La chiamata alle urne
Kais Saied, il presidente in carica della Tunisia, ha consolidato la sua posizione ottenendo un rinnovo del mandato nelle elezioni del 6 ottobre, con una schiacciante maggioranza dell’89% dei voti. Tale esito era ampiamente atteso, considerando che i suoi avversari erano scarsamente competitivi: un imprenditore detenuto su basi giudiziarie discutibili ed un candidato di facciata che, in realtà, appoggiava Saied stesso. L’intero processo elettorale è stato macchiato da accuse di manipolazione ed abuso di autorità.
Un’ampia parte dell’opposizione ha risposto con l’astensionismo, portando al crollo del tasso di partecipazione al 27,7%, un calo drastico rispetto al 49% registrato nelle elezioni del 2019.
Al termine della votazione, dal centro operativo del suo comitato elettorale, Saied ha manifestato ottimismo per un’estensione del suo incarico, proclamando: “Ripuliremo il paese dalla corruzione e dalle cospirazioni.”
Breve excursus del percorso politico di Kais Saied
Saied, che è salito alla ribalta politica nel 2019 in un periodo critico per la Tunisia, è un professore specializzato in diritto costituzionale e capo di stato di quella che rimane l’unica democrazia emersa dalle rivoluzioni della “Primavera Araba”, nonostante fosse sommersa da una severa crisi economica. Questa situazione aveva minato la fiducia nella governance democratica e nelle sue istituzioni. Saied, che non aveva il supporto di partiti politici tradizionali, si era presentato come un nuovo leader integro e non compromesso, guadagnando il favore pubblico con promesse di eradicare la corruzione e di risolvere con determinazione i mali del paese.
I principali cambiamenti costituzionali
A diciotto mesi dall’inizio del suo mandato come Presidente della Tunisia, Kais Saied ha messo in atto una serie di azioni volte a smantellare le strutture democratiche del paese. Questo processo ha raggiunto un punto di svolta il 25 luglio 2021, quando Saied ha rimosso il primo ministro dal suo incarico e ha sospeso il Parlamento, accentrando i poteri esecutivi. Ha continuato a governare da solo, emettendo decreti, in una mossa che i suoi critici hanno definito un “colpo di stato”.
Successivamente, il presidente ha introdotto ulteriori misure per rafforzare il suo controllo, attaccando l’autonomia del sistema giudiziario e sciogliendo il Consiglio superiore della magistratura. Ha implementato stati di emergenza che gli permettevano di legiferare tramite decreto e ha guidato l’approvazione di una nuova Costituzione, considerata meno inclusiva rispetto a quella emanata dopo la “Primavera Araba”; ha anche modificato la struttura degli enti elettorali per avvantaggiarsi. Durante il suo governo, Saied è stato ripetutamente accusato di sopprimere la dissidenza, arrestando numerosi oppositori, inclusi politici, giornalisti, attivisti, giudici e sindacalisti, spesso su presupposti legali contestabili.
Nel 2022, il presidente ha intrapreso azioni significative per riformare il panorama politico del paese, eliminando i partiti tradizionali e favorendo l’ascesa di un Parlamento interamente costituito da indipendenti, rendendo così il governo autonomo rispetto alle dinamiche parlamentari. Un passaggio fondamentale in questa riforma è stata l’adozione di una nuova Costituzione, ratificata mediante un referendum che ha registrato una partecipazione inferiore al 30% degli aventi diritto.
All’interno della nuova Costituzione sono state introdotte disposizioni specifiche per le candidature presidenziali, inclusa la necessità per ogni aspirante presidente di ottenere almeno 10.000 firme da elettori certificati in almeno dieci diversi distretti elettorali. Tali firme devono essere depositate presso l’Istanza Superiore Indipendente per le Elezioni (ISIE), l’organo che ha sostituito il ministero dell’Interno nella gestione elettorale dopo le rivoluzioni del 2011 che misero fine al governo di Zine El Abidine Ben Ali. Nel 2022, Saied ha modificato la struttura dell’ISIE, trasformandola in un ente che riflette più strettamente le posizioni del presidente in carica.
Queste riforme hanno prodotto effetti immediati ed evidenti: il termine per la presentazione delle candidature presidenziali scadeva il 6 agosto, e già il 10 agosto, l’ISIE comunicava il rigetto di quasi tutte le candidature presentate, consolidando così l’influenza di Saied sul sistema elettorale del paese.
