Con il presente articolo faremo un piccolo esercizio mentale. Immaginiamo di essere un nazionalista russo della vecchia scuola, quella che ha il diritto-dovere di voler ricostruire la potenza e la ricchezza della Russia e che, entro certi limiti, ha la legittima aspirazione a voler ricostruire lo spazio imperiale russo. Il nostro amico, che da adesso chiameremo Ivan, ha 35 anni. È onestissimo e ha il suo lavoro con cui riesce, un po’ a fatica, a mantenere la famiglia. Pertanto nella Russia di oggi è un privilegiato. È un piccolo dirigente dell’apparato burocratico o forse un ufficiale di medio livello delle Forze Armate. È istruito e politicamente disinteressato. Solo due cose gli stanno a cuore: la famiglia e la Patria. Queste opinioni in Occidente basterebbero a catalogarlo come un pericoloso fascista, ma ad Ivan non interessa. Lui, a differenza di molti suoi compatrioti, sa che il mondo è bello e grande, eppure la Russia gli basta in tutto e per tutto.
Oggi, come al solito, Ivan è al lavoro e si sta concedendo una pausa sigaretta. Dall’inizio dell’Operazione Speciale in Ucraina è ovvio che in giro quasi non si parli d’altro. In privato molti sono critici, ma in pubblico quasi tutti sono patriottici, per convinzione, per quieto vivere o per puro terrore. Ora però Ivan è da solo e, da nazionalista russo (lui è orgoglioso di definirsi così), inizia a valutare i risultati di oltre vent’anni di presidenza Putin. Freddamente e senza preconcetti pro o contro la leadership del Cremlino.
Ucraina: con l’invasione Putin ha trasformato un popolo se non fratello sicuramente cugino in un nemico irriducibile per almeno i prossimi cent’anni, mentre prima un buon terzo della popolazione era filorussa. Un disastro etno-nazionale che ha ottenuto l’effetto opposto di quanto sperato e che ha rinverdito l’odio nato col genocidio stalinista conosciuto come Holodomor.
Politica internazionale: con l’Operazione Speciale la Russia è divenuto il paria dell’Occidente e per continuare a far mangiare il suo popolo e far funzionare la macchina dello Stato Putin è quasi divenuto per la Cina quello che Mussolini fu per Hitler, l’alleato-vassallo di una potenza nettamente più forte. Per di più di una potenza imperiale asiatica con la quale Santa Madre Russia ha sempre avuto un pessimo rapporto, tanto in epoca zarista che comunista. Se a questo aggiungiamo i malcelati appetiti di Pechino sulla Siberia, una regione demograficamente vuota confinante con un miliardo e trecento milioni di cinesi, il rischio di far dipendere la Russia dai finanziamenti sinici avrebbe conseguenze disastrose e di portata storica. In breve un altro disastro geopolitico causato dall’Operazione Speciale.
Bielorussia: la Nazione ancor più sorella di quella ucraina è sostanzialmente vassallizzata ed il suo dittatore è poco più che il guardiano del cancello occidentale del Cremlino. Certo le manifestazioni pro-democrazia non mancano, ma questo è nell’ordine delle cose. Forse Putin potrebbe riannettere la Bielorussia prima che l’ennesima “rivoluzione colorata” la porti nel campo occidentale/NATO, ma considerata l’intera situazione internazionale in questo caso la leadership di Mosca ha già ottenuto un relativo riassorbimento. Quindi, per quanto riguarda Minsk e dintorni, ben fatto Signor Presidente.
