Turchia in equilibrio tra NATO e BRICS: ago della bilancia nei Balcani e riapertura dei rapporti con la Grecia

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Inquadramento “balcanico”

La Serbia sta notevolmente incrementando i finanziamenti per rafforzare il proprio esercito, con l’aspettativa di diventare la forza dominante nei Balcani occidentali in un futuro prossimo. Tale escalation militare è fonte di inquietudine per le nazioni limitrofe e solleva questioni riguardo l’impatto che influenze esterne possano avere sulla stabilità della regione. Le tensioni in Kosovo e l’interesse crescente della Cina verso paesi come la Bosnia e l’Albania sono percepiti come elementi che potrebbero contribuire a una maggiore instabilità. Questo periodo di rinnovamento militare in Serbia coincide con una fase critica per i Balcani, evidenziata dall’avvio recente dei negoziati per l’entrata dell’Albania nell’Unione Europea.

Focus Serbia

Nell’ambito della politica di difesa, il Primo Ministro serbo Aleksandar Vucic ha giustificato il potenziamento militare del suo paese, enfatizzando la necessità di mantenere una posizione di neutralità, pur riconoscendo la necessità di tutelarsi attraverso misure adeguate. Queste includono l’acquisto di tecnologie avanzate come missili e droni, risultato di una collaborazione con la Turchia. Vucic ha annunciato un incremento salariale per le Forze Armate e la reintroduzione della leva obbligatoria, segnali chiari di un impegno rinnovato verso la sicurezza nazionale.

Il Primo Ministro serbo Aleksandar Vucic

La collaborazione militare tra Belgrado ed Ankara si è concretizzata nella produzione di droni Bayraktar, progetto che ha ricevuto l’endorsement del Presidente turco Recep Tayyip Erdoǧan, il quale ha sottolineato le capacità serbe e la prospettiva di un avanzamento congiunto delle competenze militari tra i due paesi alleati.

Questo rafforzamento delle capacità militari serbe attraverso l’alleanza con la Turchia crea nuove dinamiche nei Balcani, specialmente riguardo al sostegno alla stabilità della Bosnia-Erzegovina. La Serbia, in particolare, si impegna a sostenere non solo l’integrità territoriale della Bosnia ma anche quella della Repubblica Srpska, rafforzando così il suo ruolo regionale. Queste mosse sono viste positivamente da Vucic, che vede nei nuovi mezzi e risorse una leva per la stabilità e la sicurezza regionali.

La Serbia nel contesto globale

Oltre ad Ankara, anche l’amministrazione di Donald Trump ha dimostrato un notevole interesse verso Aleksandar Vucic. Il presidente serbo ha instaurato e mantenuto un rapporto stretto e diretto con gli Stati Uniti, servendosi di intermediari influenti e connessioni di alto livello. Un esempio significativo di tali figure è Richard Grenell, precedentemente incaricato da Trump per facilitare il dialogo tra Serbia e Kosovo. Mentre attende un nuovo ruolo, Grenell ha sottolineato, durante la convention repubblicana di Milwaukee, l’importanza di un rapporto collaborativo tra la Serbia e gli Stati Uniti e il ruolo strategico dei Balcani occidentali.

Durante la sua nomina, Trump fornì a Grenell un consiglio focalizzato sulla crescita economica: stimolare lo sviluppo nella regione per incentivare i giovani a rimanere, prevenendo la loro migrazione verso nazioni come Polonia, Germania ed Ungheria in cerca di opportunità lavorative.

Focus Grecia

In occasione del recente summit europeo a Budapest, i Capi di Stato di Grecia, Cipro, Albania e Turchia hanno tenuto delle consultazioni focalizzate sul Mediterraneo orientale e le sue complessità geopolitiche. Kyriakos Mitsotakis, Nikos Christodulides, Edi Rama e Recep Tayyip Erdoǧan hanno sfruttato questo momento per una riflessione diplomatica ed amichevole, esaminando le questioni più urgenti che interessano l’area che va dall’Adriatico meridionale all’ex regione della Persia. Le discussioni hanno toccato argomenti chiave come la sicurezza, l’accesso alle risorse di gas, le politiche dell’Unione Europea e gli aggiornamenti nelle relazioni con l’attuale amministrazione della Casa Bianca.

Recep Tayyip Erdoǧan, Kyriakos Mitsotakis, Edi Rama e (di spalle) Nikos Christodulides

Comparto Difesa

Negli ultimi cinque anni, la Grecia ha significativamente rafforzato la propria postura difensiva all’interno della regione mediterranea. Il paese ha integrato nella propria flotta aerea caccia Rafale acquisiti dalla Francia e ha aderito al programma degli F-35, con le prime consegne previste nei prossimi otto anni. Tali azioni riflettono l’aumento del ruolo strategico della Grecia, sia per il suo ruolo nelle nuove vie energetiche che connettono Revithuossa, Alexandroupolis ed il TAP, sia come fulcro nelle relazioni tra gli Stati Uniti ed il Mediterraneo allargato. L’intesa raggiunta nel 2019 tra il Segretario di Stato USA Pompeo ed il Primo Ministro greco Mitsotakis, che prevede l’utilizzo congiunto di quattro basi militari sul suolo ellenico, ne è una conferma.

Più recentemente, sono stati avviati negoziati tra la Grecia ed Israele per il co-sviluppo del sistema di difesa antimissile Iron Dome. Il sistema, che integrerà capacità di intercettazione di missili a corto e lungo raggio, rappresenta un investimento di circa 2 miliardi di euro. Questo sviluppo solleva interrogativi sulla sua tempistica e possibili ripercussioni, inclusi gli effetti sui dialoghi diplomatici in corso con la Turchia e le crescenti tensioni nella regione di Gaza.

Il Ministro della Difesa greco, Nikos Dendias

Parallelamente, il Ministro della Difesa greco, Nikos Dendias, ha dichiarato un’ambiziosa riforma delle forze armate, prevista per il 2025. Questa riforma include la modernizzazione di fregate, sottomarini e missili Meko, nonché lo sviluppo di una nuova fregata chiamata Constellation in collaborazione con gli USA ed una corvetta con l’UE. È prevista anche l’aggiunta di nuovi sottomarini ed una dettagliata revisione delle priorità e dei costi delle attrezzature, che verrà presentata al Parlamento già a gennaio 2025. Inoltre, verranno dismesse 137 basi secondarie entro il prossimo anno per ottimizzare risorse e costi, centralizzando le operazioni nelle basi principali.

Ankara – Atene

Il dibattito politico ad Ankara si intensifica attorno a due temi cruciali: la situazione in Siria e le crescenti tensioni con la Grecia. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoǧan sta cercando di rinnovare la strategia turca verso la Siria, puntando a svolgere un ruolo chiave nella ricostruzione del paese e nel processo politico, oltre a facilitare il rientro dei rifugiati siriani verso l’Iran, in un tentativo di rafforzare le relazioni con i paesi vicini.

Contestualmente, si osserva un certo rilassamento nelle tensioni con la Grecia, facilitato da pressioni continue degli Stati Uniti negli ultimi due anni, che hanno influenzato significativamente la politica estera di Ankara.

Nonostante questi sviluppi, alcune correnti politiche interne manifestano una notevole diffidenza. Eylem Ertug Ertugrul, a capo dell’opposizione del Partito Popolare Repubblicano (CHP), ha mosso critiche al governo, accusando la Grecia di aver occupato illegittimamente alcune isole turche nell’Egeo. Ha quindi proposto una mozione per discutere formalmente la questione in Parlamento, rimproverando al governo di adottare una politica di conciliazione per evitare conflitti con l’Occidente. Ertugrul sostiene che questo atteggiamento costituisca una violazione del diritto internazionale da parte della Grecia, la quale avrebbe militarizzato isole come Lesbo, Lemno, Chio e Samo, in contrasto con i termini del Trattato di Losanna del 1923 che prevedevano la loro demilitarizzazione. La risposta percepita come insufficiente da parte del presidente Erdoǧan viene vista dall’opposizione come un segno di debolezza in un periodo critico di normalizzazione delle relazioni con Atene.

