Donne, Vita, Libertà: Arianne Ghersi intervista Parisa Pasandehpoor e Hanieh Tarkian

Parisa Pasandehpoor, nata in Iran nel 1979, vive da 12 anni a Genova. Laureata in economia e commercio, laureanda in scienze politiche internazionali diplomatiche. Attivista per i diritti delle donne e soprattutto di quelle iraniane. Giornalista free lance presso www.Irangate.news Lavora anche nel settore contabile amministrativo in una società privata.Hanieh Tarkian, Italo-iraniana. Ha completato il dottorato in Scienze Islamiche presso il Jamiat az-Zahra, il più importante centro femminile di studi islamici dell’Iran. Ha conseguito un Master in Relazioni Internazionali e Studi Strategici ed è attualmente docente e coordinatrice del Master in lingua italiana in Studi Islamici organizzato dall’Università internazionale Al-Mustafa (Iran).


Le principali agenzie stampa riportano la notizia secondo cui una ragazza, ripresa per aver indossato “male” il velo, per protesta, si sarebbe spogliata degli abiti pubblicamente ed incarcerata per tale condotta. Cosa è realmente successo? 

Hanieh:

Questa è la notizia come riportata da alcune agenzie di stampa occidentali, in realtà non tutte, che in alcuni casi hanno avuto anche l’“onestà” di accennare alla versione dei funzionari dell’università. È interessante che, da un punto di vista propagandistico, la “versione occidentale” compare come titolo e versione principale, senza che ci siano prove per dimostrarla, mentre la versione iraniana viene riportata solo nel testo delle notizie e, in particolare, mi ha colpito un articolo della BBC, la cui giornalista riporta una serie di “informazioni” ricavate da siti di dissidenti iraniani o di famose associazioni per i “diritti umani”, tuttavia, a corredo del video del marito della studentessa, dove egli chiede per il bene dei loro figli di non diffondere il video, la giornalista afferma “BBC Persian has not been able to verify the man’s claims”, ossia “il canale BBC in persiano non è stato in grado di verificare le dichiarazioni dell’uomo”, come se la BBC avesse verificato tutto il resto che è stato scritto nell’articolo! Quali prove ci sono per dimostrare che la studentessa è stata ripresa per aver indossato male il velo? Quali prove ci sono per dimostrare che la studentessa è stata picchiata o addirittura aggredita sessualmente, come riportato da alcuni canali di dissidenti iraniani?

In ogni caso, i funzionari dell’università e alcuni studenti testimoni dei fatti, nei loro account X, hanno riportato che la studentessa stava filmando studenti e professori, quando questi hanno iniziato a contestarla e dirle di non filmare, e quando le è stato chiesto di cancellare i video registrati, ha iniziato a spogliarsi. Quello che si vede nei video presenti sul web sono studentesse che filmano la ragazza che gira in mutande e reggiseno per il cortile dell’università; la maggior parte delle persone non le presta attenzione, alcuni funzionari universitari cercano di avvicinarla, si consultano tra di loro e poi si vede che a un certo punto la studentessa viene fatta salire su un’auto e portata via per accertamenti in ospedale. Il marito della studentessa in un video chiede per il bene dei loro due figli (le conseguenze psicologiche) di non diffondere il video. Alcune fonti riportano che la coppia aveva problemi e qualcuno ha affermato che stavano per divorziare, da ciò si può dedurre una situazione delicata e complessa ed è quindi naturale che la famiglia voglia mantenere la riservatezza sulla questione, anche in considerazione dei minori che loro malgrado ne resterebbero coinvolti.

Questo dimostra ancora una volta come i media main stream stiano strumentalizzando una tragedia personale per i loro scopi (demonizzare l’Iran), come già fecero con Mahsa Amini, dove non esistevano prove per dimostrare che fosse stata picchiata, anzi i video delle telecamere a circuito chiuso e i referti medici dimostrarono che il suo malore era dovuto a quelli che erano problemi di salute pregressi. All’epoca, il motivo della demonizzazione dell’Iran era di esercitare pressione per riportare di forza l’Iran a un accordo sul nucleare, dopo che gli Stati Uniti lo avevano stracciato e impedito alle parti europee di implementare gli accordi. Ora, la delicata situazione geopolitica e il sostegno dell’Iran alla causa palestinese sono i motivi per cui nuovamente si vuole fare pressione sull’Iran o addirittura giustificare un eventuale attacco militare. Degno di nota per altro che contemporaneamente si siano mosse anche le cellule separatiste che agiscono ai confini, questo successe anche durante i tumulti e le proteste a seguito della morte di Mahsa Amini. In quel frangente, persone armate si infiltrarono tra i manifestanti per trasformare le proteste in guerriglia di strada e destabilizzare l’Iran, uno Stato indipendente e sovrano.

