Elezioni in Algeria: il popolo rielegge (per inerzia?) Abdelmadjid Tebboune

La tornata elettorale

La sera dell’8 settembre, l’Autorità elettorale indipendente dell’Algeria ha confermato la rielezione del presidente in carica Abdelmadjid Tebboune, al potere dal 2019, con il 94,65% dei voti.

La conferma del suo successo era ampiamente prevista, considerando che il suo governo ha goduto dell’appoggio militare durante il mandato. Della rosa di sedici candidati iniziali, solo Abdelaali Hassani Cherif del Movimento della Società per la Pace, unica formazione islamista legalmente riconosciuta e Youssef Aouchiche del Fronte delle Forze Socialiste, hanno superato le barriere alla candidatura. Nonostante le minime chance di vittoria, il Fronte delle Forze Socialiste ha deciso di partecipare alla tornata elettorale, ponendo fine ad un prolungato periodo di boicottaggio. La sera della chiamata alle urne, alcuni collaboratori di Cherif hanno denunciato anomalie nel conteggio dei voti, incluso il tentativo di influenzare coloro che presiedevano i seggi a modificare i risultati.

L’astensionismo

Nonostante le aspettative di vittoria di Tebboune fossero ampiamente previste, l’interesse principale dei partiti politici è stato rivolto verso i livelli di partecipazione elettorale: infatti, fino alle 17 del giorno del voto, solo il 26,45% degli elettori aveva esercitato il proprio diritto di voto. Tuttavia, a seguito dell’estensione, l’orario di chiusura dei seggi elettorali è stato prorogato dalle 19 alle 20; il tasso di partecipazione è notevolmente aumentato, raggiungendo il 48,03% al momento della chiusura. Questo dato ha superato il precedente tasso di affluenza del 39,8% del 2019, che era stato il più basso nella storia delle elezioni presidenziali in Algeria. L’interesse verso le votazioni ha continuato a diminuire negli anni recenti, toccando il fondo con una partecipazione di solo il 23% durante un importante referendum costituzionale ed in successive tornate elettorali amministrative e legislative.

Abdelmadjid Tebboune

La scarsa partecipazione alle urne ha finora ostacolato la capacità di Tebboune di presentarsi come un leader ampiamente supportato dalla popolazione, una percezione che potrebbe cambiare se l’affluenza alle urne dovesse continuare ad aumentare.

Il “tramontato” cambiamento

La crescente alienazione degli algerini dal proprio sistema politico si è accentuata con l’ascesa al potere di Tebboune nel 2019, un avvenimento che ha deluso le aspettative di un cambiamento significativo auspicate in seguito alla rimozione del presidente Bouteflika. Quest’ultimo, al potere dal 1999, si era ritirato in seguito a proteste di ampia portata, che coinvolsero milioni di persone e diedero vita al movimento Hirak. Questo movimento aspirava ad una profonda trasformazione del sistema politico e ad elezioni veramente libere.

Contrariamente alle intense richieste di cambiamento, le elezioni che ne seguirono furono gestite sotto il controllo delle forze armate e permisero la candidatura di soli cinque individui, tutti in qualche modo legati al governo precedente. Nel periodo delle elezioni, ulteriori dimostrazioni furono represse con forza dalle autorità militari, portando i partiti di opposizione ad indire un boicottaggio del voto. Questo appello ebbe un ampio riscontro, risultando in un’affluenza alle urne notevolmente ridotta.

Abdelmadjid Tebboune

Abdelmadjid Tebboune è stato eletto presidente dell’Algeria ottenendo il 58% dei voti espressi. Durante la sua campagna elettorale, aveva mostrato sostegno alle manifestazioni del movimento Hirak, promettendo un rinnovamento politico. Subito dopo il suo insediamento, ha ordinato il rilascio di alcuni attivisti e giornalisti che erano stati arrestati nei mesi precedenti dall’esercito.

Il governo Tebboune

Il presidente Tebboune ha dichiarato che, sotto la sua guida, la situazione economica del paese è migliorata, citando un aumento del 4,2% del Prodotto Interno Lordo, secondo i dati rilasciati dal suo governo. Queste statistiche, però, sono state messe in discussione da attivisti ed esponenti dell’opposizione, che dubitano della loro accuratezza. In parallelo, la sua amministrazione è vista con crescente preoccupazione dagli attivisti pro-democrazia, che percepiscono un’inclinazione autoritaria, evidente nel suo affidamento al sostegno militare. Questa percezione è stata rafforzata nel 2020, quando Tebboune ha promosso un referendum poco partecipato che ha portato a significative modifiche costituzionali, ampliando i poteri presidenziali e quelli militari.

