Siria: la caduta di Bashar Al Assad e la “fisarmonica” del turco Erdoǧan

Views: 4349

Risorge l’astuzia strategica di Recep Tayyip Erdoǧan, con la sua politica estera paragonabile ad una fisarmonica: si adatta elasticamente alle necessità del momento. L’ultima mossa di Ankara è stata quella di proclamarsi garante dell’unità e della sicurezza in Siria, segnando una nuova fase nel suo gioco diplomatico su più fronti. Questo gesto riafferma la capacità di Erdogan di operare con destrezza su vari scenari internazionali, posizionandosi come interlocutore chiave tra l’Occidente, la Russia e le dinamiche del Medio Oriente.

Il complesso panorama siriano

Vari gruppi, inclusi ex terroristi e milizie, stanno modificando profondamente il panorama politico in Siria successivamente all’era Assad, riducendo l’influenza di attori esterni come Iran, Russia e Hezbollah. Di fronte a questi cambiamenti, l’Unione Europea e la Turchia sono chiamate a decifrare e gestire le evoluzioni geopolitiche nella vasta area che comprende il Mediterraneo, il Medio Oriente, il Golfo ed il Caucaso. L’emergere di al-Julani come potenziale leader in Siria segnala non solo una trasformazione del potere, ma potrebbe anche contribuire ad un’ulteriore instabilità in una regione già segnata da tensioni. La Commissione Europea ha il compito di scrutare i futuri scenari e di anticipare gli impatti collaterali che potrebbero scaturire da questi cambiamenti.

Al-Julani segna davvero un cambio di passo?

Dal 2016, il fondatore di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), Abu Mohammad al-Julani, ha avviato un’ambiziosa iniziativa per ridisegnare il profilo del suo gruppo in Siria, tentando di distanziarsi dalle radicali ideologie estremiste e mirando alla creazione di una “repubblica islamica”. Questo processo è stato graduale: iniziò con la presa di controllo del governatorato di Idlib nel 2017, dove instaurò un governo locale denominato “esecutivo siriano di salvezza”. Al-Julani ha poi dato priorità agli aiuti umanitari, focalizzandosi sulle necessità immediate della popolazione civile colpita dalla guerra; inoltre ha lavorato per stabilire servizi di istruzione, assistenza sanitaria, infrastrutture e distribuzione di aiuti.

Abu Mohammad al-Julani

Nato a Riyadh nel 1982, al-Julani si trasferì a Damasco e successivamente in Iraq nel 2003, dove si unì ad al-Qaeda, avvicinandosi alla figura di Abu Bakr al-Baghdadi, che sarebbe poi diventato il leader dell’ISIS. Dopo essere stato arrestato dalle forze americane, al-Julani marcò una svolta significativa nella sua carriera militante fondando HTS con migliaia di combattenti provenienti da Aleppo. Questa nuova formazione mirava ad interrompere i legami amministrativi con il regime di Assad e ad eliminare la presenza delle milizie iraniane in Siria. Al momento, HTS si è esplicitamente distanziato dall’obiettivo dell’ISIS di creare un califfato globale.

Il contesto del conflitto tra sciiti e sunniti, con un particolare accento sul ruolo dell’Iran, è fondamentale per capire le dinamiche regionali. La strategia di Erdoǧan è cruciale poiché ha abilmente preparato il terreno per un cambiamento radicale nella regione, gestendo al contempo le delicate questioni legate al dossier curdo, una regione che si estende oltre i confini nazionali tradizionali verso un ideale “Kurdistan”.

Il “disegno” di Erdoǧan

Il governo turco, guidato dal Presidente Erdoǧan, ha manifestato il proprio impegno nel promuovere la stabilità e l’unità in Siria. Questa iniziativa si articola attorno a tre pilastri fondamentali: la ricostruzione del paese devastato dalla guerra, la gestione dei rifugiati ed il miglioramento delle relazioni con l’Occidente. Le aziende turche specializzate nel settore edile e cementifero sono già in fase di mobilitazione per avviare una vasta operazione di ricostruzione, in risposta agli evidenti danni lasciati dal conflitto siriano. L’aumento delle quotazioni azionarie di queste aziende riflette l’ottimismo del mercato riguardo al loro ruolo centrale nei prossimi lavori di ricostruzione.

Il presidente turco Erdoǧan

Parallelamente, il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha ribadito la determinazione del suo governo a supportare i rifugiati siriani per un sicuro ritorno a casa; l’accoglienza di nuovi insediamenti urbani ed infrastrutture sarà essenziale per facilitare questa transizione.

Focus Usa

Fonti provenienti dagli Stati Uniti indicano l’avvio di trattative con la Turchia, mentre l’attenzione di Washington si concentra su una strategia per una “nuova Siria”. Questi dialoghi vedono coinvolte figure di spicco dell’amministrazione americana, tra cui il Segretario alla Difesa Lloyd Austin, il Direttore della CIA Bill Burns ed il Segretario di Stato Antony Blinken, che stanno lavorando con i loro corrispettivi turchi per assicurare una transizione organizzata. Attualmente, circa mille militari statunitensi sono di stanza nel nord della Siria, collaborando con lo YPG, la componente siriana del PKK, che ambisce a creare un corridoio lungo il confine sud della Turchia; questa questione continua ad essere un punto di divergenza tra gli USA e la Turchia da anni. In contemporanea, Israele ha effettuato numerosi attacchi aerei contro obiettivi militari in Siria associati all’Iran ed agli Hezbollah del Libano, alleati del governo di Assad.

Focus Unione Europea

Dopo diversi interventi nella guerra in Ucraina, Erdoǧan ora percepisce la situazione in Siria come una reale opportunità per esercitare un ruolo non solo di mediatore, ma anche di garante di stabilità nella regione. Data la prossimità della Turchia alla Siria, la sua dimostrata capacità di influenzare la geopolitica regionale, come visto in Libia, ed i suoi legami con le nazioni del Golfo che hanno un interesse diretto nel futuro di Damasco, Erdoǧan è posizionato in modo unico per influenzare gli eventi in Siria.

Mentre le manovre della Turchia erano ampiamente anticipate, le strategie europee rimangono incerte e devono essere chiaramente delineate per essere efficaci. L’Unione Europea è ora alle prese con analisi complesse sulla Siria, dovendo prevedere le conseguenze di un eventuale collasso, specialmente per quanto riguarda la migrazione. L’accordo del 2016 con Erdoǧan, negoziato da Angela Merkel, che valeva miliardi, solleva questioni irrisolte sui cinque milioni di rifugiati attualmente ospitati in Turchia e sul loro possibile ritorno in Siria, o su una loro ulteriore migrazione verso l’Europa se le condizioni di sicurezza non migliorassero. Inoltre, l’UE è chiamata a formulare una strategia inclusiva per la Siria che consideri anche le questioni curde, le implicazioni delle politiche iraniane e gli interessi che legano il Golfo alla Russia.


Riferimenti bibliografici:

Una risposta

  1. Arianne io penso che un’esperta come te su argomenti così scivolosi e di non facile comprensione immediata, dovrebbe essere ascoltata a che nei Liceo per fare capire alle nuove generazioni “dove” vivono e in quale contesto mondiale…
    Una presa di coscienza?…. Come sempre, very very good 👍👍👍

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *