Elezioni in Iran: Arianne Ghersi intervista Hanieh Tarkian

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Hanieh Tarkian

A fronte della complessità dei mutevoli scenari geopolitici di cui il Medio Oriente è costante protagonista e dinanzi ad eventi inattesi e di rilevante portata quali le recenti elezioni in Iran, diventa quanto mai opportuno non solo documentare ed analizzare i fatti, bensì comprendere anche in qual modo siano percepiti all’interno del Paese interessato e quali reazioni abbiano suscitato.
Per tale ragione, si è deciso di pubblicare l’intervista ad una voce vicina alle posizioni del governo iraniano, la dottoressa Hanieh Tarkian, una donna Italo-iraniana, che ha completato il dottorato in Scienze Islamiche presso il Jamiat az-Zahra, il più importante centro femminile di studi islamici dell’Iran, ha conseguito un Master in Relazioni Internazionali e Studi Strategici ed è attualmente docente e coordinatrice del Master in lingua italiana in Studi Islamici organizzato dall’Università internazionale Al-Mustafa (Iran).


Doveroso è spiegare ai meno “esperti” la divisione dei poteri all’interno della Repubblica Islamica dell’Iran. Quali sono le figure che compongono il sistema politico dello stato? Quali sono le cariche? Come si forma un governo? Esiste una differenziazione tra cariche elettive e non?

Ricordiamo intanto che subito dopo la Rivoluzione del febbraio 1979 – una rivoluzione che raggiunse la vittoria grazie al sostegno del popolo e alla guida spirituale e politica dell’imam Khomeini – nell’aprile 1979 fu indetto un referendum nel quale più del 98% degli iraniani votanti espresse il proprio sì all’ordinamento della Repubblica Islamica. Un ordinamento in cui la legittimità divina e il ruolo del popolo s’incontrano, infatti il sistema legislativo, politico ed economico sono fondati sugli insegnamenti islamici. Il popolo tuttavia partecipa alla vita politica, prima di tutto avendo accettato l’ordinamento attraverso un referendum, così come la Costituzione che è stata votata dal popolo, e inoltre esso elegge il presidente della repubblica (che stabilisce il governo e detiene il potere esecutivo), i membri del parlamento (potere legislativo) e in modo indiretto partecipa alla nomina della Guida suprema, attraverso l’elezione dei membri dell’Assemblea degli esperti, che decidono la Guida suprema e soprintendono al suo operato.

I tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario sono separati e indipendenti, il capo della magistratura è nominato dalla Guida suprema.

Il Presidente della Repubblica ha due compiti fondamentali, ossia mettere in atto i principi della Costituzione e dirigere il potere esecutivo, pertanto forma il gabinetto del governo attraverso la nomina dei ministri, cui il parlamento deve concedere la fiducia (o eventualmente può sfiduciarli). Altre responsabilità del Presidente della Repubblica sono firmare le leggi per la loro entrata in vigore, firmare le credenziali dei diplomatici esteri in Iran e di quelli iraniani all’estero e coordinare i programmi del governo.

Le elezioni per la carica presidenziale, come per l’elezione dei membri del Parlamento, si svolgono ogni quattro anni.

Tra le responsabilità principali della Guida suprema vi è:

  • Stabilire le politiche generali del Paese
  • Capo di tutti i corpi armati
  • Nominare il comandante dei pasdaran e i comandanti dei corpi armati
  • Dichiarare guerra
  • Risolvere eventuali divergenze tra i tre poteri


Il 28 giugno c’è stata la prima chiamata alle urne per decidere il successore del presidente Raisi, deceduto a causa di un incidente aereo. Quali sono le peculiarità degli sfidanti? Successivamente, il 5 luglio, si è tenuto il ballottaggio. Quali fattori hanno determinato la vittoria?

Dopo circa due settimane di campagna elettorale, i sondaggi riportavano dati divergenti: Pezeshkian (fronte riformista), Jalili e Ghalibaf (fronte principalista-rivoluzionario) avevano ottenuto ciascuno percentuali che si aggiravano intorno al 20-30%, pertanto, poiché secondo la legge presidenziale iraniana l’eletto deve ottenere più del 50% dei voti, molti analisti avevano già previsto che le elezioni presidenziali iraniane sarebbero passate al ballottaggio.

Infatti nonostante due candidati, ossia Zakani e Ghazizadeh Hashemi (sempre del fronte principalista-rivoluzionario), si fossero ritirati, i voti di questo fronte erano andati a Jalili e Ghalibaf, e non avendo Pezeshkian ottenuto il 50%+1 si è andati al secondo turno, dove Pezeshkian ha ottenuto la vittoria con il 53% dei voti.

