Introduzione
Quanto segue è la narrazione della mia avventura nella Repubblica Centro Africana, dall’iniziale fase turistica e felice, fino a quella meno felice, in cui sono stato preso in custodia dai mercenari di Wagner e poi arrestato dalle autorità centro africane.
Questo è quello che succede quando l’esperienza di un viaggiatore lo rende un po’ troppo arrogante, viaggiare nelle zone di guerra non è un gioco.
In questa parte sono descritti i miei spostamenti nell’area “pacifica” del paese, e le attività turistiche che sono riuscito a svolgere.
Nota: la situazione nel paese è in costante evoluzione, chiunque stia pianificando di viaggiare in Repubblica Centro Africana deve sempre tentare di avere informazioni più aggiornate possibili.
Chi vuole contattarmi o scoprire tutte le mie avventure in giro per il mondo mi può seguire su Instagram: @nico.cpp
Cos’è la Repubblica Centro Africana?
La Repubblica Centro Africana (spesso abbreviata CAR — Central African Republic) è un paese senza sbocchi sul mare, situato proprio al centro del continente Africano. Ha una lunga storia di dittatori folli, colpi di stato e guerre civili. Ad oggi è probabilmente la nazione più povera della Terra, sta ancora facendo i conti con la guerra civile che si protrae da un decennio, ed è costantemente in fondo alle classifiche di ogni indicatore sociale ed economico. Nell’intero paese c’è un un’unica strada asfaltata, e le infrastrutture, anche più basiche, si trovano solo nella capitale. Ad esempio, al di fuori della capitale, Bangui, non esistono distributori di carburante, banche, o qualunque altro servizio essenziale.
Dopo aver visitato ormai metà del continente questo paese lo definisco “L’ Africa dell’Africa”.
Ho viaggiato molto in Africa e non ho mai visto un paese nemmeno remotamente simile alla Repubblica Centro Africana. Ho passato molto tempo in Mali, Burkina Faso, Sierra Leone e Liberia — altri paesi particolarmente poveri — e sembrano tutte nazioni sviluppate a confronto con la CAR.
L’ingresso nel paese
Ho ottenuto facilmente il mio visto al Consolato di Douala, in Camerun. È bastato dire che avrei attraversato il confine via terra, e che la ragione dietro al mio viaggio era semplicemente “turismo”. Non hanno avuto obiezioni.
Ho pagato 90.000 CFA [la valuta corrente in Camerun e CAR NDT] (circa 130$) e dopo due giorni mi è stato consegnato il visto.
Per arrivare al confine tra Camerun e CAR ho preso un treno per Yaoundè, altro treno per Belabo, minibus per Bertoua, altro minibus per Yokodaouma, e, infine, un taxi condiviso per la città di confine di Libongo.
Arrivare a Libongo è stato piuttosto semplice, tralasciando la grande quantità di sabbia e polvere. L’ultima città vera e propria prima del confine è Bertoua, dove ho prelevato parecchi CFA ad un bancomat di Ecobank, visto che questa banca non fa pagare commissioni extra. È molto difficile prelevare contanti in CAR, e quando trovi un modo generalmente le commissioni sono esagerate. Poiché entrambi i paesi hanno la stessa valuta, è meglio procurarsi il contante in Camerun.
Libongo è un piccolo villaggio sul confine. Non c’è connessione ad Internet con i dati mobili, tuttavia ci sono delle zone WiFi alle quali ci si può collegare pagando pochi dollari al giorno. Nonostante la posizione tanto remota, Libongo è particolarmente sviluppato grazie alla sua fiorente industria del legname. Lì ho passato la notte in un motel passabile, per 7.000 CFA.
Arrivato all’ultimo posto di blocco, mi è stato detto di farmi timbrare l’uscita sul passaporto il giorno stesso, anche se avrei attraversato il confine il giorno seguente. Tuttavia, una volta giunto a Libongo, l’ufficio immigrazione era già chiuso. Fortunatamente, un poliziotto che stava passando di lì mi ha portato a casa del funzionario dell’immigrazione, che ha timbrato il mio passaporto direttamente lì nella sua abitazione.
In viaggio verso Bayanga
La mia prima destinazione in Repubblica Centro Africana è stata la città di Bayanga. Molti moto-taxi a Libongo si sono offerti di portarmici per 25.000 CFA, ma sapevo che non aveva senso perché avremmo dovuto spostare la moto sulla piroga per attraversare il fiume Sangha ed arrivare all’altro lato del confine. Così, la mattina seguente, ho camminato fino al fiume e ho pagato 2.000 CFA per noleggiare una piroga ed arrivare sull’altra sponda.
Una volta arrivato lì, ho passato la dogana senza troppi problemi. Ho dovuto pagare 4.000 CFA per le “immigration and police fees” e dopo neanche 15 minuti mi hanno fatto passare. Ho trovato subito un moto-taxi, che mi ha portato a Bayanga per 15.000 CFA. Stranamente, il mio passaporto non è stato timbrato alla dogana, ma ad una stazione di polizia in cui ci siamo fermati durante il viaggio.
Sulla strada per Bayanga abbiamo attraversato molti posti di blocco. Le autorità mi hanno sempre chiesto da 2.000 a 4.000 CFA come “tassa di passaggio” ad ognuno di questi, ma sono riuscito a fare finta di niente e ho evitato di pagare.
Dicono che è facile incontrare dei gorilla su quella strada, purtroppo non sono stato così fortunato, ma la strada era in buone condizioni e anche l’autista ha guidato bene.
Quando siamo arrivati a Bayanga, è successa una cosa strana: siamo andati ad una stazione di polizia locale dove hanno timbrato il mio passaporto una seconda volta! Inoltre, mi hanno chiesto quando avevo in programma di lasciare la città e mi hanno anche fatto il timbro di uscita. Personalmente, non mi era mai capitato che il mio passaporto venisse timbrato ulteriormente una volta entrato nel paese, in nessuna delle oltre 80 nazioni visitate finora.
Arrivato a Bayanga
Il motivo per cui ho voluto attraversare il confine da una dogana tanto remota era che volevo visitare il Dzanga Sangha National Park di Bayanga, che è uno dei patrimoni UNESCO della Repubblica Centro Africana, ed è considerato il parco nazionale meno visitato del pianeta.
L’ingresso al parco è estremamente costoso, così, per risparmiare soldi sull’alloggio, ho evitato di dormire alla Doli Lodge, l’albergo ufficiale del parco. Invece, ho deciso di andare all’Elephant Motel, che ha un proprietario molto simpatico ma non offre servizi di ristorazione di alcun tipo. Ho scoperto solo dopo che una migliore opzione per il pernottamento, allo stesso prezzo, è il Bongo Motel, che al suo interno ha anche un ristorante. In generale, a Bayanga le opzioni per mangiare sono limitate.
Ci sono due operatori telefonici in CAR: Telecel e Orange. Nel villaggio di Bayanga la connessione 3G di Telecel funziona molto meglio ed è anche l’opzione più economica — per quanto, comunque, parecchio costosa al prezzo di circa €2 al GB — tuttavia, in certe aree del paese funziona solo Orange; pertanto, è meglio avere entrambe le SIM se si intende viaggiare in maniera estensiva nel paese. Cosa che, come capirete in seguito, è preferibile evitare al momento.
