Libano – la Missione Unifil: Arianne Ghersi intervista Fausto Biloslavo

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Fausto Biloslavo, giornalista


Quando è nata e con quali scopi la missione UNIFIL in Libano?

La missione UNIFIL nel sud del Libano è nata fin dagli anni 70, ma poi ci sono state varie evoluzioni. Fondamentalmente è una missione che ha sempre cercato, troppo spesso inutilmente, di fermare/frapporsi tra Israele e le realtà in Libano. Ci sono state almeno tre grosse guerre/invasioni: nel 1982, nel 2006 e poi questa attuale. Dall’altra parte della barricata in Libano c’erano, nel 1982, i palestinesi di Yasser Arafat, dell’OLP, che lanciavano razzi katjuša sulla Galilea; da ciò è scattata poi l’invasione che ha portato vent’anni di occupazione.

Nella guerra del 2006 invece era già presente Hezbollah: è stata breve, ma terribilmente intensa e ha portato la nuova missione Unifil in cui siamo coinvolti direttamente e siamo il secondo paese contributore. La situazione attuale si riferisce all’ultimo attacco terrestre dopo un anno di lanci di razzi da parte di Hezbollah in Israele.


Quale è stata la sua evoluzione nel tempo, in termini di scopi ed efficacia e coinvolgimento diretto del nostro Paese?

Siamo sempre stato presenti ma un coinvolgimento maggiore da parte nostra è arrivato, a livello di comando, e si è verificato dopo la guerra del 2006 che ha portato largamente alla distruzione del Libano, però non ha sconfitto Hezbollah. Dopo il 2006 si è decisa, per quanto riguarda l’Italia, l’operazione Leonte (ancora in essere): ovvero lo sbarco nel sud del Libano, in forze sotto gli stendardi appunto dell’ONU, come caschi blu, ed il posizionamento (ancora attuale), vicino alla cosiddetta linea blu, perché non esiste un confine riconosciuto fra Libano ed Israele; questo è uno dei problemi.

La “linea blu”, così denominata dai caschi blu, che dovrebbe rappresentare la frontiera, anche se non in maniera ufficiale, e che è monitorata dalla missione UNIFIL. Noi con oltre 1000 uomini, ma prima ne avevamo di più, siamo sempre stati il secondo contingente, talvolta anche il primo, e soprattutto abbiamo avuto più volte il comando non solo del settore ovest, come in questo momento, ma il comando dell’intera missione. IL problema più grosso è che, con l’implementazione del 2006 e la risoluzione 1701, si prevedeva molto chiaramente che nel sud del Libano dovessero restare solo i caschi blu, l’esercito libanese e non esserci nessun altro gruppo armato. Qualsiasi altro gruppo armato doveva posizionarsi a Nord del Litani e ciò, in parte, era compito dei caschi blu, insieme all’esercito libanese, a 29 km dal confine con Israele: quindi non al di fuori del raggio di azione delle armi pesanti, dei missili, dei razzi, ma di una buona parte di essi. È quello l’obiettivo, penso, di Israele anche in questo ultimo attacco.


Quali regole di ingaggio hanno i componenti delle missioni UNIFIL?

Le regole di ingaggio: la verità è che questo è il nodo, è il vero problema. I caschi blu hanno un mandato che dovrebbe prevedere delle regole di ingaggio anche aggressive.

Se un gruppo armato come Hezbollah non vuole “sloggiare”, bisogna farlo “sloggiare” con la forza.

Questo in realtà non è mai avvenuto perché c’è una carenza indubbia di regole di ingaggio ed è ciò che sta chiedendo il governo italiano di rivedere. In realtà, forse, l’Occidente, ma soprattutto gli israeliani, si spingono oltre, per terminare la fallimentare missione di UNIFIL, i quanto non è riuscita ad evitare che il sud sia una zona cuscinetto, libera da gruppi armati, solo sotto il controllo dell’esercito libanese, come si è visto evidentemente.

Sostituire questa missione con una missione di Stati completamente diversa, con regole di ingaggio più forti, in cui, appunto, ci potrebbero essere gli italiani, ma anche i francesi, ma anche altri paesi occidentali e quindi dare vita ad una missione più muscolare.


Quali sono gli obiettivi raggiunti e quali quelli disattesi?

Gli obiettivi raggiunti sono semplicemente che, se Hezbollah ed Israele non si sparano, “va tutto bene”, tutto funziona: monitoraggi, controlli, eccetera; vengono poi comunicati al Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Se decidono di spararsi non c’è “trippa per gatti”, nel senso che missili, razzi e cannonate volano sopra le teste e i caschi blu che spesso si trovano, come abbiamo visto nell’ultima settimana, in mezzo.

È vero che Hezbollah ha fatto un po’ quello che voleva, ovvero ha costruito queste piazza forti, questi tunnel sotterranei, questi punti da dove sparano verso Israele e, per vent’anni, impunemente e sotto “il naso” dei caschi blu che sapevano benissimo, come Israele, quanto avvenisse.

Il più grande obiettivo disatteso è quello dell’applicazione della revisione della risoluzione 1701. Un altro mancato obiettivo riguarda il disarmo dei gruppi armati, almeno nel sud del Libano ed il fatto che devono stare oltre il fiume.


Quali sono i possibili scenari futuri?

Gli scenari futuri sono abbastanza drammatici, non sono ottimista, perché la guerra in Libano sta aumentando d’intensità, almeno a livello di bombardamenti, e gli israeliani non riescono ad avanzare sul terreno facilmente; stanno anche aumentando i bombardamenti sul fianco siriano. Qualcuno sostiene anche che si potrebbe ipotizzare un’incursione dalla Siria per cogliere Hezbollah su un fianco, di fatto di spalle.

Però, nonostante il vertice di Hezbollah sia stato decimato, questi continuano a combattere ed a resistere e ad assestare colpi non indifferenti nei confronti di Israele. All’orizzonte, penso ormai dopo le elezioni americane, c’è l’inevitabile ed annunciata rappresaglia di Israele sull’Iran a seguito degli attacchi missilistici; sarà un altro grosso problema, perché sarà come gettare un ulteriore cerino su un bidone di benzina. Il conflitto, che è già regionale, perché riguarda il Libano, la Siria, lo Yemen, diventerà ancora più deflagrante con Israele, che cercherà probabilmente anche di colpire obiettivi importanti in Iran, come le infrastrutture per il nucleare. Gli iraniani risponderanno, perché hanno la capacità di rispondere, quindi la guerra sarà, seppure a distanza con l’Iran, sempre più “allargata” e, molto probabilmente, sempre più pesante, come si sta vedendo anche negli ultimi giorni di Libano.

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