Il rischio enclave
L’attenzione focalizzata delle monarchie del petrolio sui loro vantaggi immediati potrebbe spingere le comunità del Levante a isolarsi, formando enclavi confessionali omogenee. Questo trend ha il potenziale di alterare significativamente le realtà geografiche e culturali delle grandi diaspore siriana, irachena e libanese.
In questo contesto, Libano, Siria ed Iraq delineano un’area geografica segnata da intense tribolazioni, con un orizzonte attuale privo di aperture verso la pace. Le condizioni in questi Stati rischiano di peggiorare ancor più, allontanandosi dall’obiettivo di un dialogo pacificatore.
La comunità drusa
Interpretare le mosse di Walid Joumblatt, capo della comunità drusa in Libano, verso Hezbollah si presenta come una sfida complessa. Joumblatt ha apertamente richiesto all’organizzazione di abbandonare le armi, in conformità con la risoluzione 1559 delle Nazioni Unite, e di integrarsi nel sistema politico attraverso la partecipazione alla selezione di una figura presidenziale condivisa, trasformandosi così in un attore politico legittimo all’interno del dibattito nazionale. Tale proposta, sebbene prevedibilmente incontrasse resistenze, tra cui quella di Nabih Berri, influente presidente del Parlamento libanese e noto esponente della comunità sciita, potrebbe riflettere un tentativo di Joumblatt di allinearsi alle richieste americane per un cambio di leadership ostile a Hezbollah, mirando contemporaneamente a salvaguardare la posizione della sua comunità, numericamente inferiore nel contesto del Libano attuale.
I Paesi del Golfo ed il Levante
Contestualmente, è evidente una rinnovata dinamica nel contesto dei Paesi del Golfo, storicamente prosperi economicamente ma relativamente marginali in altri settori. Dopo il 2001, queste nazioni hanno guadagnato importanza con iniziative significative in Qatar, Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita; questa evoluzione è sostenuta anche dal crescente impatto dei loro centri di ricerca ed istituti di documentazione. Importante è anche il gesto della Santa Sede, che ha recentemente fondato un vicariato per la Penisola Arabica, riconoscendo tanto l’importanza della minoranza cristiana autoctona quanto quella dei numerosi immigrati cristiani nella regione.
Il Levante, un’area che include nazioni come Libano, Siria e Iraq, si trova al centro di una prolungata crisi che mostra segni di potenziale peggioramento. Questa regione, già da tempo sottoposta ad intense pressioni, ha affrontato fallimenti statali a causa di una complessità di fattori storici e politici. Il colonialismo, le ideologie del panarabismo e del panislamismo, nonché le ripercussioni della questione palestinese, hanno giocato un ruolo cruciale nell’intensificare le tensioni preesistenti.
Un aspetto particolarmente preoccupante per il futuro è la potenziale riduzione dell’assistenza economica e politica da parte dei paesi del Golfo, che potrebbe aggravare la frammentazione della regione lungo linee settarie e tribali, un fenomeno già parzialmente in atto. Questa riduzione di sostegno potrebbe anche facilitare l’intervento e l’occupazione straniera di variabile durata.
Tra inefficienza ed indifferenza
Nei decenni recenti, l’inefficienza degli stati nella regione ha ostacolato la formazione di un solido senso di identità nazionale, rendendo il tribalismo il principale punto di riferimento sociale. In nazioni come Iraq, Siria e Libano, lo stato ha mostrato segni di disfunzione cronica a partire dal 1975. Le ripercussioni di questi fallimenti sono evidenti, con la popolazione sempre più costretta a dipendere dalle reti tribali per la propria sopravvivenza.
L’indifferenza delle monarchie ricche di petrolio, concentrate sui loro interessi nazionali più immediati, potrebbe accelerare l’isolamento del Levante. Questo scenario avrebbe implicazioni sia geografiche che culturali, influenzando in modo significativo le comunità di emigrati siriani, iracheni e libanesi in tutto il mondo. La situazione nella regione potrebbe deteriorarsi rapidamente, una diretta conseguenza delle scelte belliche e della mancanza di supporto economico e politico adeguato.
Un investimento da parte delle petromonarchie nel Levante potrebbe teoricamente realizzarsi. Durante la pandemia, Papa Francesco ha sottolineato come una crisi rappresenti un’occasione per cambiare, migliorando o peggiorando, ma non lasciando le cose come stanno. In questa prospettiva, le petromonarchie avrebbero l’opportunità di riedificare un Levante devastato seguendo un modello federativo ed inclusivo, che non solo potrebbe rispondere a motivazioni altruistiche ma anche offrire vantaggi strategici, come la facilitazione del trasporto di petrolio tramite pipeline. Un’impostazione federativa potrebbe inoltre favorire una maggiore presenza politica e religiosa degli sciiti, in linea con le idee proposte da Joumblatt.
Per quanto riguarda lo sviluppo di infrastrutture dirette verso l’Europa, l’approccio dei petromonarchi non dovrebbe più basarsi sul confronto con entità settarie, ma piuttosto sulla collaborazione con comunità che, pur riconoscendo la propria identità culturale e religiosa, sarebbero guidate verso un futuro migliore. Tale percorso di sviluppo e cooperazione includerebbe anche i cristiani del Medio Oriente, sia quelli residenti sul territorio sia quelli in diaspora. Le comunità in diaspora, sia cristiane che sciite, numerose e talvolta influenti, potrebbero dunque svolgere un ruolo chiave nel catalizzare questa nuova visione, a livello sia locale che globale.
Gli accordi di Tajef
La Costituzione attuale del Libano, modellata in seguito agli accordi di Tajef, prevede un Parlamento il cui equilibrio confessionale tra musulmani e cristiani è rigorosamente mantenuto. Tuttavia, emerge la proposta di istituire un nuovo organo legislativo, una seconda Camera, che sarebbe invece strutturata su basi partitiche e non confessionali, promuovendo l’unità tra i diversi gruppi religiosi attraverso partiti politici interconfessionali. Questo duplice sistema legislativo non solo mira a preservare l’equilibrio tra le comunità religiose, ma anche a salvaguardare i diritti individuali, potendo rappresentare un modello di federazione per la regione del Levante.
L’espansione di questa struttura politica potrebbe essere possibile con il supporto delle monarchie del Golfo e potrebbe estendersi per influenzare più ampi conflitti regionali.