Non appena ho raggiunto il motel ho iniziato a sentirmi molto male. Ero abbastanza sicuro di aver contratto la malaria per la seconda volta nel giro di un paio di mesi, dovevo averla presa mentre ero in Cameroon. Ad ogni modo, ho iniziato subito la terapia con il Malarone ed il giorno seguente mi sentivo già Meglio. Il proprietario della Shanga Lodge si era offerto di curarmi gratuitamente, ma avevo già con me tutte le medicine necessarie e sapevo già come trattare la malaria, inoltre morivo all’idea di prendere un altro moto-taxi in quelle condizioni per arrivare fino alla sua foresteria.
Le attività al parco di Dzanga Sangha.
Ero già da settimane in contatto con Monsieur Lambert, che si occupa del turismo nel parco, e tramite lui ho organizzato una visita di una giornata intera. Il costo totale è stato di circa €500 suddivisi in: €150 per noleggiare un fuoristrada con conducente e carburante incluso; €300 per vedere i gorilla, più altre tasse per accedere al parco e vedere gli elefanti.
Questo parco è probabilmente la meta turistica più di nicchia che esista, è generalmente visitato solo da persone molto benestanti che vengono qui con voli privati e dormono nel costoso hotel dentro al parco, che è così tanto esclusivo che non mi hanno fatto cenare lì perché non ero un ospite della struttura, nonostante la quantità di denaro che avevo comuque già versato nelle casse del parco.
I gorilla
Il trekking tra i gorilla è stato fantastico. Attualmente c’è solo una famiglia di gorilla educata a stare vicino agli umani, e lo staff del parco sa dove trovarla. Il WWF è l’ente che gestisce il parco e c’è un certo numero di ricercatori internazionali che sta svolgendo degli studi al suo interno. Per un’ora ti permettono di avvicinarti molto agli animali, nel frattempo, il personale osserva il loro comportamento e prende appunti.
Gli elefanti
Dopo l’esperienza con i gorilla, siamo saliti su un punto di osservazione dove si possono vedere più di cento elefanti contemporaneamente. Continuavano a barrire e a fare versi, è stata un’esperienza surreale, mi sono sentito dentro Jurassic Park.
Al punto di osservazione ho incontrato una ricercatrice tedesca molto simpatica, che stava lavorando per un’università Americana. Lei vive nel parco da quasi tre anni, passa la maggior parte delle sue giornate in cima all’ obeserving deck per studiare gli elefanti. È davvero interessante incontrare queste persone che fanno lavori tanto peculiari in luoghi estremamente remoti.
I pigmei Bayaka del Centro Africa
Il giorno successivo, sempre tramite Monsieur Lambert, ho organizzato una escursione di mezza giornata per andare a vedere i pigmei. Ci sono molte attività che si possono svolgere con loro, cacciare con le reti e costruire una capanna tradizionale insieme, ad esempio. Io ho scelto di vedere i balli tradizionali, ho pagato €75 per il noleggio del fuoristrada e €30 per lo spettacolo di ballo. Mi è stato detto che l’80% di quello che si paga per queste attività viene dato direttamente ai pigmei.
Mi faceva un po’ specie essere l’unica persona bianca lì presente, ma si è comunque raggruppata una grande massa di persone per vedere il ballo, così almeno per fortuna non sono finito in una “esibizione privata”. Avevo paura che fosse un’ attività inventata solo per i turisti, ma era il caso: è parte della loro tradizione, ed era ovvio che gli piacesse ballare tutti insieme.
Lo spettacolo è durato un’ora, è stato bello vedere come si divertissero tutti assieme.
Dopo il ballo, i pigmei mi hanno fatto fare il giro del villaggio. C’è anche una scuola locale ed posso dire che non se la passino così male rispetto alla media dei villaggi del paese, in parte grazie anche alle attività turistiche del loro parco. Mi hanno detto che la maggior parte di chi vive nei villaggi non possiede denaro, generalmente scambiano pesce e selvaggina per verdure dal Camerun. Qui è molto difficile coltivare perché gli elefanti distruggono i campi.
Il viaggio verso Bangui
Dopo aver visitato Dzangha Sangha, la mia missione era raggiungere la capitale, Bangui, un viaggio che è stato portato a termine probabilmene da massimo una manciata di stranieri dall’inizio della guerra, ormai dieci anni fa. Il mio piano era quello di rimanere vicino al confine col Camerun fino alla seconda città, Berberati, e poi continuare all’ interno verso Bangui. Mi sono informato in ogni città sulla situazione di sicurezza lungo la strada che mi separava dalla tappa successiva, e, come piano B, mi sono sempre assicurato di avere la possibilità di ri-attraversare il confine col Camerun.
Monsieur Lambert mi ha aiutato a trovare un buon moto-taxi e così ho raggiunto la città di Nola pagando 15.000 CFA.
Il viaggio è andato tutto liscio, ho passato qualche posto di blocco sulla strada, dove mi controllavano sempre i documenti e poi mi lasciavano andare.
Abbiamo anche attraversato molti villaggi, e tutti erano molto felici di vedere una persona bianca andare in giro. Mi salutavano sempre ed erano contentissimi quando ricambiavo il saluto.
Nola è una città desolata. Per qualche ragione, c’è una grande comunità di Mauritani che lavora nei negozi del luogo. Sono stato in Mauritania e trovo che, per quanto povero, sia un paese in condizioni decisamente migliori della Repubblica Centro Africana, mi chiedo come mai questa gente sia finita qua.
Quest’area del paese è piena di miniere di diamanti, e gli uomini d’affari ci si recano per acquistarli. Per questo motivo c’è un motel in condizioni accettabili in ogni città della zona, al prezzo di circa 10.000 CFA.
Speravo di trovare un’auto da Nola a Berberati, dal momento che andarci in moto è particolarmente lungo. In questa zona la sabbia scivolosa e anch’io spesso devo impegnarmi attivamente per mantenere l’equilibrio della moto durante la guida. Una volta arrivato a Nola ho chiesto ovunque se qualcuno sapeva dove prendere una macchina per Berberati . Alla fine, quelli del motel sono riusciti a trovarmi solo un’ altro moto-taxi per andare da Nola a Berberati, per il quale ho pagato intorno ai 20.000 CFA.
La strada per Berberati
Questo tratto è stato terribile: la moto continuava a rompersi, abbiamo dovuto cambiare una gomma e riparare i freni. Spesso l’autista, mentre andava a riparare la moto nella città più vicina, doveva lasciarmi ad aspettare in qualche villaggio, per poi tornare a prendermi. Gli abitanti dei villaggi erano, come sempre, molto ospitali, e mi offrivano tutti una sedia per riposarmi.
Durante questo percorso abbiamo anche avuto un incidente, sempre a causa dei freni rotti e la sabbia scivolosa. Seppur in maniera non grave, mi sono ferito un braccio.
