L’ombra della Turchia sul Mar Rosso

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Già dal 2020 gli analisti avevano evidenziato la nascita di un’alleanza tra Cina, Pakistan, Iran, Turchia e Qatar: un’alleanza che ha rafforzato le ambizioni del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e dell’allora primo ministro pakistano Imran Khan di emergere quale leader della umma musulmana. Nel medesimo periodo, la Russia si trovava in una posizione ambivalente tra l’Occidente e l’alleanza, ma in seguito si è pienamente allineata con quest’ultima.

Nel 2023, l’annuncio del corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec – Corridoio Marittimo Internazionale Eurasiatico) durante il G20 a Nuova Delhi ha suscitato notevole malcontento in molti di questi Paesi. L’attacco di Hamas contro Israele aveva obiettivi molteplici: il primo era mostrare che un riavvicinamento tra Arabia Saudita e Israele non poteva avvenire senza una soluzione alla questione palestinese; un secondo obiettivo era quello di unire i gruppi jihadisti sotto la bandiera di un “asse di resistenza” guidato dall’Iran.

L’Imec avrebbe favorito il riconoscimento reciproco tra Arabia Saudita e Israele, rendendo la questione palestinese meno rilevante per l’Arabia Saudita, a scapito dell’influenza di Hamas. Russia ed Iran avevano i loro piani rispetto a questa iniziativa. L’Imec, espandendo il Quad dell’Asia occidentale (I2U2, che include Israele, India, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti), ha messo in ombra il North South International Transport Corridor (Instc) e ha rappresentato una sfida alla Belt and Road Initiative (Bri) cinese. I Paesi più influenzati dall’annuncio dell’Imec sono stati Egitto, Turchia, Cina, Russia e Iran, tutti alleati di Hamas.

L’esclusione della Turchia dall’Imec durante il G20 di Nuova Delhi ha provocato il malcontento di Erdogan. Di fronte a questo scenario, la Turchia sta cercando nuove strade politiche ed economiche nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano, sfruttando l’attuale clima di incertezza politica.

Gli interessi turchi sul Mar Rosso

Il coinvolgimento della Turchia nel Mar Rosso sembra a prima vista alquanto estraneo, specialmente considerando il suo storico interesse per affermare la propria influenza nel Mediterraneo. Tuttavia, una chiave di lettura per comprendere questa espansione si trova nella situazione della Somalia: il paese, per decenni al centro delle cronache quale esempio di stato fallito, è stato dilaniato da una guerra civile incessante, opposizioni islamiche costanti al fragile governo federale e attività di pirateria marittima.

La Somalia, afflitta da profonda povertà e crisi umanitaria, si trova in una posizione geografica di rilievo lungo la costa africana: la sua vicinanza allo stretto di Bab-Al Mandab, punto di transito cruciale tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano nel Golfo di Aden, la rende strategicamente importante.

Elemento ulteriore di tensione nella regione sono gli attacchi dei ribelli Houthi contro le navi che percorrono lo stretto di Bab Al-Mandab: attacchi che sembrano aver ispirato e forse aiutato, direttamente o indirettamente, i pirati somali nel loro rinnovato fervore nel prendere di mira le navi in transito. Conflitti globali e altre crisi hanno spesso messo in ombra i recenti sviluppi in Somalia, rendendo meno evidente l’interesse strategico di nazioni quali la Turchia nella regione.

Il sempre attuale conflitto Etiopia – Somalia

L’Etiopia, una delle economie in più rapida crescita del continente africano, si trova senza accesso diretto al mare dal 1993, quando l’Eritrea ha conquistato l’indipendenza. Dopo la guerra di indipendenza trentennale e un conflitto successivo nel 1998, l’Etiopia ha perso l’uso del porto di Assab nel Mar Rosso. Nel 2018, è stato siglato un accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea, con il sostegno degli Emirati Arabi Uniti, ma la stabilità sembra ad oggi essere ancora precaria.

La mancanza di un porto marittimo è vista dal primo ministro etiope, Abiy Ahmed, quale ostacolo critico allo sviluppo del suo paese: nel contesto di crescenti tensioni e preparativi militari lungo il confine tra i due paesi, Abiy ha cercato una soluzione alternativa firmando un protocollo d’intesa con il Somaliland, una regione separatista della Somalia. L’accordo permetterebbe all’Etiopia di usare il porto di Berbera nel Mar Rosso, tanto per il trasporto merci quanto come base militare navale.