Vorrei inoltre sottolineare il fatto che una persona che si spoglia in un luogo pubblico sarebbe stata multata o fermata anche in Italia, perché in tutte le società vigono norme che regolano il decoro pubblico, chiaramente queste norme sono basate su quella che è la sensibilità comune, che non è detto sia necessariamente uguale dappertutto e nessuno ha mai detto che tutte le società debbano adattarsi agli standard occidentali.


Parisa:

Per me quello che ha fatto lei, è un gesto potente che incarna la rivoluzione “Donna, Vita, Libertà” ancora in corso messo in atto nel campus dell’Università di Scienza e Ricerca di Tehran. Quello che abbiamo sentito e sappiamo è che la ragazza è stata arrestata, ha sfidato le squadre femminili dell’Hijab ban che la molestano chiedendole di coprirsi. La polizia morale (donne vestite di nero) l’aveva insultata chiedendole di indossare l’hijab, lei si è rifiutata e si è spogliata inscenando un’azione di disobbedienza civile mostrando il suo corpo coperto solo dalla sua biancheria intima e camminando nel campus universitario. 

Grazie ad amici e parenti di Ahou Daryaei ora abbiamo anche informazioni sulla sua vita.

  • La ragazza, di circa 30 anni, è registrata all’anagrafe con il nome Mehla; Ahou è il suo soprannome che significa “Cervo di mare”, i suoi amici e parenti amano chiamarla con questo nome.
  • La famiglia e i suoi parenti sono sottoposti a forti pressioni e minacce da parte dei pasdaran che intendono estorcere da loro false confessioni sullo stato psichico della ragazza, condizione questa imposta per la liberazione della ragazza.
  • Diversi parenti della studentessa hanno inviato foto a Masih Alinejad e hanno fornito dettagli sulla sua persona e sulla sua vita.
  • I parenti di Ahou hanno detto che la ragazza è una donna molto coraggiosa che non ha mai ceduto ad alcuna forma di coercizione. Hanno rivelato che “Cervo di mare” ha due bambini molto piccoli. Era sposata, ma si era separata qualche tempo fa. 
  • Un altro parente di Ahou riferisce che i pasdaran avevano disabilitato la sua pagina Instagram nella quale pubblicava molti video e foto di se stessa e dei suoi figli, il che dimostra chiaramente che questa donna non ha alcun problema di salute mentale e della sua sfera emotiva. È, invece, audace, serena, felice e piena di passione per la vita. 
  • Uno dei tanti amici di Ahou, sottolinea che la ragazza oltre ad essere molto intelligente e molto colta, fino al punto d’aver superato tutti gli esami con voti altissimi, era nota tra i suoi amici e compagni di classe per il suo estremo coraggio e per la sua resistenza davanti ad ogni forma di prevaricazione. Durante il suo corso di studio, si è opposta più volte a coloro che volevano imporle l’hijab e ha difeso il suo diritto a non indossarlo.
  • L’ambiente dell’ospedale psichiatrico dove è stata rinchiusa, dopo essere stata rapita dai pasdaran, è stato sottoposto a un rigido sistema di sicurezza per evitare che “Cervo di mare” potesse avere contatti con l’esterno.
  • Dunque, Ahou vive in totale isolamento. Gli agenti l’hanno messa in quarantena e nessuno può avvicinarsi a lei. 
  • Il personale sanitario conferma, in anonimato, che Ahou è una donna perfettamente sana di mente e che l’obiettivo dei pasdaran è quello di portarla all’esasperazione, fino alla follia e al suicidio. 
  • Ad Ahou vengono somministrate pillole e iniezioni di potenti psicofarmaci che distruggono il suo equilibrio psicofisico. Questo tipo di somministrazione è molto praticato nelle cliniche psichiatriche e nelle carceri a danno dei dissidenti. 
  • Ahou ha tentato di scappare dall’ospedale, ma non ci è riuscita. La sua vita è in grave pericolo.