Ad un posto di blocco, il poliziotto che ci ha fermati ha voluto chiamare il suo superiore a Nola per controllare il mio visto, ci ho brevemente parlato anche io. La poliziotta al telefono sapeva parlare inglese ed era molto amichevole, mi ha detto che le dispiaceva non avere avuto occasione d’incontrarmi quando ero a Nola. Il mio visto andava bene e ci hanno lasciato procedere.
Ad un altro checkpoint, mi hanno chiesto di seguirli alla stazione di polizia locale. Hanno di nuovo chiamato il loro capo per chiedere circa la validità del mio visto e poi mi hanno lasciato andare, salutandomi dicendo pure “Your papers are very good”.
Berberati
Berberati si è rivelato uno dei posti più interessanti che io abbia visto in Repubblica Centro Africana. Nonostante non si la città più popolosa dopo la capitale, è invece la seconda città più importante economicamente, ed è stata una buona occasione per vedere della vera vita locale.
Grazie alle ricerche svolte precedentemente, mi sono messo in contatto con un’associazione italiana che sta aiutando la scuola Cattolica locale, loro mi hanno velocemente organizzato un giro della scuola. Se qualcuno vuole donare soldi a questa associazione, sappia che il denaro sarà in buone mani, e aiuterà persone che sono tra le più bisognose del pianeta.
Sono rimasto molto affascinato da come gli insegnanti si stessero impegnando al massimo per mantenere alta l’attenzione degli studenti, ballando e cantando insieme. Inoltre, i loro disegni sulle lavagne sembravano vere opere d’arte. Mi hanno detto che questa situazione differisce dalla maggior parte delle scuole del paese, dove i bambini vengono picchiati regolarmente.
Ho avuto una breve conversazione con un’insegnante che parla italiano, e le ho chiesto a proposito della sicurezza della strada verso Bangui. Lei mi ha detto che di solito abbinano autisti musulmani a passeggeri cristiani, così da non essere attaccati dai ribelli di entrambi gli schieramenti. Molto rassicurante.
A spasso per Berberati
Quando sono arrivato a Berberati, ho avuto un incontro fortunato: Christian, un giovane che mi ha visto per strada, mi ha fermato per chiederemi se sapessi parlare inglese e siamo rapidamente diventati amici. Mi ha aiutato a curare le ferite del mio incidente: abbiamo dovuto cercare in quattro diverse farmacie per trovarne una che avesse il disinfettante.
Abbiamo passato quel giorno e quello successivo a girovagare per la città, incontrando i suoi amici. Le ragazze che mi ha presentato stavano sempre ballando nel loro tempo libero. In Africa, la musica ed il ballo sono spesso una parte molto importante della cultura locale, ma ho notato che in CAR lo sono ancora più della media africana.
Il mio nuovo amico mi ha poi presentato un altro ragazzo che parlava fluentemente in inglese, è stato molto interessante conversare con loro. Questi ragazzi sanno di vivere in uno dei peggiori posti sul pianeta, e fanno del loro meglio per studiare e avere qualche speranza di migliorare le loro vite. Ho passato abbastanza tempo in Africa da essere in grado di capire quando qualcuno è amichevole solo per approfittarsi del ragazzo bianco ricco. Queste persone non avevano certo questo obbiettivo, erano genuinamente felici di accogliere un ospite straniero.
Ho chiesto ai ragazzi se ci fosse un posto accettabile per cenare a Berberati. In queste città desolate, generalmente, ho fatto affidamento sulle omelettes, il pane, e le barrette energetiche di emergenza. Come prevedibile, è venuto fuori che l’unico vero ristorante della città è quello frequentato dai commercianti di diamanti e dal personale ONU (a Berberati è presente una base MINUSCA). Abbiamo mangiato molto bene, ed era piuttosto costoso, ed ho pagato circa €50 per tre persone, quasi l’intera paga mensile di una persona normale, in Repubblica Centro Africana. Spesso le persone non realizzano che questi paesi non sono poveri solo per gli stipendi bassi, ma anche per i prezzi alti. La CAR è un paese senza sbocchi sul mare con quasi nessuna industria, strade orribili, e uno stato di guerra civile costante. I suoi abitanti devono fare affidamento per quasi ogni bene su importazioni parecchio costose.
Alla fine della cena, alcune persone estremamente povere sono venute a chiedere se potessero avere i nostri avanzi. Si sono quasi picchiati per averli. Uno dei ragazzi con cui avevo mangiato, Christopher, mi ha guardato e ha detto “people are hungry here”. Non mi dimenticherò mai quella scena.
La strada per Bangui
La stessa NGO italiana che si occupa della scuola di Berberati, mi ha dato il contatto di un prete locale che ha studiato in Italia molti anni. Lui è riuscito a mettermi su un grande fuori strada Toyota con tanto di scorta di due soldati — un grande miglioramento dopo la tortuosa avventura in moto che avevo appena avuto.
Come sospettato precedentemente, il conducente era davvero musulmano! Qui le persone normali non si interessano delle differenze religiose, ho visto parecchi musulmani pregare in pubblico e Cristopher mi ha detto che lui frequenta un liceo cristiano dove insegnano anche professori musulmani. Inoltre, molti musulmani hanno trovato riparo nelle chiese locali durante i vari massacri che hanno sofferto.
Abbiamo preso la strada RN6 per Carnot, e poi, a mia sorpresa, l’abbiamo lasciata per prendere la RR5 per Baoro, allungando di circa 60km rispetto a rimanere sulla RN6. La strada per Baoro attraversa il nulla più totale, non c’era un singolo villaggio. In seguito, mi hanno detto che quella strada era estremamente pericolosa: visto che è così deserta è terra fertile per banditi e ribelli. Sono contento che avessimo una scorta armata con noi.
Più tardi ho scoperto perché abbiamo scelto di prendere la RR5: dopo Baoro la strada era asfaltata! È stato il primo asfalto che vedevo in quasi una settimana, ed effettivamente la RN3 che collega il Camerun con Bangui è l’unica strada asfaltata del paese.
Siamo arrivati giusto prima del tramonto, ed una donna, mia simpatica compagna di auto, si è offerta di accompagnarmi a fare il check-in alla guest house Cristiana di Bangui, che si trova nella scuola di San Charles. Le persone locali, in CAR, sono in media molto gentili e contente di aiutare gli stranieri.
Bangui
Bangui non è la capitale africana peggiore che abbia mai visto. È meno caotica di Conakry e Lagos e probabilmente meno pericolosa di Monrovia. Ad ogni modo, non la considererei un posto sicuro, specialmente se ci si allontana dal centro città, inoltre bisogna essere molto attenti di notte. Credo che un veicolo su tre in strada sia un’auto dell’ONU. Non ho mai visto tanta presenza dell’ONU e delle ONG in nessun’altra città, e grazie alla loro presenza c’è un certo numero di bar e cafè a Bangui che hanno standard quasi internazionali. Inoltre non ho mai visto nessun’altra città in cui puoi vedere i soldati andare in giro per strada armati di RPG.
Ho avuto qualche incontro interessante alla guest house cattolica di Bangui. Ho incontrato un giovane prete tedesco che attualmente vive nella zona est del paese. So che quella è la zona più pericolosa del paese e gli ho chiesto come funziona per la sicurezza quando si recano lì. Mi ha risposto che — oltre a pregare — di solito i soldati ai posti di blocco sono al corrente della situazione lungo la strada che segue, e se gli è stata riportata la presenza di banditi o ribelli ti impediscono di proseguire.
