“Creatività artificiale”: i rischi intrinseci dell’IA quale possibile sostituto del processo creativo e decisionale umano

Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale (IA) si è saldamente integrata nelle abitudini quotidiane della società, influenzando in maniera significativa le interazioni professionali e personali: il suo impatto sulla creatività, una qualità distintiva e fondamentale dell’essere umano, è uno dei temi più dibattuti ed analizzati. La creatività umana, tradizionalmente definita come “la capacità di generare soluzioni ed idee nuove ed originali”, si trova ora a confrontarsi con una tecnologia capace di replicare, ed in specifici contesti, a superare, tali capacità creative mediante l’utilizzo di algoritmi avanzati ed il processamento di grandi quantità di dati (Kaufman & Glăveanu, 2019).

Il rapporto tra l’uomo e l’IA solleva interrogativi cruciali sul futuro della creatività: l’IA potrebbe portare l’uomo a diventare dipendente da questa tecnologia per il pensiero creativo stesso? Studi recenti hanno evidenziato come “l’interazione continua con sistemi intelligenti possa alterare il substrato neurologico, influenzando la capacità di pensiero creativo” (Zhao, 2020). L’analisi di tali dinamiche si rivela fondamentale al fine di comprendere come l’IA possa sia potenziare che inibire la creatività umana, esplorando la dicotomia tra gli effetti di una simbiotica collaborazione ed i rischi di una potenziale dipendenza tecnologica.

La distinzione tra l’uso dell’IA quale strumento di supporto alla creatività ed il suo potenziale di sostituzione del pensiero creativo umano diviene oggi una questione essenziale: sebbene l’IA possa servire quale catalizzatore atto a superare i limiti della creatività tradizionale, offrendo nuovi modi di approccio e soluzioni ai problemi, “la crescente dipendenza da tale tecnologia genera significative preoccupazioni in merito alla possibilità che tale affidamento possa limitare l’originalità e l’autonomia del pensiero creativo” (Runco & Jaeger, 2012).

Più precisamente, diviene imperativo non solo descrivere l’evoluzione tecnologica dell’IA, bensì esplorarne le implicazioni profonde dell’utilizzo nel contesto della creatività: in altri termini, affrontare l’analisi di come l’IA possa riscrivere le regole del gioco creativo e quali misure possono essere adottate onde preservare un equilibrio tra l’innovazione tecnologica e l’autonomia creativa umana.

Fondamenti neurologici dell’interazione uomo-IA

Meccanismi di base del cervello umano e processi creativi

La creatività è una delle facoltà più affascinanti e complesse del cervello umano, caratterizzata da un complesso intreccio di processi cognitivi, emotivi e sociali: l’essenza della creatività risiede nella capacità di generare nuove idee attraverso l’elaborazione di informazioni esistenti e la riconfigurazione delle medesime in modi originali e funzionalmente utili.

Il cervello umano ospita un complesso intreccio di reti neurali che collaborano e competono tra loro nel processo creativo: tra queste, particolarmente rilevanti sono la “rete del modo di default” (DMN, Default Mode Network) e la “rete di esecuzione”. La DMN è attiva durante la riflessione introspettiva ed i momenti di pensiero libero (detto “vagante”), mentre la rete di esecuzione è coinvolta nei processi di controllo cognitivo ed attenzione focalizzata sul contesto. Studi di imaging cerebrale (ovvero visualizzazione mediante immagini del funzionamento neurochimico ed elettrico del cervello) hanno mostrato come gli individui con maggiore creatività tendano a mostrare una maggiore interconnessione tra tali due reti, suggerendo come la capacità di alternare tra modalità di pensiero differenti (ed in parte contrapposte in termini di approccio) sia fondamentale all’esplicitazione del pensiero creativo (Beaty et al., 2018).

Altro aspetto cruciale della creatività è la cosiddetta plasticità sinaptica, ovvero la capacità del cervello di modificare la forza delle connessioni sinaptiche in risposta a nuove esperienze od apprendimenti. La plasticità è alla base dell’adattamento e dell’apprendimento e gioca un ruolo chiave nel permettere al cervello di escogitare soluzioni innovative a problemi complessi. Molteplici studi hanno evidenziato come le attività che stimolino la creatività, quali l’apprendimento musicale o la pratica artistica, possano aumentare la plasticità in regioni del cervello associate al pensiero creativo (Schlegel et al., 2015).

Le funzioni esecutive, che includono controllo inibitorio, flessibilità cognitiva e memoria di lavoro, sono altresì essenziali nel processo creativo: la capacità di manipolare mentalmente informazioni, passare da un’idea all’altra e sopprimere risposte irrilevanti, permette infatti di esplorare una vasta gamma di possibilità creative. La memoria di lavoro, in particolare, fornisce una “tela mentale” sulla quale le idee possano essere visualizzate e rielaborate dinamicamente (Dietrich, 2004).