Il movimento “Donna, Vita, Libertà”, dopo il periodo di forte mediaticità a seguito della morte di Mahsa Amini, che percorso ha avuto in Iran?

Parisa:

Il movimento «Donna, Vita, Libertà» ha acquisito una grande visibilità a livello mondiale dopo la morte di Mahsa Amini nel settembre del 2022, causata dall’arresto e dal maltrattamento da parte della polizia morale iraniana. Inizialmente, il movimento è stato riconosciuto come una protesta contro la violazione dei diritti delle donne e la repressione sociale e politica in Iran, ma ben presto le sue rivendicazioni sono andate oltre le questioni legate alle donne e sono diventate un appello a cambiamenti politici e sociali più ampi nel paese.

Le fasi principali del movimento:

  • Proteste di strada e disarmo della violenza: Dopo la morte di Mahsa Amini, sono scoppiate proteste di strada in molte città iraniane. Le donne, togliendosi il velo e bruciando i loro hijab, hanno reso visibile il loro rifiuto dell’obbligo di indossarlo. Durante queste manifestazioni, lo slogan «Donna, Vita, Libertà» è diventato il simbolo centrale della protesta.
  • Aumento della repressione: Il governo iraniano ha rapidamente reagito con misure di repressione, come arresti di massa, blocchi di internet e l’uso della violenza contro i manifestanti. Molti attivisti, artisti e cittadini comuni sono stati arrestati. Tuttavia, la portata delle proteste e la loro diffusione attraverso i media sia all’interno che all’esterno del paese non sono riuscite a fermare la loro intensità.
  • Espansione delle proteste a tematiche politiche più ampie: Man mano che aumentavano le richieste relative alle libertà individuali, ai diritti umani e alla democrazia, il movimento ha acquisito una dimensione politica più evidente. Slogan come «Morte al dittatore» e «Dove è il mio voto?» hanno mostrato che le proteste non riguardavano solo il velo, ma anche sfide più profonde come l’autocrazia e la corruzione del governo.
  • Solidarietà internazionale e pressioni esterne: Il movimento ha attirato l’attenzione non solo in Iran, ma anche a livello internazionale. Organizzazioni per i diritti umani e diversi governi hanno sostenuto le proteste dei cittadini iraniani, aumentando così la pressione internazionale sul regime della Repubblica Islamica. Anche gli iraniani all’estero hanno partecipato a manifestazioni e campagne di sensibilizzazione.
  • Risposte del governo: In risposta al movimento, il governo iraniano ha intensificato la repressione, con il risultato di numerosi manifestanti uccisi. Tuttavia, il regime non è riuscito a sopprimere completamente le proteste. Il movimento «Donna, Vita, Libertà» è passato da una protesta limitata alle strade a un fenomeno sociale e culturale diffuso che ha catturato l’attenzione anche sui social media e nei media internazionali.
  • Impatto sulla cultura e sull’arte: Il movimento ha avuto un notevole impatto sulla cultura, l’arte e i media. Artisti, atleti e attivisti per i diritti umani hanno usato questo movimento come una piattaforma potente per combattere la repressione e promuovere la giustizia.

Conclusione:

Nonostante la repressione violenta e le pressioni interne ed esterne, il movimento «Donna, Vita, Libertà» è diventato una delle proteste più significative della storia contemporanea dell’Iran. Questo movimento non solo ha sollevato il tema del velo e dei diritti delle donne in Iran, ma è diventato anche un simbolo di resistenza e lotta contro l’autocrazia e la repressione. Sebbene non sia ancora chiaro quale sarà l’esito di questo movimento, esso ha avuto un impatto profondo sull’opinione pubblica, le politiche e le relazioni internazionali dell’Iran.