Ho anche incontrato il prete italiano che mi aveva aiutato con il trasporto da Berberati a Bangui. Entrambi i preti sono d’accordo che la missione ONU MINUSCA non sta facendo molto per garantire la sicurezza nel paese, e che l’esercito russo di Wagner, anche se non ha particolare rispetto per i diritti umani, sta facendo molto di più di MINUSCA se non altro per combattere i ribelli.
Un’introduzione sul gruppo Wagner e la sua attività in CAR
Wagner è una società militare privata, finanziata dalla Russia. Il gruppo è diventato più popolare negli ultimi anni a causa del violento ruolo che hanno avuto nella guerra in Ucraina, nonché per il tentativo di colpo di stato e la morte del loro fondatore e precedente leader Evgenij Prigozhin.
Ad ogni modo, sono storicamente molto attivi in Africa fin da prima dello scoppio della guerra in Ucraina, e la Repubblica Centro Africana è da sempre il loro principale teatro di guerra nel continente. Nel 2018, quando il presidente della CAR Touadéra ha avuto bisogno di chiamare aiuto per provare a contrastare i ribelli che erano riusciti a conquistare la maggior parte del paese, Wagner si è offerta di intervenire, ottenendo in cambio il controllo di molte miniere d’oro e di diamanti nel paese.
Ci sono diversi report di abusi, saccheggi, uccisioni arbitrarie, e violazioni dei diritti umani in generale, perpetrati da questi mercenari russi. Dei molti articoli online, voglio citare quello che riporta come, il 30 luglio 2018, tre giornalisti russi sono stati uccisi ed i loro corpi lasciati sul bordo della strada vicino a una zona di conflitto: i giornalisti stavano investigando le attività di Wagner nel paese, tenetelo a mente.
Tuttavia, per onestà intelletuale, non posso negare che tutte le persone che ho incontrato in Repubblica Centro Africana, appartenenti a tutte le fazioni possibili e con qualsiasi ruolo, hanno ammesso che Wagner è a tutti gli effetti riuscita a combattere i ribelli migliorando la situazione complessiva del paese, nonostante la guerra civile sia ben lontana dall’essere finita, il paese è ora controllato dal governo centrale almeno nei suoi territori di maggiore importanza.
Verso il Chad — L’inizio della fine
Il piano era piuttosto semplice: lasciare Bangui e dirigermi verso Bossangoa, poi raggiungere il confine con il Chad. Avevo ottenuto il mio visto per il Chad all’ambasciata di Bangui. Quando avevo fatto domanda mi avevano chiesto i biglietti aerei, e quando avevo risposto che pianificavo di andare via terra mi hanno semplicemente risposto “ok, nessun problema, allora i biglietti non ti servono”.
Il capo dei preti alla missione cattolica di Bangui è originario di Bossangoa, e mi ha detto che la strada per arrivarci era sicura e che nel quartiere PK12 potevo facilmente trovare un veicolo che mi portasse a quella città. Mi ha anche detto che, con un po’ di fortuna, una volta a Bossangoa avrei potuto trovare un mezzo che mi portasse direttamente in Chad.
E così, mi sono presentato al PK12 la mattina presto. Trovo subito un signore che stava aiutando le persone a trovare mezzi per tutto il nord del paese in cambio di una piccola mancia, e mi ha detto che avrebbe potuto trovarmi un buon fuoristrada per arrivare a Bossangoa. Dopo circa mezz’ora vedo arrivare una Nissan Patrol nuova di zecca che mi ci avrebbe portato per 20.000 CFA. Ma soprattuto, con mia grande sorpresa, era un’auto delle Nazioni Unite! Questo autista dell’ONU, centroafricano, stava trasportando della merce a Bossangoa e si era fermato nel quartiere PK12 per vendere i posti vuoti sul mezzo ONU a chiunque fosse interessato. Una cosa del genere può succedere solo in Repubblica Centro Africana.
Il viaggio è stato fantastico. Mi sono seduto sul sedile anteriore, avevamo l’aria condizionata e l’autista mi ha anche fatto connettere il telefono all’auto per mettere la musica che volevo. Ogni tanto, lungo la strada, ci fermavamo per comprare qualcosa nei villaggi e mi sentivo quasi importante a scendere da un veicolo dell’ONU. L’autista era amichevole e mi ha detto che stava mettendo da parte dei soldi per andare in vacanza in Francia. Credo che il suo lavoro extra come autista abusivo di mezzi pubblici avesse lo scopo di finanziare questo obiettivo.
Tenete a mente questo dettaglio perché sarà molto importante per capire cosa è successo dopo: visto che stavamo viaggiando su un’auto dell’ONU, non siamo stati controllati in nessun posto di blocco, il che per me è venuto molto comodo dal momento che ogni volta mi chiedevano una “tassa” dai 2 ai 4000 CFA — un poliziotto pazzo a Nola ha persino provato a estorcermi 20.000 CFA — e ho sempre dovuto mettermi a discutere per evitare di pagare.
L’autista ONU mi ha lasciato alla Guest house cattolica di Bossangoa, dove mi hanno dato un letto al costo di 7.000 CFA. Non era il massimo ma non ci sono molte alternative lassù.
Sulla strada per il Chad
Sempre lo stesso autista ONU, che parlava molto bene in inglese, mi ha detto di chiamarlo la mattina dopo, così mi avrebbe aiutato a trovare un modo per raggiungere il Chad.
Quando ci siamo incontrati, a colazione, aveva già chiesto in giro, e, ovviamente, non c’era un vero mezzo di trasporto per arrivare in Chad. L’unico modo era prendere una moto-taxi e farci quasi 200 km. È almeno riuscito a trovare un tassista con una moto nuova di zecca, ma era molto costoso: 100.000 CFA. Alla fine, ho accettato perché mi ha detto che avrebbe attraversato il confine con me e mi avrebbe lasciato a Gorè, la prima città del Chad dopo il confine. Inoltre, la sua moto era sostanzialmente nuova e quindi almeno mi sarei risparmiato gli stessi problemi avuti in precedenza andando in giro per il paese su delle motociclette distrutte.
Il viaggio stava andando bene, anche troppo bene. La strada non era asfaltata ma era decente, e non abbiamo incontrato un solo posto di blocco per quasi 100 km. Sospetto che il mio autista sapesse come evitarli. Ero così felice — stavo per essere probabilmente la prima persona ad attraversare il confine Repubblica Centro Africana — Chad dall’inizio della guerra, 10 anni fa.
Il famigerato checkpoint di Boguilla — è finita
Ad appena 70 km dal confine con il Chad mi hanno fermato per la prima volta da quando avevo lasciato Bangui, oltre 400 km prima. Quando ho provato a spiegare alla Gendarmerie locale che ero lì per turismo, proprio non gli è piaciuto. Si è subito creata una situazione molto più tesa rispetto all’ultima decina di posti di blocco che avevo attraversato nella parte occidentale del paese.
Mi hanno portato alla stazione di polizia locale e hanno controllato tutto ciò che portavo con me, un giovane soldato che parlava un po’ inglese continuava a dirmi cose stupide, ad esempio che non potevo avere soldi in più di una valuta con me (avevo tenuto qualche banconota come souvenir da ognuno degli ultimi 15 paesi che avevo visitato prima), oppure che il cappello che avevo nello zaino non era permesso perché aveva un qualche pattern mimetico/militare stampato sopra.
Mi hanno fatto un interrogatorio idiota con domande molto idiote. Mi hanno chiesto perché avessi così tanti timbri sul mio passaporto, e “turismo” non sembrava una risposta accettabile. Mi hanno anche chiesto perché il mio visto del Chad fosse stato emesso con la data del giorno corrente, avendo io detto loro di aver lasciato Bangui il giorno prima, ho provato a spiegare che l’ambasciata del Chad aveva gentilmente scritto la data del mio presunto attraversamento del confine come primo giorno di validità del visto, dato che il visto dura solo sette giorni? Credo? NDT, ma loro sostenevano che quella doveva essere la data di emissione, non riuscivano a capire.
Hanno quindi preso in custodia il mio passaporto.
Continuavano a chiedermi prove del fatto che io ero un turista. Non avevo niente per dimostrarlo se non le mie foto al parco di Dzanga Sangha, e nessuno mi aveva mai chiesto niente del genere nelle 2 settimane che avevo già fatto in giro per il paese.
Mi hanno fatto una foto segnaletica e mi hanno chiesto di aspettare. Hanno detto che avevano bisogno di parlare coi loro superiori a Bossangoa (la capitale della regione). Superiori che, ovviamente, non avevano traccia del mio passaggio dalla loro città perché nessuno aveva fermato il veicolo ONU con il quale ero passato da lì. Il che ha probabilmente reso il tutto molto più sospetto.
Mentre aspettavo, un soldato molto ubriaco mi ha approcciato e mi ha detto che aveva notato la bottiglia di gin che avevo nello zaino, e che la voleva lui. Continuavo a dirgli di no e lui continuava a dire che era un ordine. Ho chiesto aiuto agli altri soldati ma continuavano a rispondermi “è un soldato anche lui”. Non gli ho dato la bottiglia, non perché la bottiglia fosse importante per me, ma perché sarebbe stato un errore fargli vedere che potevano facilmente prendere qualcosa da me.
Ero già da giorni in contatto con il console onorario dell’Italia in Chad, l’ avevo contattato per fargli alcune domande sulle regole del turismo nel paese. Avevo paura che si sarebbero rifiutati di farmi attraversare un confine così lontano dalla capitale visto che in Chad si suppone che uno ottenga un permesso turistico a N’Djamena, la capitale, che ti permette di andare in giro per il paese. Il console ha risposto che mi avrebbero dovuto permettere di attraversare la dogana a patto che io rimanessi poi sulla strada più corta per raggiungere la capitale.
Ad ogni modo, non ho mai avuto la possibilità di verificare questa informazione visto che mi hanno fermato prima di arrivare al confine. So che altre persone, però, hanno attraversato dal Camerun al Chad e poi hanno percorso i 200 km per raggiungere la capitale senza problemi; quindi, credo che con un po’ di fortuna sarebbe stato fattibile anche dal confine centroafricano.
Il console italiano continuava a chiedermi aggiornamenti perché sapeva che avrei dovuto varcare il confine quel giorno, e quando il sole ha iniziato a tramontare e la Gendarmerie stava aspettando risposta non più da Bossangoa ma da Bangui, il console mi ha detto che avrebbe riferito questa mia situazione al Ministero degli Esteri italiano, che si occupa della sicurezza degli italiani all’estero.
Subito dopo questa conversazione col console, il capo della Gendarmerie ha deciso di togliermi il telefono, dicendomi che me lo avrebbe ridato il giorno successivo.
Quella notte ho condiviso la mia bottiglia di gin con dei soldati di basso rango che stavano dormendo a quella base militare, e ho provato a non pensare a quale orribile situazione stavo vivendo. Non avevo assolutamente idea di cosa sarebbe successo. L’unica cosa che potevo fare era provare a stare calmo. Il mio autista ha avuto il permesso di dormire in una sorta di guest house locale ma io dovevo dormire sul pavimento della base militare. Grazie a Dio avevo un materassino con me.
Dopo il tramonto, ho inziato a sentire della musica molto alta che è andata avanti diverse ore. Il villaggio in cui mi trovato non aveva alcun tipo di corrente elettrica, nemmeno alla stazione di polizia; quindi, qualcuno evidentemente stava bruciando carburante in un generatore solo per ballare tutta la notte. Anche in un villaggio così povero e remoto semplicemente riescono a stare senza musica.
Nella notte il capo della Gendarmerie è tornato e mi ha svegliato con la sua torcia.
Mi ha detto che avrebbe tenuto in custodia il mio marsupio per la nottata e ho detto che non c’erano problemi, ma i soldi dentro (circa 300 euro) dovevano rimanere con me, lui non era d’accordo. Non c’era nessun motivo di sequestrare i miei soldi “per la nottata” e io non avevo intenzione di arrendermi. In queste situazioni può tornare comodo perdere il controllo se lo fai di proposito; quindi, ho finto un attacco di panico davvero pesante in cui non ero in grado nemmeno di respirare, ho anche fatto del mio meglio per rigettare e coprirlo di vomito ma il mio stomaco era vuoto.
Questo show ha catturato l’attenzione di tutti i soldati, che sono giunti per controllare cosa stesse succedendo, e, alla fine, il soldato cattivo ha lasciato l’edificio senza dire una singola parola.
Secondo giorno di prigionia
La mattina seguente ho avuto indietro il mio telefono, ma, purtroppo, non c’era campo. Lo stesso orribile militare della notte prima mi ha detto che mi avrebbe liberato a condizione che gli avessi dato tutti i miei soldi, ho risposto che avrei preferito dormire sul pavimento del loro edificio per il resto della mia vita rispetto a provare a lasciare quel remoto villaggio della nazione più povera del mondo senza soldi. Non mi ha risposto e ha lasciato di nuovo l’edificio.
Erano circa le 8 del mattino quando, seduto fuori dalla base militare, ho visto almeno 15 soldati bianchi venire verso di me. Indossavano uniformi mimetiche ed erano armati pesantemente. Ero già abbastanza sicuro che non si trattasse di soldati ONU perché non indossavano i caschi blu, ma quando si sono avvicinati ho visto i loro elmetti con il teschio rosso. Era il gruppo Wagner.
Non posso descrivere cosa ho provato in quel momento. La maggior parte delle persone in Africa, provenienti da paesi con presenza di Wagner, mi hanno sempre detto “se ti vedono ti sparano subito”. Quindi ero piuttosto preoccupato che mi avrebbero semplicemente dichiarato una spia e ucciso sul posto. D’altro canto, la situazione era così assurda che semplicemente non potevo crederci: in un certo senso avevo paura perché la parte razionale del mio cervello mi stava dicendo che ero in pericolo, ma non provavo davvero paura.
Sono entrati nell’edificio e mi hanno chiesto di sedermi. Erano tutti molto grossi ma il più grosso mi ha chiesto di dargli il mio telefono, era tipo il Gigachad ma con uniforme militare e fucile d’assalto. Almeno ho visto qualche sorta di Chad.