Focus Cipro: le richieste turche

In occasione del quarantunesimo anniversario della nascita della Repubblica turca di Cipro del Nord (TRNC), che trova riconoscimento solo dalla Turchia, Ankara ha sollecitato la comunità internazionale ad accordare riconoscimento formale a tale entità statale. Nella cerimonia svoltasi a Nicosia, lungo il confine noto come “green line”, il vicepresidente turco, Cevdet Yılmaz, ha lanciato un appello per la formazione di rapporti politici, economici e diplomatici con la TRNC.

Il vicepresidente turco, Cevdet Yılmaz

Il vicepresidente Yılmaz ha ribadito il supporto della Turchia ai turco-ciprioti nella loro aspirazione all’autonomia e sicurezza, manifestando perplessità verso i precedenti tentativi delle Nazioni Unite di instaurare un governo federale, ritenendoli superati ed infruttuosi. Erdoǧan ha partecipato agli onori della ricorrenza, condividendo un messaggio sulla piattaforma social X, dove ha dichiarato: “Rivolgo le mie più fervide congratulazioni per il 41° anniversario della fondazione della Repubblica turca di Cipro del Nord, nostra compagna e sorella, baluardo di pace, giustizia e stabilità nel Mediterraneo. Come nazione madre e protettrice, la Turchia persevererà nel suo impegno verso i turco-ciprioti, difendendo i loro diritti e interessi”[1].

La Turchia in equilibrio tra NATO Brics

La Turchia potrebbe diventare il primo Paese membro della NATO a stabilire rapporti così marcanti con il blocco delle economie emergenti dei BRICS, che comprende paesi come Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Etiopia, Iran, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Recentemente, il governo di Ankara ha ricevuto lo status di Paese partner nel gruppo, come confermato dal Ministro del Commercio turco, Omer Bolat. Questo sviluppo rappresenta una mossa non convenzionale data la particolare posizione geopolitica della Turchia, essendo essa un membro di spicco della NATO ed un attore cruciale tanto nel contesto mediterraneo quanto in quello mediorientale. Questa decisione solleva varie questioni che saranno oggetto di riflessione e discussione sia nell’ambito dell’Unione Europea che negli Stati Uniti.

Il vertice dei leader dei Brics

Un mese fa, a Kazan, durante il vertice dei leader dei Brics, il presidente turco Recep Tayyip Erdoǧan ha sottolineato l’importanza strategica della sua presenza. Secondo Erdoǧan, partecipare al vertice era essenziale per promuovere la cooperazione economica con gli stati membri dei Brics, un’azione che ha descritto non in contrapposizione ma in complementarità all’alleanza atlantica. Ulteriori dichiarazioni da parte di membri del governo turco hanno precisato che una potenziale adesione della Turchia ai Brics non modificherebbe la sua relazione con la NATO.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoǧan al vertice dei BRICS a Kazan

Un eventuale ingresso della Turchia in questa alleanza rappresenterebbe un caso senza precedenti, rendendo la Turchia il primo membro della NATO ad unirsi ai Brics, un gruppo spesso considerato un contrappeso alle potenze occidentali. I paesi membri dei Brics tendono a esprimere posizioni spesso opposte a quelle dell’Occidente riguardo le principali questioni internazionali, incluse le guerre attuali.

Focus NATO

La richiesta della Turchia di aderire ai Brics non implicherà cambiamenti nelle politiche della NATO, ha affermato Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation, in un’intervista a Formiche.net. La NATO non interviene nelle questioni di politica estera dei suoi membri, a meno che non siano direttamente legate alla sicurezza dell’alleanza. Eventuali questioni che non influenzano direttamente la NATO restano nel dominio bilaterale tra i paesi coinvolti. Anche con le problematiche riconosciute che riguardano la leadership dei Brics, le azioni conformi agli obiettivi dell’alleanza non sollevano preoccupazioni. Politi ha citato l’esempio di Viktor Orban, le cui molteplici visite a leader come Putin, Zelensky, Biden e Trump, non hanno innescato dibattiti all’interno della NATO, contrariamente a quanto accaduto in Europa.


Riferimenti bibliografici:


Note:

[1] https://it.euronews.com/2021/07/19/erdogan-a-cipro-quella-dei-due-stati-unica-soluzione-possibile