Hanieh:

In realtà in Iran ha avuto un seguito molto limitato, solo presso alcuni gruppi minoritari tra la popolazione. La questione del codice di abbigliamento, e ancora meno quella dei diritti delle donne, non è una questione sentita tra la popolazione iraniana, infatti il codice di abbigliamento è stato sempre parte della cultura iraniana, il velo era parte del costume tradizionale anche prima dell’Islam, quando la religione principale era lo zoroastrismo. Le donne partecipano alla vita sociale e politica, studiano, lavorano e così via; in generale, la donna iraniana è sempre stata presente, sia durante la Rivoluzione che in seguito, quindi parlare delle donne in Iran come soggetti privi di diritti non ha alcun senso. I problemi più sentiti tra la popolazione iraniana sono quelli legati alle questioni economiche, in parte dovuti alle ingiuste sanzioni occidentali. Poi quando è diventato chiaro che il movimento “Donna, vita, libertà” era sostenuto dall’Occidente per destabilizzare l’Iran, e come alternativa politica venivano considerati gruppi guidati dal figlio dell’ex-Scià, burattino degli Stati Uniti, o addirittura il gruppo terroristico del Mek, anche chi fra le donne guardava la situazione femminile con occhi critico si è allontanata da questo movimento, tant’è vero che la stessa coalizione che si era creata oltre-oceano dopo alcuni mesi si è dissolta.


Associazioni ed enti internazionali, di vario tipo e genere, si sono schierati a favore del movimento: hanno fornito sostegno concreto?

Hanieh:

Molti di queste associazioni ed enti sono legati agli ambienti globalisti di Soros e simili, alcuni dei giornalisti, che diffondevano le notizie false e strumentalizzate sulla condizione della donna in Iran, avevano partecipato a corsi organizzati ad hoc, possiamo quindi affermare che il sostegno era ed è soprattutto mediatico ed economico, alcune persone vengono appositamente pagate per creare situazioni di “scandalo”, filmare quello che succede e poi mandarlo ai canali anti-iraniani stranieri.


Parisa:

Il sostegno internazionale al movimento «Donna, Vita, Libertà» dopo la morte di Mahsa Amini è stato principalmente sotto forma di dichiarazioni, campagne, sanzioni e pressioni diplomatiche. Tuttavia, in molti casi, questo supporto non è stato tangibile o si è tradotto in aiuti diretti ai manifestanti e al movimento. Il sostegno è stato per lo più a livello politico e mediatico, sebbene alcuni interventi concreti siano stati compiuti in alcune aree.

Diverse forme di sostegno internazionale:

  • Dichiarazioni e dichiarazioni di sostegno: Molte organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite (ONU), la Commissione per i Diritti Umani dell’ONU e Amnesty International, hanno rilasciato dichiarazioni in cui sostenevano i diritti del popolo iraniano, in particolare i diritti delle donne, e condannavano le violazioni dei diritti umani da parte del governo iraniano. Questo sostegno includeva generalmente richieste di porre fine alla repressione violenta dei manifestanti, liberare i prigionieri politici e prestare attenzione ai diritti delle donne in Iran.
  • Pressioni diplomatiche e sanzioni: Paesi, in particolare quelli occidentali (come Stati Uniti, Unione Europea e Canada), hanno imposto sanzioni contro i funzionari della Repubblica Islamica e le forze di sicurezza coinvolte nella repressione delle proteste. Queste sanzioni comprendevano il congelamento dei beni, il divieto di viaggio e restrizioni commerciali. Sebbene queste sanzioni non abbiano direttamente aiutato i manifestanti, il loro obiettivo era esercitare pressione sul governo iraniano affinché modificasse il suo comportamento e rispettasse i diritti umani.
  • Campagne e copertura mediatica globale: Il movimento «Donna, Vita, Libertà» ha ricevuto una vasta copertura dai media internazionali, e campagne come #MahsaAmini e #WomenLifeFreedom sono state ampiamente diffuse sui social media. Queste campagne hanno aumentato la consapevolezza globale sulla situazione delle donne in Iran e sulle proteste popolari. Il sostegno mediatico ha contribuito a portare la voce dei manifestanti al pubblico globale e ha reso la comunità internazionale più sensibile alla situazione dei diritti umani in Iran.
  • Sostegno agli attivisti per i diritti umani: Molte organizzazioni internazionali per i diritti umani, come Amnesty International e la Federazione Internazionale per i Diritti Umani, hanno sostenuto gli attivisti e i prigionieri politici in Iran, chiedendo la loro liberazione immediata. Inoltre, in alcuni casi, le organizzazioni per i diritti umani hanno redatto rapporti sulle violazioni dei diritti umani e sui possibili crimini commessi dalle forze di sicurezza iraniane.
  • Sostegno dagli iraniani all’estero: Gli iraniani residenti all’estero hanno partecipato a numerose manifestazioni e campagne di sostegno al movimento «Donna, Vita, Libertà». Alcune di queste campagne hanno fatto appello per sanzioni e pressioni diplomatiche contro il governo iraniano e a favore dei diritti del popolo iraniano. Tra queste azioni, vi sono stati anche proteste in diversi paesi, l’utilizzo di piattaforme online per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per le famiglie dei prigionieri.