Il soldato ha brevemente controllato la mia galleria e ha chiesto al capo della Gendarmerie di dargli il mio passaporto, solo alcuni del gruppo sapevano parlare un inglese o francese basico e mi hanno spiegato che stavamo per tornare tutti indietro a Bossangoa per un “controllo”.
Li ho seguiti assieme all’ autista della moto e mentre stavamo camminando mi hanno chiesto se avessi mai sentito parlare di Wagner.
Ho risposto qualcosa come “Ehm ye…yes”.
Abbiamo raggiunto uno spiazzo dove un APC 6×6 e un’auto militare ci stavano aspettando. Mi hanno chiesto di salire sull’APC.
Il mio autista, che era salito con me, è scoppiato improvvisamente a piangere e, ovviamente, i soldati di Wagner hanno iniziato a prenderlo in giro perché “un uomo non dovrebbe piangere”. Ero un po’ spaventato che stesse piangendo perché magari sapeva qualcosa che io non sapevo, ma abbiamo poi scoperto che era perché stavamo lasciando dietro la sua moto, con tutta probabilità quella motocicletta era l’ unica cosa che aveva. Gli hanno quindi permesso di seguirci seduto sul sedile posteriore della sua moto, con un soldato Wagner che la guidava.
Devo dire che, durante il viaggio, hanno fatto del loro meglio per tenermi calmo ed erano amichevoli, mi hanno offerto bibite, spuntini, persino un lecca-lecca, il che ripensandoci ora fa un po’ ridere. Nonostante le nostre barriere linguistiche — il mio scarso russo e francese ed il loro misero inglese e francese — mi hanno spiegato che erano miei amici e mi hanno garantito che sarebbe andato tutto bene. Da un lato ero sollevato che non fossero stati violenti ma amichevoli con me, dall’altro ho pensato che quelli fossero solo soldati di basso rango e avevano tutto l’interesse a tenermi calmo mentre mi portavano dai loro capi.
Ci siamo fermati in una base di Wagner sulla strada verso Bossangoa, dove non mi era concesso di scendere dall’ APC. Mentre attendevo a bordo ogni qualche minuto veniva un soldato a salutarmi, spesso dandomi uno spuntino, ad un certo punto un soldato che sapeva parlare inglese mi ha preso in giro scherzosamente:
“You were going to Chad on a moto-taxi? Ahahah”
“Stavi andando in Chad su una moto-taxi? Ahahah”
Dopo una mezz’ora abbiamo lasciato la base, solo con l’APC e la motocicletta, e dopo qualche ora abbiamo raggiunto la stazione di polizia di Bossangoa.
A Bossangoa mi è stato permesso di avere indietro il mio telefono e, finalmente, avevo internet. Non c’è un’ambasciata italiana in Repubblica Centro Africana, l’ambasciata competente è quella in Camerun, e l’ambasciatore di lì aveva già provato a contattarmi. Mi ha mandato un messaggio dicendo che avevo attraversato una zona di guerra attiva, dove non mi era consentito andare, e che avrebbe fatto del suo meglio per risolvere la situazione.
Dimitry entra in scena
Dopo 30 minuti che attendevo alla stazione di polizia due soldati Wagner sono venuti a salutarmi. Non stavano indossando una vera e propria uniforme, ma vestiti civili marchiati Wagner, ed erano armati di pistola.
Uno di loro, credo il capo, parlava solo russo. L’altro parlava fluentemente anche inglese e francese. Chiamerò questo secondo soldato Dimitry, anche se, probabilmente, nemmeno lui si è presentato a me con il suo vero nome. Dimitry mi ha chiesto di seguirlo all’ufficio di polizia.
È stato molto calmo e professionale, per prima cosa mi ha detto che non dovevo essere ansioso e che loro erano lì solo per la mia sicurezza e per la sicurezza del paese. Il capo mi stava facendo molte domande in russo e Dimitri stava traducendo per noi. Oltre alle solite domande su cosa stavo facendo lì, mi hanno chiesto se ho mai lavorato per qualche milizia od organizzazione militare, se avevo dei tatuaggi o delle cicatrici di ferite da armi da fuoco. Mi hanno anche chiesto di togliermi la maglietta ed i pantaloni per controllare.
Poi Dimitry mi ha informato che dovevano controllare il mio telefono e i miei averi e clonare tutti i file del mio pc. Tutto questo mi sembrava un buon affare rispetto a ciò che avevo paura potesse succedere con Wagner.
Mentre il capo mi controllava il telefono, ha notato degli screenshot che avevo fatto ad alcuni articoli di giornali online della Repubblica Centro Africana, riguardanti gli abusi del gruppo Wagner contro la popolazione civile locale. Mi aspettavo si sarebbero arrabiati. Invece il capo si è messo a ridere mentre sentiva la traduzione di quegli articoli, al contempo Dimitry era a metà tra imbarazzato e dispiaciuto, ed mi ha detto qualcosa come:
“Despite what you read online we are not evil, we are here to keep security and safety, every kind of safety, including your safety”.
“Nonostante le cose che si leggono online noi non siamo cattivi, siamo qui per mantenere la pace e la sicurezza, ogni genere di sicurezza, inclusa la tua sicurezza”
Quando i Wagner hanno lasciato la stanza, la polizia locale ha voluto interrogarmi nuovamente, con un interprete che sapeva a malapena l’inglese, ed è stato molto noioso ripetere tutto di nuovo. Quando Dimitry è tornato, lo hanno obbligato a leggere le note dell’interrogatorio che loro avevano appena condotto, mi ha guardato in un modo dal quale mi era abbastanza chiaro che non era affatto interessato.
Dopo questo sono salito coi Wagner su un’auto civile blindata. La blindatura aveva evidentemente svolto il suo compito, dal momento che i finestrini erano piuttosto scheggiati dall’ esterno. Abbiamo quindi raggiunto la base di Wagner a Bossangoa, lì hanno preso di nuovo il mio telefono e mi è stato concesso di mangiare un po’ e fare una doccia. Mi hanno servito una zuppa di pollo che ho trovato deliziosa, ma forse era solo perchè era ormai più di un giorno che non mangiavo.
Dimitri è scomparso per un paio d’ore ed io sono stato lasciato in compagnia di due giovani soldati Wagner. Avevano circa vent’anni e non erano grossi come i soldati che mi avevano portato a Bossangoa, questi sembravano ragazzi giovani piuttosto normali, direi anche un po’ nerd. Mi hanno servito del caffè ed hanno provato a comunicare con me in un inglese molto basico. Quando Dimitry è venuto a prendermi, li ho salutati e loro mi hanno risposto una cosa del tipo:
“You see, coffee and good company, Wagner is good”.
Parlando con Dimitry
Dimitry mi ha chiesto di seguirlo mentre loro si preparavano per riportarmi a Bangui. Mi sono accorto che stavano preparando lo stesso APC 6×6 con dieci soldati per trasportarmi. A quel punto, sentivo di poter avere un po’ di confidenza con lui, allora gli ho chiesto:
“State facendo tutto questo sforzo solo per me?”