Le emozioni giocano infine un ruolo significativo nel modulare la creatività: “emozioni positive, quali gioia e sorpresa, tendono ad espandere il pensiero, aumentando la propensione ad esplorare idee e connessioni inusuali; al contrario, emozioni negative possono sia ostacolare che facilitare la creatività, a seconda del contesto e del tipo di compito creativo” (Baas et al., 2008).

Come l’IA influisce sulla neuroplasticità

La neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di ristrutturarsi ed adattarsi in risposta a nuove esperienze, è un principio fondamentale della neuroscienza: in tale contesto, l’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA) nel quotidiano modifica in maniera significativa gli stimoli ambientali ai quali il cervello umano è normalmente esposto, attraverso implicazioni dirette sulla neuroplasticità: un adattamento neurale all’IA che può avere effetti sia positivi che negativi sull’insieme delle capacità cognitive umane, creatività inclusa.

L’utilizzo frequente di sistemi di IA può alterare le reti neurali che governano il problem solving (ovvero l’attitudine umana volta alla risoluzione di problemi) ed il pensiero critico: l’IA, fornendo soluzioni rapide ed efficienti, potrebbe ridurre la necessità di esplorazione cognitiva e curiosità, elementi cruciali per il mantenimento della flessibilità cognitiva. Al contrario, l’interazione con sistemi di IA avanzati, che sollecitano l’elaborazione di informazioni complesse, può stimolare il cervello a sviluppare nuove vie neurali. Analisi come quella di Greenfield (2015) pongono in evidenza come la tecnologia possa “allenare” il cervello a riconoscere modelli e soluzioni in modi assolutamente inediti.

L’IA può anche rivelarsi un potente strumento didattico, capace di personalizzare l’apprendimento in base alle necessità individuali, promuovendo in tal modo un’esperienza educativa più efficace e direttamente rilevante per lo sviluppo neuronale individuale. Di converso, la dipendenza da soluzioni generate dall’IA può anche “portare ad una forma di atrofizzazione delle abilità decisionali e creative, qualora le persone smettano di esercitare attivamente tali capacità” (Doidge, 2007).

In altri termini, la questione può essere analizzata considerando il modo in cui l’IA influisca sul pensiero creativo, un’abilità strettamente legata alla capacità di generare idee nuove e non convenzionali. L’incremento nell’uso di algoritmi di IA per compiti creativi può potenzialmente limitare l’esposizione a processi di pensiero divergente, vitali per la creatività. Al contrario, l’uso appropriato e moderato dell’IA potrebbe arricchire il pensiero creativo, esponendo gli individui ad una più ampia gamma di stimoli e possibilità (Kasparov, 2017).

Impatti psicologici dell’IA sulla creatività

Effetti dell’IA sulla percezione e decisione umana

L’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi decisionali e percettivi umani rappresenta uno dei cambiamenti più significativi introdotti dalla moderna tecnologia: l’IA, attraverso gli algoritmi avanzati, non solo assiste, ma spesso guida le decisioni in contesti che spaziano dalla medicina alla finanza: un affidamento che ha implicazioni profonde sul modo in cui percepiamo le opzioni disponibili ed operiamo le scelte.

La percezione umana è intrinsecamente legata alla capacità di interpretare e reagire all’ambiente circostante: gli algoritmi di IA, fornendo un flusso continuo di dati e suggerimenti, sono in grado di alterare tale percezione. L’utilizzo dell’IA nella diagnostica medica, ad esempio, migliora significativamente l’accuratezza delle diagnosi, ma può anche indurre i medici a dipendere dalle raccomandazioni algoritmiche, potenzialmente trascurando intuizioni basate sull’esperienza personale (Jiang et al., 2017). Una dipendenza che può comportare una diminuzione della fiducia nelle proprie valutazioni, sovvertendo il modo in cui i professionisti percepiscano e valutino le informazioni cliniche.

L’autonomia nella presa di decisioni (autonomia decisionale) è un pilastro del pensiero e dell’azione umana: l’incremento di utilizzo di sistemi di IA sta però di fatto alterando il modo in cui vengano operate le decisioni in molti settori. In ambito finanziario, ad esempio, gli algoritmi possono analizzare enormi volumi di dati di mercato onde produrre raccomandazioni di investimento: se ciò da un lato aumenta l’efficienza e, potenzialmente, la redditività delle decisioni, dall’altro pone seri dubbi sul grado di controllo che gli umani mantengano sul processo decisionale (Turing, 1950). La sinergia tra uomo e macchina non può pertanto basarsi sul solo bilanciamento, bensì anche su una profonda e costante consapevolezza di come il miglioramento delle capacità decisionali attraverso l’IA abbia quale contraltare la possibile erosione dell’autonomia umana.