Economia: un altro disastro ben mascherato. Sicuramente rispetto alle catastrofi post-sovietiche degli anni ’90 la situazione è migliorata parecchio, ma quasi unicamente grazie all’esportazione di idrocarburi. A parte le materie prime, le armi ed alcuni prodotti agroalimentari (come il grano) la Russia non esporta pressoché nulla e deve importare la stragrande maggioranza dei beni di consumo. Questo ha reso l’economia nazionale vulnerabile alle sanzioni internazionali, sebbene il popolo russo abbia una capacità di sopportazione maggiore a quella degli Occidentali ricchi e viziati. Ciò non toglie che stipendio e tenore di vita del russo medio siano da Paese in via di sviluppo se paragonati agli equivalenti tedesco o statunitense. Inoltre, umiliazione nazionale che ad un patriota come Ivan brucia non poco, il PIL della Russia è inferiore persino a quello dell’Italia. Valutazione finale? In economia il Ventennio putiniano qualcosa di buono ha fatto, ma molto meno di quanto cerchi far credere e tutti i risultati raggiunti sono stati buttati al vento dagli ultimi anni di politica estera, gestita col passo più lungo della gamba dal 2014 in poi (occupazione della Crimea e dell’estremo est ucraino).
Democrazia: in questo Ivan si sente un po’ confuso, ma è talmente onesto da ammetterlo a sé stesso. Da un lato si ritiene un occidentalista convinto, erede dell’immensa tradizione di Pietro il Grande, Caterina II e Stolypin. Dall’altro vede nell’Occidente il decadentismo nichilista della cancel culture e del Black Lives Matter. Pertanto non è contento che Putin abbia fatto a pezzi la fragile democrazia di Boris Eltsin, ma ha timore delle possibili alternative. In breve Ivan capisce di essere un autentico figlio della Russia, il cui simbolo è l’aquila bicipite: una testa guarda ad ovest, all’Europa democratica ed etnicamente bianca, mentre l’altra è rivolta verso l’Asia, verso lo statalismo economico e l’autoritarismo di matrice sinica portato in Russia durante il Giogo Mongolo. Pertanto in questo campo Ivan non riesce a dare una valutazione netta dell’operato di Putin, cosa che lo fa sentire spaesato. Ma in fondo, pensa il nostro amico, nemmeno i grandi del pensiero russo quali Tolstoj, Dostoevskij e Puškin riuscirono a sciogliere del tutto il dilemma della doppia anima russa…
Corruzione: al netto di una bella retorica e di qualche oligarca/mafioso messo in riga il regime del presidente Putin non ha fatto altro che creare una cleptocrazia criminale ufficializzata. Fuori dalle grandi e splendide città i russi sono estremamente poveri, alla faccia dei nababbi di regime che comprano ville e passaporti in Occidente. Eppure Ivan sa di essere un privilegiato della macchina pubblica. Magari l’ultima ruota del carro dei privilegiati, ma comunque un privilegiato. Pertanto è così onesto da riconoscere la sua ipocrisia: vede il marcio come lo vedono tutti, ma prima pensa al benessere della sua famiglia che il sistema putiniano, per ora, gli garantisce.
Ormai la sigaretta di Ivan è finita, tra un paio di minuti dovrà rientrare al lavoro e pulisce la mente dai massimi sistemi. C’è solo un ultimo ronzio che gli frulla nel cervello. In questi giorni il mondo cosa pensa della Russia? Non che ad Ivan la simpatia degli altri interessi un granché, ma da nazionalista qual è esige che gli altri Paesi rispettino (e a tratti temano) la Santa Madre Russia. Stavolta l’effetto è una mazzata, anche perché lui lavora abbastanza in alto da conoscere la realtà quasi del tutto edulcorata dalla propaganda presidenziale. Putin sperava di conquistare mezza Ucraina in pochi giorni, invece s’è ritrovato impantanato in una guerra di logoramento. Ci avevano detto che le nostre Forze Armate, dopo la ricostruzione post-sovietica, avrebbero potuto competere persino con quelle della NATO, invece stanno subendo una sostanziale umiliazione davanti al mondo. Il Presidente, dopo vent’anni di immagine da duro, sembra un vecchio bastonato (se non altro in questo è in buona compagnia). Sull’economia meglio sorvolare. E così via… Ma basta pensare a cose più grandi di te, Ivan. Rabota (lavora!).
Allora perché, guardando la bandiera con la grossa aquila bicipite che si è appeso in ufficio, per qualche oscuro motivo gli vengono in mente quegli ufficiali tedeschi che, nel 1944, compresero di poter servire la Germania o Hitler, ma non tutti e due?