Negli anni recenti, la repressione nei confronti di attivisti e giornalisti è diventata più severa. A seguito di una revisione del codice penale avvenuta nel giugno 2021, le azioni volte a “rovesciare il potere o a cambiare il sistema di governo mediante metodi non costituzionali” sono state classificate come “attività terroristiche”. Questa classificazione ha riguardato molte azioni degli attivisti del movimento Hirak, emerso nel 2019 e noto per la sua campagna a favore di una transizione democratica e pacifica tramite l’istituzione di un’assemblea costituente.

Proteste dei sostenitori del movimento Hirak

La situazione si è aggravata dopo il referendum del 2020, segnato dall’arresto di centinaia di persone per ciò che i detrattori del presidente Tebboune hanno definito “reati di opinione”. Queste tensioni hanno influenzato anche l’accesso alle candidature nelle recenti elezioni presidenziali, imponendo agli aspiranti presidenti di ottenere 600 firme di rappresentanti eletti e 50.000 firme di cittadini. Tra i candidati, solamente Cherif ed Aouchiche sono riusciti a soddisfare tali requisiti. Altri hanno desistito in segno di protesta o non sono riusciti a raccogliere le firme necessarie, ed alcuni hanno visto le proprie firme invalidate dall’Autorità nazionale indipendente a causa di presunte irregolarità.

Nell’ultimo mese, diverse persone sono state arrestate con l’accusa di frode elettorale, attirando l’attenzione sui processi legali a carico di tre potenziali candidati. Un acceso dibattito ha coinvolto l’Autorità nazionale, che è stata accusata di fabbricare accuse per limitare la concorrenza al presidente Tebboune.

L’opposizione

Di fronte a questi eventi, numerosi partiti e movimenti di opposizione hanno ribadito il loro invito a boicottare la chiamata alle urne. Contrariamente alla tradizione, il Fronte delle Forze Socialiste ha scelto di partecipare alle elezioni, nominando Youcef Aouchiche come candidato. Questa mossa ha scatenato critiche, con il timore che la sua candidatura potesse aumentare l’affluenza, legittimando così il processo elettorale a favore dell’attuale presidente.

In una recente intervista con Le Monde, Aouchiche ha spiegato la sua scelta di candidarsi, evidenziando il disimpegno politico crescente tra gli algerini, che sono passati dalla protesta alla rassegnazione, uno scenario che ha definito pericoloso. Ha sostenuto che, nonostante le problematiche legate al contesto elettorale, le elezioni rappresentino un’opportunità per riaffermare il principio democratico e che il suo partito possa essere un catalizzatore per il ritorno alla libertà di espressione e di opinione. Nonostante gli ideali dichiarati, la sua campagna elettorale ha sofferto di scarso sostegno popolare, aggravato dalla convinzione diffusa che la vittoria sarebbe stata comunque di Tebboune.[1]

L’instabilità politica: conseguenze geopolitiche

Questa instabilità politica interna ha conseguenze anche oltre i confini nazionali, influenzando il panorama geopolitico del Medio Oriente e del Nord Africa.

Il grande impianto di Tinrhert specializzato nella raffinazione del gas naturale algerino

L’Algeria, che attualmente fornisce circa il 40% del gas naturale consumato in Italia grazie ad accordi infrastrutturali preesistenti e ad una disponibilità all’incremento delle forniture, diventa così un partner chiave per l’Italia. Questa interdipendenza sottolinea come la stabilità interna dell’Algeria sia cruciale non solo per il proprio popolo ma anche per gli interessi energetici italiani. Inoltre, il contesto algerino è emblematico di una tendenza più ampia nella regione del Nord Africa, dove alcuni paesi mostrano un livello di stabilità superficiale che nasconde un malcontento popolare diffuso.[2]


Riferimenti bibliografici:

[1] https://www.ilpost.it/2024/09/08/elezioni-presidenziali-algeria-abdelmadjid-tebboune/

[2] https://formiche.net/2024/09/presidenziali-voto-algeria-tebboune-astensione/#content

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