La Mard ō Mard, quando i combattimenti diventavano davvero letali

Una pratica sasanide che si perde nel tempo

Siamo abituati nei film a vedere gli scontri tra gladiatori in una maniera incredibilmente esagerata, dove ogni singolo scontro finiva col sangue e un Princeps/Dominus particolarmente crudeli, col pollice abbassato, decretavano la fine del combattente.

Per fortuna, ora si sta facendo un bel po’ di chiarezza sui fatti inerenti ai gladiatori, ma quello che in pochi sanno è quello per quanto concerne una vera sfida mortale, una sfida che veniva attuata quando bisognava siglare degli accordi particolarmente importanti, soprattutto quando vi erano due fazioni che combattevano tra di loro, in modo da potersi imporre sugli altri.

Stiamo parlando della Mard ō Mard sasanide.

Un combattimento tra uomini

Citata anche nel “Libro dei Re” (il Shahnameh), forse il più importante testo poetico di tutta la letteratura persiana medievale e non solo, la “Mard ō Mard“, letteralmente “Uomo contro Uomo” in lingua medio persiana, era un’antica tradizione iraniana di combattimento singolo nonché uno dei rituali più sacri e importanti di tutta la cultura persiana sia del periodo achemenide che di quello sasanide. Tale pratica divenne estremamente importante nella cultura iranica e legata in particolar modo alle tradizioni della nobiltà dei cosiddetti “Discendenti di Perseo”, utilizzando la nomenclatura dei greci.

Per essere guerrieri bisognava essere anche cacciatori

Nella cultura persiana infatti ogni azione, ogni trattato, ogni persona aveva un prezzo e quando di qualcosa non si riusciva a determinare il suo valore in denaro o con le parole, lo si pagava col ferro e col sangue. Alcuni conflitti, tra l’altro non erano unicamente di carattere militare ma anche di natura economica si risolvevano facendo ricorso alla “Mard ō Mard“: sarebbe stata la morte di uno dei duellanti a sentenziare e il suo giudizio era insindacabile poiché tutti, vincitori e sconfitti avrebbero dovuto rispettare l’esito della contesa, pena la maledizione di Ahura Mazda e la condanna a non poter mai raggiungere la Fiamma Sempiterna, l’Atar, simbolo della Sua infinità cultura e grazia.

Il concetto della battaglia individuale era estremamente semplice: ogni fazione sceglieva un campione che poteva essere un soldato o un mercenario; dopo di che i due guerrieri avrebbero scelto come combattere, con quali armi e se sfidarsi a cavallo o a piedi. Poche cose erano vietate, ma quelle poche regole andavano rispettate, sempre:

  • Era vietato usare armi da tiro o lanciare la propria arma contro il nemico 
  • Non si poteva chiedere pietà ma lo scontro andava portato fino alla morte di uno dei due combattenti.
  • Eventuali altre regole potevano essere scelte assieme dalle due fazioni in lotta, ma era assolutamente vietato portare altre persone nel combattimento, in caso ci fossero stati degli interventi esterni, ci sarebbe stata la fine dello scontro, portando alla vittoria della parte che aveva subito l’affronto.

Secondo le fonti citate dal celebre storico Edward Gibbon, l’accordo di pace stipulato tra i Sasanidi e i Romani di Oriente del 421 d.C. alla fine della Guerra Persiano- Bizantina (422-421 d.C) fu firmato dopo che un campione armeno al servizio dei persiani morì in un incontro a cavallo contro un guerriero gotico al servizio di Roma. L’esito di tale sfida ebbe così delle chiare ricadute di carattere diplomatico: sebbene a livello topografico i due imperi rimasero uguali al periodo prebellico, con la vittoria romano-bizantina, Bahram V, Re dei Re dei persiani, fu costretto a concedere la libertà di culto ai cristiani in territorio sasanide, a patto che gli zoroastriani in territorio bizantino avessero gli stessi diritti di tutte le altre religioni.

Le ragioni

Ma perché questa pratica “rituale” divenne così presente nel mondo sasanide e non ebbe tutta questa diffusione in quelli achemenidi e arsacidi? 

Nel mondo achemenide e in tutto quello inerente il mondo della cosiddetta epoca del ferro non erano così presenti questi duelli e non facevano parte del modus operandi, visto che spesso e volentieri, i campioni erano tenuti in così tanta considerazione che una perdita poteva essere devastante (come detto nel mio articolo inerente gli immortali persiani, questi guerrieri spesso erano nobili e non potevano permettersi di morire in un modo del genere, perché non faceva parte della tattica bellica achemenide e per il danno che ci sarebbe stato).

Una questione di rivalità tra imperi, una questione relativa al fatto che ognuno di esse doveva mostrare la propria in ogni aspetto, andando a prendere (scusate il termine fin troppo azzardato) concetti da “guerra fredda” e “guerra ideologica” contemporanea.

Questa storia ci fa capire come a volte, determinati fatti considerati di fantasia oppure riscritti dal cinema, dalla letteratura e altro, possano avere una solida base di realtà.

Logicamente come potrete immaginare, la “Mard ō Mard” non era una faccenda così frequente nel mondo sasanide, ma aveva un’importanza estrema nel contesto culturale che era stato creato dai discendenti di Ardashir, soprattutto dopo la “rivoluzione culturale” dell’importantissimo Mago Zoroastriano Kartir (seconda metà del terzo secolo d.C.).


Riferimenti bibliografici:

  • Federico Arborio Mella. L’impero Persiano. Da Ciro il grande alla conquista araba.
  • Touraj Daryaee. The Sasanian Empire.

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