La continua interazione con l’IA potrebbe infatti manifestare effetti a lungo termine sulle abilità decisionali umane: la familiarità con sistemi decisionali guidati da IA potrebbe portare ad una “atrofia delle abilità” in cui le persone divengano meno abili nel prendere decisioni indipendenti in assenza di supporto algoritmico. Un’atrofizzazione che non solo influenzerebbe le capacità individuali, ma potrebbe determinare ripercussioni più ampie su creatività ed innovazione, elementi che spesso alimentati da processi decisionali unici ed indipendenti (Dietvorst et al., 2015).

Dipendenza dagli strumenti IA ed autonomia creativa

L’integrazione dell’IA nel processo creativo può portare ad una diminuzione della fiducia nelle proprie capacità innate. Secondo Zhou e colleghi (2021), allorquando gli individui si affidino costantemente agli strumenti di IA per la generazione di idee e soluzioni, possono sviluppare una forma di “ansia da prestazione tecnologica”, temendo di non essere in grado di raggiungere risultati rilevanti in termini di creatività qualora siano in assenza di assistenza tecnologica. Un fenomeno atto ad inibire l’iniziativa personale ed a diminuire la sicurezza in sé stessi: elementi cruciali del processo creativo.

La dipendenza dagli strumenti di IA può anche causare l’insorgenza di una riduzione dell’autonomia creativa, in cui gli individui si percepiscano meno capaci di esercitare proficuamente il processo creativo senza il supporto di algoritmi di IA. Come discusso da Carmichael e colleghi (2019), l’eccessiva dipendenza da tecnologie predittive e generative può portare ad una omogeneizzazione delle espressioni creative, producendo risultati che riflettano più i bias (approcci ed analisi non analitiche e fattuali, bensì “viziate” in termini ideologici) e le limitazioni degli algoritmi, piuttosto che la vera originalità umana. Uno scenario esiziale, in grado di mettere seriamente in discussione il valore della creatività umana, comportando la riduzione di diversità e novità delle creazioni artistiche ed intellettuali.

Al fine di prevenire simili drammatici effetti, diviene essenziale sviluppare strategie che promuovano un uso equilibrato dell’IA: educazione e formazione svolgono un ruolo chiave nell’indirizzare all’utilizzo dell’IA quale “amplificatore” piuttosto che quale sostituto della creatività umana. Secondo Watson e Black (2018), i programmi educativi dovrebbero enfatizzare le competenze creative che distinguono gli esseri umani dalle macchine, come intuizione, empatia e capacità di contestualizzazione: risulta altresì cruciale promuovere una dimensione etica inerente all’utilizzo dell’IA che incoraggi l’innovazione autonoma piuttosto che la dipendenza tecnologica, sottolineando la specificità e l’unicità quali intrinseci valori umani.

Prospettive sociologiche sull’integrazione dell’IA nella creatività

Dinamiche sociali modificate dall’IA

È quantomai evidente come l’impatto dell’IA si estenda ben oltre i confini della tecnologia, influenzando profondamente le dinamiche sociali contemporanee: l’IA ha il potenziale di trasformare i contesti educativi e lavorativi, modificando non solo il modo in cui lavoriamo, ma anche come interagiamo, impariamo e pensiamo.

L’adozione dell’IA nei luoghi di lavoro ha automatizzato numerosi compiti, dalla produzione alla gestione del cliente, apportando una maggiore efficienza e, potenzialmente, una riduzione dei costi operativi. Un’automazione che, tuttavia, porta con sé dilemmi fondamentali in merito alla dislocazione lavorativa ed alla necessità di ristrutturare le competenze professionali. Secondo un rapporto del McKinsey Global Institute (2017), fino al 30% delle attività lavorative in settori quali la produzione potrebbe essere automatizzato entro il 2030, richiedendo di conseguenza una riconversione professionale su larga scala.

Nel settore educativo l’IA sta rivoluzionando le metodologie di insegnamento ed apprendimento: sistemi quali le piattaforme di apprendimento adattativo utilizzano algoritmi atti a personalizzare il percorso educativo degli studenti, identificando punti di forza ed aree di miglioramento in tempo reale. Un approccio che può, in teoria, appianare le diseguaglianze dell’istruzione, rendendola più accessibile e su misura per le esigenze individuali, ma, allo stesso tempo, impone una profonda riflessione sulla carenza di “contatto umano” tra docente ed allievo, sulla passione legata alla capacità di trasmettere l’apprendimento e sull’empatia necessaria a poter effettuare una valutazione omnicomprensiva dell’individuo e la sua attitudine al ragionamento e non solo l’analitica verifica della conoscenza.