Limitazioni e sfide:
  • Mancanza di supporto pratico e materiale: Una delle principali sfide è che il sostegno internazionale è rimasto per lo più sotto forma di dichiarazioni e azioni diplomatiche, con un supporto pratico e materiale ai manifestanti o al movimento all’interno dell’Iran molto limitato. A causa delle severe restrizioni in Iran, le organizzazioni internazionali non sono riuscite ad aiutare direttamente i manifestanti.
  • Dipendenza dai cambiamenti politici interni: Molti dei sostegni internazionali sono stati principalmente sotto forma di pressioni diplomatiche e sanzioni, con l’intento di indurre il governo iraniano a cambiare comportamento. Tuttavia, questi sforzi non hanno necessariamente portato a cambiamenti immediati nelle politiche interne dell’Iran.
  • Repressione severa da parte del governo iraniano: A causa della repressione brutale da parte del governo iraniano, molti dei sostegni internazionali non hanno avuto un impatto pratico significativo e i manifestanti continuano a subire gravi pressioni.

Conclusione:

Il sostegno internazionale al movimento «Donna, Vita, Libertà» è stato principalmente sotto forma di supporto politico e per i diritti umani, visibile a livello mediatico e diplomatico. Sebbene questo supporto abbia contribuito a portare il movimento sotto i riflettori globali, gli impatti diretti e tangibili su chi manifesta in Iran sono stati limitati.


A suo avviso, quanto è sentita la causa del movimento da parte di ciò che si può definire il “sentire comune” in Iran?

Parisa:

Il movimento «Donna, Vita, Libertà» è riuscito a creare un ampio senso di solidarietà sociale e culturale in Iran, anche se in ambito politico ed economico questo senso di unione non si è completamente concretizzato. Il movimento ha avuto un grande impatto soprattutto tra ampie fasce della popolazione iraniana, dalle donne e i giovani fino a diverse classi sociali, riuscendo a generare molta solidarietà e risveglio sociale. Alcuni degli aspetti principali di questo «senso condiviso» sono:

  • Solidarietà contro la repressione e le disuguaglianze: Il movimento «Donna, Vita, Libertà» è nato dalla resistenza contro la repressione e le disuguaglianze sociali e politiche e è riuscito a unire molte persone. Questo movimento non si è limitato solo alla questione del velo, ma ha trattato temi come i diritti umani, le libertà individuali e la giustizia sociale. In questo processo, le donne sono state in prima linea, ma anche gli uomini, i giovani e le minoranze hanno partecipato attivamente alle proteste e alle campagne. Questo ha creato un senso comune di «lotta» e «resistenza» contro l’ingiustizia e la repressione tra diverse sezioni della società.
  • Cambiamento nelle strutture sociali e culturali: Gli slogan del movimento, come «Donna, Vita, Libertà», sono diventati più di un semplice slogan politico. Questi slogan sono diventati simboli della lotta per l’uguaglianza di genere, le libertà individuali e la dignità umana, con un significato che per molti iraniani, specialmente i giovani, ha una portata globale e universale. Molte persone in Iran, così come all’estero, hanno visto questo movimento come un simbolo di libertà e giustizia.
  • Il ruolo dei social media e dei media: Poiché in Iran esistono forti limitazioni nell’accesso alle informazioni e nella libertà di espressione, i social media hanno avuto un ruolo cruciale nella diffusione del movimento. Le persone sono riuscite a comunicare tra di loro, condividere opinioni ed esperienze e darsi incoraggiamento reciproco attraverso queste piattaforme. Questo spazio ha contribuito a creare un senso di «solidarietà globale», soprattutto perché anche gli iraniani all’estero hanno sostenuto il movimento, sensibilizzando la comunità internazionale sulla situazione in Iran.
  • Al di là dei confini di genere e generazione: Il movimento non è stato solo tra le donne, ma è diventato un fenomeno collettivo anche tra gli uomini e le diverse generazioni. Sebbene le richieste iniziali del movimento fossero incentrate sui diritti delle donne, nel tempo il movimento si è trasformato in una lotta contro la dittatura e per i diritti umani, le libertà individuali e la democrazia. Questi aspetti più ampi hanno fatto sì che diverse sezioni della società, comprese le diverse generazioni e anche le minoranze etniche e religiose, si sentissero coinvolte.
  • La dura reazione del governo e l’aumento delle proteste: La reazione repressiva e violenta del governo, soprattutto tramite l’uso delle forze di sicurezza, ha contribuito solo ad amplificare il movimento. La repressione e l’uccisione dei manifestanti hanno fatto sì che questo movimento diventasse un simbolo di resistenza contro l’ingiustizia agli occhi della popolazione. Le dure reazioni da parte dello stato hanno anche contribuito a creare un senso di solidarietà tra il popolo iraniano nel resistere alla violenza e alla repressione.