E lui ha risposto:
“Sì, solo per te, è nostra responsabilità impegnarci per la tua sicurezza.”
In seguito, ci siamo seduti a un tavolo con un altro soldato Wagner che ci ha offerto del cibo, aveva una barba lunga e ho notato anche una copia del Corano vicino a lui, probabilmente era un musulmano russo, forse Ceceno.
Dimitry mi ha chiesto se fosse andato tutto bene con i soldati di Wagner incontrati finora, gli ho detto:
“Sono stati tutti molto amichevoli, sinceramente non me lo aspettavo, quando li ho visti arrivare verso di me con la loro uniforme col teschio rosso, pensavo che stessero per uccidermi.”
Ancora una volta Dimitry era un po’ imbarazzato dal mio commento, e ha risposto:
“Sai, capisco perché fossi spaventato, Wagner è coinvolta in molti conflitti nel mondo e dicono molto cose su di noi, ma voglio che tu sappia che qui in Repubblica Centro Africana siamo tutti per la pace e la sicurezza.”
Credo che questo fosse il suo modo di comunicarmi che c’è una buona ragione per cui il gruppo Wagner ha una reputazione tanto negativa, certo non poteva dirmelo apertamente. Alla fine di questo articolò diro di più riguardo alle mie teorie sulla gentilezza di Wagner nei miei confronti.
Il Wagner-Express per Bangui
Sono saltato sull’APC con gli altri soldati ed era il momento di salutare Dimitry, non so se lui avesse ricevuto chiari ordini dai suoi superiori di essere gentile con me o che, ma davvero non riesco a immaginarmelo come una cattiva persona; mi ha lasciato il suo numero di telefono locale dicendomi di chiamarlo se avessi avuto problemi.
Sull’ APC c’erano alcuni degli stessi soldati del viaggio precedente, oltre ad un soldato della Central African Army (FACA) e un membro della Gendarmerie locale. Come avevo già notato, i Wagner non avevano molta considerazione per le autorità locali; infatti, hanno controllato che questi avessero la sicura sui loro fucili prima di salire a bordo e non gli hanno permesso di usare i loro vecchi cellulari durante il viaggio, mentre i Wagner hanno giocato con i loro smartphone per tutta la durata del viaggio.
La corsa è stata molto lunga ma piuttosto tranquilla, ho chiacchierato un po’ con un soldato che parlava un po’ inglese e che aveva molta voglia di conversare, mi ha mostrato le foto della ragazza che avrebbe sposato non appena tornato in Russia. Ha anche aggiunto che erano felici di poter stare in giro qualche giorno a causa mia: dal momento che stavano combattendo senza sosta da cinque mesi, questa era come una vacanza per loro.
Hanno anche provato a parlare con me di cultura russa, e quando introducevano argomenti come Putin o l’Ucraina provavo a dirottare la discussione su cose di cultura russa su cui saremmo stati d’accordo, come Yuri Gagarin o il borsch o la vodka.
Nel mezzo della notte, ci siamo fermati vicino a dei tir commerciali che stavano riposando in attesa dell’ alba, alcuni soldati sono usciti e sono tornati pieni di spuntini, bibite, e altre cose per le quali io dubito abbiano pagato.
Alle 4 del mattino il capo del veicolo, che stava seduto davanti, si è spostato dietro, vicino a me, per riposare un po’. Era l’unico uomo di mezza età della compagnia e non sembrava molto amichevole. Siamo arrivati a Bangui alle 6, quando sono sceso dal mezzo per essere preso in custodia dalla Gendermerie locale, quell’uomo di mezza età mi ha stretto la mano e mi ha augurato buona fortuna. Ho risposto “spassiba” (grazie) e lui è rimasto positivamente sorpreso che sapevo dire qualcosa nella sua lingua. Non so perché d’istinto quell’uomo non mi fosse piaciuto, ma la sua stretta di mano mi ha rassicurato, e per la prima volta, ero sicuro che queste persone avevano solo ricevuto l’ ordine di fornire un trasporto sicuro ad un civile.
Dal suo “buona fortuna” ho anche compreso che la mia avventura era probabilmente lontana dall’essere finita. Prima di lasciare Bangui, Dimitry mi aveva detto che io ero pulito secondo Wagner; ma ad ogni modo, le autorità locali non erano della stessa opinione, ed è per questo che la Gendarmerie locale e l’esercito mi stavano scortando insieme ai soldati Wagner.
Ora, vorrei davvero poter spiegare come sono uscito da questa situazione ma devo anche mantenere un po’ di discrezione, molte persone sono state coinvolte nel mio caso e io tuttora non so esattamente il ruolo di alcuni di loro ed i dettagli di ciò che si è svolto “dietro le quinte” sono per lo più oscuri anche per me. Quello che so di certo è che la mia nazione si è presa cura di me nella maniera migliore possibile, sia io che la mia famiglia siamo stati costantemente in contatto con le autorità italiane competenti e non ci siamo mai sentiti abbandonati nemmeno per un secondo.
Se siete stati coinvolti nel mio caso e ritenete che debba correggere qualcosa sono certo che sapete come contattarmi.
Prigionia a Bangui
Giunto a Bangui, sono stato preso in detenzione presso una stazione di polizia nel centro della città. Probabilmente grazie al fatto che i diplomatici italiani erano già al lavoro per me, non sono stato detenuto in una vera cella ma in una stanza dell’ufficio di polizia, mi è stato permesso di tenere il telefono e di ricevere visite e cibo dall’esterno quasi 24 ore su 24. Dormivo sul mio materassino sul pavimento e al di fuori dell’orario di ufficio della stazione di polizia stavo per lo più da solo.
La prima visita che ho ricevuto è stata quella del console italiano locale, che ha agito da mio legale durante il primo interrogatorio del mattino: un ragazzo di 22 anni della Gendarmerie locale che mi chiedeva per la quarta volta dall’ inizio la storia di cosa stessi facendo in Repubblica Centro Africana. Una sua domanda-tipo era:
“Se sei qui per turismo, come mai sul visto non hai dichiarato che il tuo mestiere è turista?”
Quando mi ha chiesto perché avessi voluto visitare il Dzanga Sangha National Park ho spiegato che ero interessato a vedere gli elefanti, i gorilla, ed i pigmei. Lui ha risposto:
“Non è abbastanza, non è una buona ragione”.
La polizia centro Africana ha testato i limiti della mia pazienza durante questo interrogatorio.
La seconda visita del giorno è stata da parte di alcune fantastiche signore italiane che lavorano in CAR. Mi hanno chiesto, di nuovo, cosa stessi facendo li in giro, e mi hanno detto che tutti erano sorpresi che fossi riuscito a fare tanta strada nel paese con mezzi di fortuna. Hanno aggiunto che molte persone, incluse loro stesse, hanno pensato che fossi un paracadutista che si era paracadutato nel posto sbagliato. Gli è anche servito un minuto o due per capire che ero, veramente, un turista. Mi hanno spiegato che il mio era diventato un caso presidenziale e hanno aggiunto:
“le più importanti autorità italiane e centro africane sono informate della tua situazione”
Queste signore amichevoli mi hanno portato del buon cibo e venivano a trovarmi tutti i giorni.