L’IA può altresì avere impatti significativi sulla coesione sociale: da un lato offrendo strumenti volti a connettere le persone, dall’altro accentuando le disuguaglianze esistenti. La disponibilità e l’accesso alla tecnologia diventano determinanti per le opportunità future, determinando l’insorgenza di una nuova “divaricazione digitale” tra chi abbia accesso alle ultime tecnologie e chi ne sia invece escluso: un pericolo ampiamente discusso da autori quali Noble (2018), che si è concentrato sull’esplorazione di come l’IA possa perpetuare o addirittura aggravare disuguaglianze basate su etnia, genere e condizione economica.

Futuro della creatività umana in un mondo dominato dall’IA

L’integrazione sempre più profonda dell’IA nei processi creativi non solo modifica le modalità di produzione artistica ed innovativa, ma anche le prospettive professionali dei creativi di varie discipline: esaminare come l’IA stia trasformando il campo della creatività offre pertanto spunti importanti sul possibile futuro del pensiero creativo umano in un mondo sempre più tecnologizzato.

L’introduzione dell’IA nei processi creativi ha già mostrato la sua intrinseca capacità di generare musica, opere d’arte, e design innovativi: strumenti, che non solo accelerano il processo creativo ma permettono anche esplorazioni in aree dove le limitazioni umane, quali il bias cognitivo-culturale o la mancanza di specifiche conoscenze tecniche, costituiscano un ostacolo all’innovazione. L’IA, analizzando enormi quantità di dati volti ad identificare tendenze e schemi che non siano immediatamente evidenti, è in grado di offrire ai creativi nuove prospettive ed ispirazioni (Boden, 2018).

Per contro, è fondamentale considerare la possibile erosione dell’autonomia ed originalità nella creatività umana: se le macchine diventeranno abili a produrre risultati atti a competere se non anche a superare quelli umani in termini di complessità e appetibilità estetica, quale sarà il ruolo dell’artista umano? Legittimamente, più di uno studioso teme in proposito come la facilità di creazione offerta dall’IA possa disincentivare l’apprendimento e la sperimentazione profonda, elementi cruciali per lo sviluppo del pensiero creativo (Kasparov, 2017).

La formazione artistica e creativa potrebbe dover inoltre evolversi al fine di integrare le competenze tecnologiche quale parte essenziale del curriculum: l’educazione futura dovrà preparare gli studenti a lavorare sinergicamente con l’IA, sviluppando una comprensione profonda sia delle potenzialità che dei limiti e dei rischi della tecnologia: ovvero, insegnare come utilizzare l’IA quale uno strumento per estendere le proprie capacità piuttosto che come sostituto del pensiero creativo (Walsh, 2018).

L’ingresso dell’IA nel dominio creativo potrebbe infine contribuire alla nascita di nuove forme d’arte ed espressioni estetiche che riflettano un’interazione tra intelligenza umana ed algoritmica: una simbiosi atta a “generare una nuova estetica, sfidando le nostre attuali comprensioni di cosa significhi essere creativi e di come valutiamo l’arte e la creatività” (McCormack et al., 2020).

Conclusioni

L’uomo è in grado di creare, distruggere, alterare, utilizzare l’intelligenza e le proprie capacità per plasmare il proprio habitat. Contestualmente, è una creatura sociale, soggetta a regole, consuetudini, valori condivisi ed – al tempo stesso – dotata di individualità: l’unicum che contraddistingue ogni essere umano.

A qualunque livello ci si addentri al fine di analizzare le dinamiche del comportamento umano, dagli scambi neurochimici all’interno del cervello, alla dimensione etica dell’individuo, appare evidente come ogni dinamica sia determinata dal controbilanciamento di aspetti concorrenti ed in continuo equilibrio tra loro, siano essi neutro-trasmettitori, reazioni, atteggiamenti, valori.

La creatività costituisce uno degli aspetti più peculiari dell’uomo, uno degli elementi distintivi ed intrinseci e spesso percepito (anche se a torto, in quanto presente anche in alcuni mammiferi e cetacei) quale caratteristica esclusiva della nostra specie. La tecnologia ha raggiunto livelli tali da poter dar vita a strumenti che attraverso l’IA siano in grado non solo di “assemblare”, ma anche di “generare” contenuti inediti nei più svariati campi, andando a competere in termini di creatività con l’uomo: una minaccia sempre più profonda, che non rischia di portare solo ad una “sostituzione fisica” in termini di “attuatori di attività materiali ed intellettuali”, bensì al possibile annichilimento dell’essere umano quale entità unica ed eticamente insostituibile di identità creativa.


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