Sfide e limitazioni:

Tuttavia, non si può dire che questo senso di solidarietà sia stato ugualmente distribuito in tutta la società e in tutti gli ambiti. Alcune sezioni della società continuano a opporsi al movimento per vari motivi, come la paura della repressione, l’ignoranza o legami politici. Inoltre, le divergenze ideologiche e politiche tra i diversi gruppi di protesta e le critiche alle modalità di azione del movimento rappresentano altre sfide che ostacolano la diffusione di questo senso di solidarietà a una scala più ampia.

Conclusione:

Il movimento «Donna, Vita, Libertà» è riuscito a creare un significativo senso di solidarietà tra ampie sezioni della popolazione iraniana, soprattutto tra donne, giovani e gruppi sociali attivi. Questo movimento è riuscito a trasformare le sue richieste di uguaglianza, libertà e giustizia in una preoccupazione collettiva che va oltre il genere, l’età e le classi sociali. Tuttavia, le sfide politiche, la repressione violenta e le limitazioni sociali hanno impedito che questo senso di solidarietà si diffondesse completamente in tutte le parti della società.


Hanieh:

Come accennavo prima, la causa del movimento non è sentita in Iran. Da quando due anni fa sono iniziate le proteste e i tumulti in seguito alla morte di Mahsa Amini, sono stata in Iran varie volte; una volta ho accompagnato un gruppo di turisti, circa un mese dopo il tragico evento, in un altro caso sono stata in Iran per 5 mesi consecutivi. La propaganda occidentale presentava la situazione in Iran come se stesse per scoppiare una rivoluzione o una guerra civile da un momento all’altro, ma la realtà era completamente diversa, e anche i turisti o chi comunque veniva in Iran si rendeva conto di come la propaganda anti-iraniana fosse falsa e mistificata.


Quale intreccio, nel caso ci sia, si può ipotizzare tra la causa di “Donna, Vita e Libertà” e la “nomea” del governo iraniano? 

Hanieh:

Da quando c’è stata la Rivoluzione islamica nel 1979 e l’Iran è diventato uno Stato indipendente e sovrano, che non ha accettato di piegarsi alle politiche occidentali e in particolare degli Stati Uniti in Medioriente e nel resto del mondo, è iniziata l’ostilità e la propaganda contro l’Iran. Basterebbe chiedersi come mai le notizie sull’Iran diventino subito virali mentre della situazione della donna in altri Stati alleati dell’Occidente o non se ne parla o se ne parla poco. Ogni volta con un pretesto si cerca di demonizzare l’Iran e accusarlo in modo sistematico di qualcosa, talvolta con il pretesto della bomba nucleare, talvolta con il pretesto del sostegno a movimenti o Stati che si oppongono all’egemonia americana come Hezbollah o la Siria, talvolta con il pretesto dei diritti umani e così via, e tutto questo mentre invece gli alleati dell’Occidente possono fare quello che gli aggrada, violare qualsiasi norma internazionale senza che Stati, enti e associazioni battano ciglio, al massimo si limitano a qualche dichiarazione di routine senza effetto.


Parisa:

L’intreccio tra la causa di “Donna, Vita e Libertà” e la “nomea” del governo iraniano è complesso e strettamente legato al contesto di repressione politica, sociale e dei diritti umani che caratterizza la Repubblica Islamica. Il movimento, nato come protesta contro le politiche di discriminazione e repressione delle donne, in particolare l’imposizione del velo obbligatorio e la limitazione delle libertà individuali, si è progressivamente trasformato in una critica diretta al regime e alle sue pratiche autoritarie.