Un’altra visita giornaliera amichevole era da parte di un uomo africano ben vestito presentatosi come “corrispondente del governo italiano”. Veniva tutti i giorni con del cibo, si scattava una foto con me e poi mi dava il suo telefono, all’altro capo c’era un signore italiano che mi chiedeva semplicemente se stessi bene.
La strada verso la libertà
Sono stato tenuto in custodia della Gendarmerie Centro Africana per quattro giorni in totale. Diplomatici, ONG, preti e suore mi sono venuti a trovare ed hanno avuto cura di me per l’intera durata.
Ogni giorno sembrava che stessi per essere liberato ma c’era sempre un problema, un giorno non c’era elettricità per inviare il mio file al pubblico ministero e così il mio caso non poteva essere giudicato; un altro giorno il pubblico ministero era pronto a ricevermi ma l’auto della polizia si è rotta mentre eravamo in strada, siamo arrivati in ritardo e lui era già andato via dall’ufficio.
Quando finalmente ho avuto l’opportunità di incontrarlo, abbiamo avuto un colloquio piuttosto tranquillo. Mi ha chiesto, in inglese, se sapessi qualcosa sulla mafia in Italia, e poi mi ha raccontato la storia di quando è andato in Sicilia per incontrare il pubblico ministero locale antimafia.
Riguardo al mio caso, mi ha solo detto che dovevo lasciare il paese, così ha dato alla Gendarmerie un “message porteur”, documento ufficiale su cui c’era scritto che dovevo andare alla polizia dell’immigrazione per mostrare che avevo i biglietti aerei per andarmene il prima possibile, così loro avrebbero dato il mio passaporto ai diplomatici italiani che mi avrebbero preso in custodia e portato all’aeroporto. Facile no?
Alla polizia dell’immigrazione, il direttore dell’ufficio è impazzito, ha iniziato a dire che avevo commesso diversi crimini d’immigrazione, che ora era il suo turno di investigare il mio caso, e che sarei rimasto in prigione fino al termine di questa procedura. Ha aggiunto che ero entrato nel paese illegalmente, io gli ho mostrato diverse volte il mio visto regolare ed il timbro d’ingresso ma a lui non interessava affatto. Aveva semplicemente visto un’opportunità di marcare la sua autorità nei confronti di un ricco uomo europeo e probabilmente di ricevere dei soldi da me.
Dopo trenta minuti nel suo ufficio era arrivata ogni singola persona che avesse messo mano al mio caso. Incluso l’uomo ben vestito che fino a quel momento si era scattato le foto con me tutti i giorni. Mi hanno detto di collaborare con la sua stupida indagine (questo era il quinto interrogatorio della settimana) mentre loro cercavano un modo di tirarmi fuori.
Dopo circa un’ora è venuta a prendermi un’auto della polizia, che mi ha portato nell’ufficio di un generale centro Africano (ricordo fosse addiriturra il capo delle forze del paese ma non sono sicuro), questo gentile generale ha passato il mio passaporto ai diplomatici italiani e mi ha augurato buona fortuna.
Non so, sinceramente, quali fili sono stati tirati per tirarmi fuori alla fine. Ma, fidatevi, devono essere stati veramente importanti.
Il mio ultimo giorno a Bangui, da uomo libero
Ho dei ricordi molto belli delle mie ultime 24 ore a Bangui. Ero in custodia nella foresteria di fantastiche signore italiane che mi hanno ospitato e mi hanno permesso di fare la prima vera doccia della settimana.
Ho avuto anche un incontro amichevole con il dipartimento investigazioni della missione MINUSCA, che ha voluto sapere del “passaggio” che le Nazioni Unite mi hanno dato per Bossangoa.
L’ ultimo incontro prima di andare via è stato molto interessante, è stato con un diplomatico d’alto rango dell’ambasciata francese, che poi mi ha scritto:
“Try next time Bayreuth to enjoy a Wagner’s opera, should be more impressive than the philharmonic of Bossangoa”.
“La prossima volta prova ad andare a Bayreuth per apprezzare un’opera di Wagner, dovrebbe colpirti di più della filarmonica di Bossangoa”.
Umorismo francese.
Abbiamo anche trovato il tempo di visitare dei progetti umanitari gestiti da italiani a Bangui, sono rimasto impressionato dal Dream Project, che offre un servizio sanitario di livello e gratuito a centinaia di persone a Bangui. Chi legge consideri una donazione anche a loro, svolgono un lavoro incredibile.
Conclusioni
Cosa ho sbagliato?
Probabilmente non molto, considerando che non sono mai stato perseguito per alcun crimine. Sono finito dove non sarei dovuto andare principalmente a causa di quel passaggio delle Nazioni Unite, senza il quale probabilmente sarei stato rispedito indietro a Bangui dopo il primo posto di blocco a nord, evitando tutti questi drammi.
Inoltre, probabilmente le autorità centro africane volevano mostrare che Wagner non è l’unica forza che ha un po’ di potere nel paese; quindi, hanno dovuto fare anche loro qualcosa con me quando Wagner aveva finito. Sono certo che anche loro abbiano voluto tenermi in custodia per un po’ per darmi una lezione sul dover crescere come uomo e altre stupidaggini.
Di certo so che quello che stavo provando a fare era davvero al limite, e so che in un paese come la Repubblica Centro Africana cose del genere possono accadere. È stato parte di un gioco a cui ho deciso consapevolmente di giocare e sono stato in pace col mio destino per tutto il tempo.
Perché quelli di Wagner sono stati tanto gentili con me?
Questa è stata la domanda che mi è stata fatta più volte finora. Le persone in CAR mi hanno dato per lo più la stessa risposta: “They sent you the good ones” “ti hanno mandato quelli buoni”. Non sono certo di essere d’accordo: i soldati che hanno viaggiato con me sull’APC erano soldati a pieno titolo che combattono tutti i giorni.
Io credo che Wagner abbia un piano molto specifico sul migliorare la loro reputazione in Africa, ed è anche per questo che stanno facendo rebranding da Wagner ad Africa Corps.
Forse credevano che potrei avere una grande presenza sociale (che non ho) e quindi hanno pensato che potrebbe essere stata una buona idea vedere l’influencer occidentale postare sui social “Comunque Wagner mi ha trattato molto bene”.
Io non credo che avessero bisogno di inviare “quelli buoni”, sono pur sempre soldati dopo tutto, e devono avere una certa disciplina. Probabilmente l’ordine era anche di prendersi cura di un civile e questo è ciò che stavano facendo.
In tutta onesta, dopo aver parlato con molte persone in Africa, credo che almeno una parte significativa delle cose terribili che si raccontano del gruppo Wagner sia vera. Una suora a Bangui mi ha detto di una volta in cui, guidando fuori città, è stata fermata dai Wagner perché non aveva dato la precedenza al loro veicolo (non si era accorta che era marchiato Wagner). Le hanno puntato una pistola alla testa e l’hanno minacciata per un po’.
Allo stresso tempo, non riesco davvero immaginare un bravo ragazzo come Dimitry commettere abusi sulla popolazione. Credo che rimarrò con questo dubbio per sempre.