Pezeshkian, come formazione universitaria è cardiochirurgo, è stato ministro della salute durante il governo di Khatami e rappresentante in parlamento per cinque legislature. Ha avuto il sostegno politico degli ex presidenti Khatami e Rouhani e dell’ex ministro degli esteri Zarif, anche loro del fronte riformista. Il fronte riformista si caratterizza per un approccio moderato verso l’Occidente; il fallito accordo sul nucleare ottenuto durante la presidenza di Rouhani, e poi stracciato da Trump, non ha in realtà mai portato alcun beneficio all’Iran.

Il fronte principalista-rivoluzionario dà invece la priorità ai legami con i paesi della regione mediorientale e con gli alleati, e vuole un Iran forte e indipendente in vista della transizione verso un nuovo ordine globale multipolare. Esso incoraggia il dialogo per ripristinare l’accordo sul nucleare, sostiene tuttavia che non si debba concentrare tutte le energie su di esso e, tenendo conto dei cambiamenti a livello globale, vi sia la possibilità di prendere in considerazione delle alternative allargando i legami con gli altri paesi.

La Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Khamenei, in un recente discorso ha affermato che alcuni politici iraniani pensano che il progresso dipenda dalle relazioni con gli Stati Uniti e che non si possa progredire senza essere legati a tale Paese, sottolineando però come tale pensiero sia sbagliato. Egli ha infatti messo in risalto l’importanza del preservare l’indipendenza nazionale, che non significa isolazionismo ed essere disconnessi dal mondo. La Guida suprema ha affermato che l’Iran può essere un anello di congiunzione tra l’Oriente e l’Occidente, tra il Nord e il Sud del mondo e che Raisi aveva aperto la strada in questo senso, auspicando quindi che anche il presidente eletto possa portare avanti questa strategia.

Jalili aveva fortemente criticato l’accordo nucleare, affermando che l’Iran non dovrebbe limitare se stesso a riconciliarsi con un paio di paesi del mondo. Il suo motto per la campagna elettorale era “un mondo di opportunità”, sottolineando la sua consapevolezza di come il mondo stia cambiando e di come le sanzioni non abbiano più lo stesso impatto che avevano prima, mettendo inoltre in evidenza come anche le potenzialità dell’Iran siano numerose, considerate le sue risorse e la sua capacità di progredire tecnologicamente senza dipendere da altri paesi.

È molto probabile che una delle priorità del neo-eletto presidente Pezeshkian sarà ridare vita all’accordo sul nucleare.


I dati dell’affluenza alle urne sono effettivamente rappresentativi del “sentire popolare”? Tutte le comunità parte del tessuto sociale iraniano hanno potuto esprimersi?

L’affluenza è stata di circa il 40% al primo turno, simile all’affluenza delle elezioni parlamentari tenutesi in febbraio, sette per cento in meno di tre anni fa quando fu eletto Raisi, e del 49% al ballottaggio.

In realtà l’andamento dell’affluenza alle elezioni ha sempre avuto alti e bassi, anche se le elezioni parlamentari e presidenziali degli ultimi quattro anni sono state in effetti le meno partecipate in 45 anni di Repubblica Islamica.

Tuttavia io non penso che questo rispecchi necessariamente un’ostilità del popolo iraniano verso l’ordinamento della Repubblica, ma piuttosto verso i politici. Anche in Italia la diffidenza è normalmente rivolta verso politici e partiti ritenuti incapaci di soddisfare le necessità e le richieste del popolo, ma ciò non significa che gli italiani siano per forza contrari all’ordinamento della Repubblica italiana. In realtà il trend di forte diminuzione dell’affluenza alle elezioni è iniziato dopo il secondo mandato di Rouhani, il quale aveva promesso un forte miglioramento delle condizioni economiche anche grazie all’annullamento delle sanzioni che avrebbe dovuto verificarsi con l’accordo nucleare, ciò tuttavia non è avvenuto. Infatti i problemi economici costituiscono ancora la priorità per il popolo.

Sicuramente tutte le comunità parte del tessuto sociale iraniano hanno il diritto di esprimersi: il fatto che un presidente riformista abbia vinto le elezioni (l’unico candidato di quel fronte politico) dimostra la varietà di opinioni all’interno della società iraniana.

Immagine pubblicata sul profilo Facebook della dottoressa Hanieh Tarkian in cui viene mostrato come anche esponenti di altre confessioni religiose abbiano liberalmente partecipato al voto

Una risposta

  1. Molto interessante la descrizione, condotta dall’interno, delle dinamiche politiche di un popolo, a noi poco conosciuto, ma che, dopotutto, a parte i differenti scenari culturali e religiosi, si muovono secondo ordinari modelli

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