Ecco alcuni aspetti principali di questo intreccio:

  • Repressione delle libertà individuali e delle donne: Il governo iraniano è conosciuto a livello internazionale per le sue politiche autoritarie che limitano le libertà fondamentali, specialmente quelle delle donne. Le leggi riguardanti l’obbligo del velo e altre restrizioni sociali hanno alimentato il malcontento che ha portato alla nascita del movimento “Donna, Vita e Libertà”. Il governo, attraverso la sua reazione violenta alle proteste, ha ulteriormente rafforzato la sua “nomea” di regime oppressivo. Il movimento, quindi, è diventato simbolo di resistenza contro una politica patriarcale e repressiva che il governo ha cercato di mantenere.
  • Effetto boomerang delle politiche di repressione: La brutalità con cui il governo iraniano ha risposto alle proteste ha avuto un effetto boomerang, rafforzando la causa delle manifestanti. Mentre la repressione violenta ha lo scopo di scoraggiare i manifestanti, ha invece alimentato l’indignazione internazionale e la solidarietà, aumentando la visibilità del movimento e di conseguenza la critica globale verso il governo iraniano. Il regime ha, così, contribuito involontariamente a incrementare la notorietà del movimento e a consolidare la sua immagine di regime che viola sistematicamente i diritti umani.
  • Le sanzioni internazionali e la pressione diplomatica: Le violazioni dei diritti umani, che sono al centro delle proteste, hanno portato a crescenti sanzioni internazionali contro l’Iran. Queste sanzioni non solo colpiscono il governo economicamente, ma mirano anche a indebolirne la legittimità a livello internazionale, aumentando la “nomea” negativa del regime. Le richieste di liberazione dei prigionieri politici e di rispetto dei diritti delle donne sono diventate un tema centrale nelle politiche estere di molti paesi, ponendo il regime iraniano sotto una crescente pressione diplomatica.
  • Il conflitto tra identità nazionale e critica internazionale: Il regime iraniano si trova in una posizione complessa: da un lato, cerca di mantenere un’immagine di forza e coesione nazionale, sostenendo la legittimità delle sue politiche, anche di fronte alla critica internazionale; dall’altro, deve fronteggiare un movimento che minaccia non solo le sue politiche interne, ma anche la sua reputazione internazionale. In questo senso, la causa di “Donna, Vita e Libertà” non solo sfida la politica del governo, ma ne mina anche l’autorità morale agli occhi del mondo.

Conclusioni:

Il movimento “Donna, Vita e Libertà” ha messo in evidenza le contraddizioni del regime iraniano, alimentando la sua “nomea” di regime oppressivo e violento. Le politiche di repressione hanno contribuito a intensificare la protesta, che ha acquisito un carattere sempre più globale e ha reso la critica internazionale nei confronti dell’Iran ancora più forte. In questo intreccio, la causa del movimento e la reputazione del governo iraniano sono strettamente legate, con la repressione che alimenta la protesta e la protesta che esacerba l’immagine negativa del governo.


Considerazioni personali: 

Parisa:

Alla fine, quello che penso è che le donne e le ragazze iraniane abbiano deciso di riprendersi il loro diritto perduto e, su questa strada, non temono nessuno e niente! La rivoluzione iraniana del 1979 non è stata una scelta della mia generazione né delle generazioni successive, e quindi l’obbligo del velo, che è uno dei risultati di quella rivoluzione, non è stata una nostra scelta. La prossima rivoluzione in Iran sarà la rivoluzione delle donne, e questo è iniziato con il movimento “Donna, Vita, Libertà”.


Hanieh:

L’Iran non è un paradiso, di sicuro ci sono molti aspetti che vanno e possono essere migliorati, come in qualsiasi altra società. Certamente tra la popolazione iraniana si avverte del malcontento, dovuto soprattutto alla situazione economica, che può e dev’essere migliorata, ma questo non giustifica tentativi di destabilizzare paesi sovrani. Abbiamo già visto le conseguenze della propaganda occidentale riguardo all’Afghanistan, l’Iraq, la Siria e la Libia e molte altre situazioni, che non hanno fatto altro che creare caos nella regione, con terribili ripercussioni anche sull’Europa, come le ondate migratorie e così via. Pertanto credo sia giusto essere quantomeno scettici in merito a come i media main stream riportano le notizie su Stati come l’Iran, nonché sforzarsi di attingere informazioni anche da altre fonti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *