A poche ore dal tentato golpe è necessario capire il posizionamento del Sudan e le ragioni della sua instabilità, in chiave geopolitica e gli approcci con i paesi corregionali.
Il Sudan ha da tempo un contenzioso “aperto”, insieme all’Etiopia, nei confronti dell’Egitto: nel pressoché totale silenzio mondiale è in via di costruzione la discussa Diga Gerd che sicuramente saprebbe aiutare i primi due paesi menzionati nella fornitura di energia elettrica a quei due terzi di cittadini che tutt’ora non ne possono usufruire.
Il piano però, così come concepito, porterebbe ingenti danni alle capacità di volumi di acqua al fiume Nilo e, nonostante la terra dei faraoni sia corsa al riparo attuando progetti atti a minimizzare le conseguenze con ingenti lavori sul delta del fiume, porta a frizioni quasi insanabili tra gli stati coinvolti. In queste ore è in corso un tentativo di colpo di Stato in Sudan e la notizia appena menzionata ci aiuta a comprendere come i rapporti regionali siano tesi da tempo.
Il Sudan è da tempo sotto l’influenza del gruppo Wagner e gli investimenti cinesi, soprattutto legati alla costruzione di infrastrutture, sono ingenti. Nelle ultime ventiquattro ore la capitale Khartoum è attraversata da esplosioni e spari che riacutizzano le criticità mai sopite dopo il colpo di Stato avvenuto nell’ottobre 2021.
Il colpo di stato del 2021 in Sudan
Il 25 ottobre 2021 sono stati arrestati dai militari il premier Abdalla Hamdok ed altri membri del Consiglio Sovrano del Sudan: Ibrahim al Sheikh (ministro dell’industria), Hamza Balou (ministro dell’informazione), Faisal Mohammed Saleh (consigliere per i Media del primo ministro), Mohammed al Fiky Suliman (portavoce del Consiglio sovrano), Ayman Khalid (il governatore della capitale Khartoum). Questo governo poteva considerarsi di transizione perché, dopo la deposizione di quello militare trentennale a guida di Omar Hasan Ahmad al-Bashir, il fronte di Libertà e Cambiamento (Ffc) era riuscito ad imporre un cambio di rotta al pese.
La comunità internazionale, capeggiata dagli Usa, ha fin da subito fornito sostegno ad un governo provvisorio che avrebbe dovuto traghettare il paese a libere elezioni previste il 17 ottobre 2021; l’appuntamento elettorale non è però mai stato calendarizzato. Si suppone che questa presa di posizione abbia origine anche nella postura ideologica (sicuramente vicina a quella che potremmo definire impropriamente “filo-occidentale”) assunta dalla dirigenza sudanese in merito ai conflitti che si sono verificati e ancora imperversano nella regione del Tigray.
Queste ostilità vedono le forze del Tigray People’s Liberation Front (TPLF), nonché ex partito di Governo etiope, contrapporsi con il potere centrale di Adis Abeba. Indubbiamente questa crisi è una minaccia anche per quanto riguarda il terrorismo internazionale.
Il ruolo della Wagner in Sudan
Nel corso del mese di gennaio il capo del Direttorato generale dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, ha diffuso le proprie preoccupazioni al mondo occidentale perché, a suo avviso, il Sudan si sarebbe trasformato in una base operativa per lo sviluppo delle operazioni della Wagner. I timori non riguardano solamente gli equilibri interni del paese, ma fanno riferimento anche alla Repubblica Centrafricana dato che la base del gruppo paramilitare russo si trova a Am Dafok, un villaggio in prossimità del confine tra i due paesi.
Le forze paramilitari di supporto rapido (RSF), costola delle milizie Janjaweed, hanno ricevuto la preparazione strategica dal gruppo Wagner che si impegna in tal senso dal 2017, ma vantano forti legami anche con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Non è un caso che il generale Dagalo abbia fornito aiuto in Yemen alla coalizione guidata da Riad. Fonti non verificabili ipotizzano un accordo economico tra i leader militari del Sudan e le milizie Wagner secondo cui questi ultimi, in “cambio” dei servizi offerti, avrebbero il pieno controllo delle miniere d’oro del paese.
La situazione attuale
I generali gestiscono il potere per mezzo del cosiddetto Consiglio sovrano dal colpo di Stato del 2021. Le forze paramilitari di supporto rapido (RSF) fanno capo a Mohamed Hamdan Dagalo, il vicepresidente del Consiglio. L’esercito regolare invece è a guida del generale Abdel Fattah al-Burhan (vertice del Consiglio sovrano). In tale “spartizione” si staglia prepotente il ruolo della Wagner che fornisce sostegno al gruppo RSF che, agli occhi di Mosca, sta riuscendo a ritagliarsi un ruolo importantissimo per operazioni strategiche in contesti considerati particolarmente “rischiosi”.
La disputa in corso dovrebbe vertere sulla reale transizione ad un governo a guida civile. L’esito degli scontri di queste ultime ore ha un peso marginale sul quadro complessivo del paese: la spartizione del potere avvenuta dopo il colpo di Stato del 2021 è ormai radicata e, nonostante l’ottimismo di alcuni osservatori, è innegabile che gli attuali combattimenti non abbiano in nessun modo una platea interessata al ritorno di una vera democrazia ma, unicamente, una nuova spartizione delle ricchezze e del potere.
2 risposte
Sono un assiduo lettore di Arianne Ghersi e devo ancora una volta constatare la sua abilità e nitidezza espositiva su argomenti di geopolitica di regola tanto ostici. Sinceri complimenti!
Seguo da tempo la scrittrice ed analista geopolitica Arianne Ghersi, della quale apprezzo la chiarezza espositiva che rende comprensibili fatti e situazioni estranee alla nostra cultura. Vanno quindi i miei più sinceri complimenti all’Autrice affinché continui in questo suo percorso e ci offra altri scorci di un quadro di tradizioni così lontane dalle nostre