa lo Yemen dal Gibuti. Lo fanno come atto di ritorsione nei confronti di Israele, per via della sua invasione della Striscia di Gaza. Una parte delle navi che entrano nello stretto di Bab el Mandeb è diretta nel porto di Eilat, nell’estremo sud di Israele. Altre sono di proprietà di società israeliane o di paesi stretti alleati di Israele, come gli Stati Uniti.

Gli Houthi sostengono che continueranno ad attaccare le navi finché il governo israeliano non consentirà l’ingresso di cibo e aiuti nella Striscia di Gaza. In risposta agli attacchi, numerose compagnie di trasporti internazionali hanno annunciato la sospensione dei viaggi attraverso il mar Rosso, cosa che potrebbe provocare una grossa crisi commerciale.

In questo contesto per gli Houthi la guerra a Gaza e gli attacchi nel mar Rosso si sono trasformati in un’opportunità per ottenere legittimità e prestigio all’interno del mondo musulmano, nonché accreditamento politico, ponendosi come importanti avversari di Israele nella regione. La bandiera ufficiale degli Houthi, peraltro, contiene il motto: «Dio è grande, morte all’America, morte a Israele, dannazione per gli ebrei e vittoria all’Islam».

Fin dai primi giorni della guerra gli Houthi hanno cominciato a lanciare missili in direzione di Israele e, soprattutto, contro le navi israeliane e statunitensi che transitavano per lo stretto di Bab al Mandeb, su cui affacciano le coste yemenite (in seguito hanno cominciato a prendere di mira anche tutte le altre navi). Le capacità missilistiche degli Houthi sono relativamente ridotte: si stima che posseggano missili in grado di raggiungere il territorio israeliano ma in quantità molto limitate. Il resto del loro arsenale ha una gittata inferiore, sufficiente però per minacciare i traffici commerciali nel mar Rosso. In un contesto in cui né i paesi arabi né l’Iran, nonostante la retorica bellicosa, hanno fatto molto per aiutare il popolo palestinese, l’attivismo degli Houthi ha ottenuto grande visibilità. Farea al Muslimi, un analista del centro studi britannico Chatham House, ha detto al New York Times che la guerra a Gaza «è un’enorme opportunità [per gli Houthi] di ottenere legittimità nella regione» e fare in modo che il loro dominio sullo Yemen occidentale si stabilizzi e sia riconosciuto anche fuori dal paese. «Attualmente nessuno nella regione fa distinzioni tra gli yemeniti e gli Houthi, e questa, per gli Houthi, è la cosa migliore che possa succedere».

L’implosione del Mediterraneo

“Il Mediterraneo potrebbe essere ‘chiuso’ se gli Stati Uniti e i loro alleati continuassero a commettere crimini a Gaza”. “Dovranno aspettarsi presto la chiusura del Mar Mediterraneo, dello Stretto di Gibilterra e di altri corsi d’acqua”, ha detto Mohammad Reza Naqdi, comandante dei pasdaran. La flotta iraniana non ha accesso diretto al Mediterraneo e non è chiaro come possa tentare di chiuderlo. Per questo, più che una minaccia sembrerebbe una boutade. Anche se Naqdi ha parlato della “nascita di nuove potenze di resistenza e chiusura di altre vie d’acqua”. Una frase che potrebbe essere interpretata come una chiamata al sollevamento di frange fondamentaliste nel nord Africa (nell’area dello Stretto di Gibilterra).

Le conseguenze

La chiusura de facto del Canale di Suez è sicuramente un danno irreparabile all’Egitto che già versa in condizioni economiche precarie.

Al di là del fatto che l’intento di boicottare il Mediterraneo fino a Gibilterra sia realisticamente realizzabile, la notizia in sé dimostra come le forze ardimentose legate al mondo islamico abbiano acquisito negli anni “scaltrezza e pragmatismo”. Non viene più infatti unicamente menzionata una “guerra ideologica”, ma vengono gettate le basi affinché l’intero globo soffra le ripercussioni di un singolo proponimento.

Si potrebbe supporre che questo cambio di passo sia da incasellare nella più ampia logica della creazione di un mondo multipolare: non solo economie dimenticate si uniscono con la finalità di creare un polo di internazionale interesse, ma anche le guerre che un tempo venivano percepite come “distanti” oggi si tramutano in interessi di prossimità globali.


Fonti

https://formiche.net/2015/03/houthi-ribelli-islam-yemen/

https://www.geopop.it/houthi-nel-mar-rosso-chi-sono-perche-sta-rallentando-il-traffico-di-navi-nel-mar-rosso

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/12/19/chi-sono-gli-houthi-dello-yemen_6d5b74e2-aa0f-4130-b3c1-b4f2c1fe2778.html

https://www.ilpost.it/2023/12/23/houthi-chi-sono/

https://www.quotidiano.net/esteri/iran-mediterraneo-chiuso-jiliz87d

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