Sebbene i dettagli dell’accordo non siano stati divulgati completamente, si ritiene che includa condizioni vantaggiose per il Somaliland, simili a quelle precedentemente offerte all’Eritrea per il porto di Assab: ciò includerebbe una partecipazione nella compagnia aerea di stato Ethiopian Airlines. Come controparte dell’accordo, l’Etiopia avrebbe promesso di riconoscere e sostenere l’indipendenza del Somaliland, provocando ulteriori tensioni in Somalia, dove il governo federale si è a lungo opposto a tali aspirazioni separatiste.

Nel frattempo, si osserva un potenziale mutamento delle alleanze in Somalia. Hassan Sheikh Mohamud, attuale presidente somalo, precedentemente sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti, sta considerando un cambiamento di rotta nelle sue alleanze politiche: una considerazione emersa in seguito a un accordo tra Somaliland ed Etiopia, che sembra offrire a Mohamud nuove opportunità diplomatiche.

La stampa turca: Daily Sabah

Secondo un esperto di politica internazionale, la Turchia potrebbe fungere da mediatore nel caso in cui il recente controverso accordo portuale tra l’Etiopia e l’autoproclamata Repubblica del Somaliland sfociasse in una crisi regionale.

Ankara gode di una stretta amicizia economica, diplomatica e militare con la Somalia e l’Etiopia.

In Somalia, le organizzazioni non governative (ONG) e le aziende turche sono ampiamente attive nei settori dell’istruzione, dell’energia e della finanza. Da quando il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha visitato il paese nel 2011, la Turchia ha costruito un’ambasciata di 80.000 metri quadrati a Mogadiscio, la sua più grande ambasciata in Africa.

La Turchia si è impegnata a sostenere pienamente l’instaurazione della pace e della stabilità in Etiopia dopo gli scontri tra le forze federali e il Fronte di liberazione popolare del Tigray (TPLF) scoppiati nel 2020. Quando la guerra finì, la Fondazione turca Maarif aprì immediatamente una scuola nel Tigray. Anche l’Agenzia turca per la cooperazione e il coordinamento (TIKA) ha aperto il suo primo ufficio in Africa in Etiopia per fornire aiuti umanitari e progetti culturali.

Dopo l’annuncio dell’accordo sul porto, la Turchia, l’Egitto e altri alleati hanno promesso il loro sostegno alla Somalia. Ankara ha ribadito il suo impegno per l’integrità territoriale del Paese, sottolineandola come un “requisito del diritto internazionale”.

“La Turchia si è naturalmente schierata dalla parte della Somalia perché è ciò che richiedono gli standard internazionali”, ha detto Özkan. “Ma anche perché la Somalia è stata al fianco di della Turchia su molte questioni critiche, comprese le conseguenze del tentativo di colpo di stato del 2016 e la crisi del Golfo del 2017 tra Emirati Arabi Uniti e Qatar”.

Özkan ritiene che il sostegno di Ankara a Mogadiscio non influirà sulle relazioni bilaterali con l’Etiopia o sugli interessi economici e politici della Turchia nell’Africa orientale.

Il valzer delle alleanze

Un elemento di tensione personale aggiunge complessità alla situazione: il figlio del presidente Mohamud è stato coinvolto in un incidente mortale a Istanbul, dove è accusato di omicidio colposo. Dopo l’incidente, il figlio è fuggito dalla Turchia, dove ora pende su di lui un mandato di arresto. La Turchia, pertanto, si aspetta il suo ritorno per affrontare le accuse.

Nel quadro più ampio della politica regionale, si prevede che Mohamud si rechi in Turchia per un incontro con il presidente Erdogan. Tra i temi principali di discussione, si ipotizza che Mohamud solleciti l’intervento delle navi turche nelle acque somale per contrastare la pirateria e monitorare eventuali movimenti tra Etiopia e Somaliland. Contestualmente, è concreta la possibilità che la Turchia fornisca navi, armamenti e attrezzature per consentire alla Somalia di sviluppare una propria marina militare.

Se queste previsioni si concretizzassero, ciò potrebbe tradursi in un controllo più ampio del governo turco sulle aree strategiche del Bab-Al Mandab e del Golfo di Aden, espandendo considerevolmente la sfera di influenza della Turchia nel Mar Rosso. La situazione porrebbe la Turchia in una posizione di potere sul lato africano, mentre gli Houthi, alleati dell’Iran, manterrebbero la loro presenza sul lato asiatico, in Yemen.


Fonti

https://www.dailysabah.com/politics/news-analysis/turkiye-could-step-in-if-ethiopia-somaliland-controversy-turns-sour

https://formiche.net/2024/01/turchia-mar-rosso-vas-shenoy/

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