L’opposizione
In vista delle elezioni, il presidente Saied ha rimosso od incarcerato tutti i principali candidati dell’opposizione, lasciando solo due concorrenti in gara. Tra questi, Zouhair Maghzaoui, che, pur essendo un alleato di Saied, è stato presentato come candidato per simulare la presenza di una competizione elettorale. L’altro candidato, Ayachi Zammel, imprenditore del settore agricolo, è stato condannato per frode a settembre in un processo ritenuto da molti essere politicizzato. Dalla sua cella a Zammel è stato impedito di portare avanti una campagna elettorale effettiva.
Nonostante la richiesta di posticipare il processo fino a dopo le elezioni, avanzata dagli avvocati di Zammel, questa è stata disattesa. Pochi giorni prima del voto, il 3 ottobre, la corte d’appello ha confermato la condanna di Zammel a tredici anni ed otto mesi di reclusione, una decisione sorprendentemente veloce per i canoni della giustizia tunisina. Gli avvocati di Zammel hanno dichiarato: “Ayachi Zammel resterà in lizza per le presidenziali. Solo la morte potrà fermare la sua candidatura” e hanno proseguito la campagna elettorale in sua assenza.
Nonostante non abbia potuto partecipare attivamente alla campagna, il nome di Zammel è rimasto nelle schede elettorali, visto che non vi sono disposizioni giudiziarie che ne ordinino la rimozione. In questo scenario, Zammel è diventato inaspettatamente e quasi senza volerlo il principale candidato di opposizione.
Nel recente clima di repressione politica in Tunisia, numerosi leader politici sono stati esclusi dalle competizioni elettorali presidenziali. Le candidature di figure note come Mondher Zneidi, ex ministro sotto la presidenza di Ben Ali, Abdellatif Mekki, ex capo del partito islamista Ennahda, e Imed Daïmi, consigliere dell’ex presidente Moncef Marzouki e vicino a Ennahda, sono state inizialmente respinte. Nonostante una decisione del tribunale amministrativo di Tunisi avesse revocato queste esclusioni a metà settembre, un’azione rapida dell’entourage presidenziale ha indotto il parlamento a rivedere le normative elettorali appena nove giorni prima del voto, limitando di fatto l’influenza del potere giudiziario amministrativo sulle decisioni dell’ISIE, l’organo di supervisione delle elezioni.
Contemporaneamente, la repressione ha raggiunto anche altri candidati di spicco, i quali non hanno potuto partecipare né alle elezioni né alle campagne elettorali a causa della loro detenzione. Molti di questi appartengono al Fronte di Salvezza Nazionale, un’alleanza creata in risposta al presunto colpo di stato di Saied, che include membri di Ennahda e prominenti figure politiche attive in Tunisia tra il 2020 e il 2021. Tra i detenuti più noti figurano Abir Moussi del Partito Desturiano Libero, legata al precedente governo di Ben Ali, e Rached Ghannouchi, il leader di Ennahda.
Il profilo di Ayachi Zammel
Ingegnere chimico che ha assunto il controllo dell’azienda agricola di famiglia, specializzata nella produzione di olio d’oliva e pomodori, è diventato un esempio vivente delle misure restrittive adottate dal presidente tunisino Saied contro certe figure della società.
Saied, considerando gli imprenditori come avversari dello stato e simboli di corruzione radicata, ha portato alla luce queste tensioni. Originario della zona rurale di Siliana nel nord della Tunisia, Zammel, membro del partito liberale Tahya Tounes, è stato eletto al parlamento nel 2019. Tuttavia, il 25 luglio 2021, un decreto di Saied ha impedito agli eletti di accedere al parlamento, inaugurando una serie di riforme che hanno notevolmente limitato le funzioni dello stesso.
Dopo la perdita del suo ruolo parlamentare, l’ingegnere si è allontanato dalla scena politica fino a riemergere come possibile candidato per le elezioni presidenziali. Considerato un moderato con solidi legami nel mondo degli affari, si distingue per le sue politiche temperate. Tra le sue proposte vi è l’eliminazione del decreto presidenziale n. 54, che punisce con il carcere la diffusione di “informazioni false”, una legge che recentemente è stata utilizzata per incarcerare giornalisti, attivisti ed oppositori politici.
Ayachi Zammel emerge come la scelta preferenziale per gli elettori che intendono contrastare Saied ed il suo approccio autoritario al governo. Il suo volto è diventato, senza che lui lo cercasse, un’icona raffigurata sulle magliette di attivisti che sollecitano elezioni eque e trasparenti.