Mutilazioni Genitali Femminili (MGF): una realtà che tocca l’Italia

Adnkronos, 14/09/2024. Lecce, infibulazione su bimba di 8 anni: la scoperta dopo ricovero in ospedale. È stata trasportata d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce per una presunta caduta in casa ma i medici hanno subito accertato che la bambina di appena 8 anni avrebbe subito una infibulazione. A ciò sarebbe da attribuire il suo malore. Lo riporta il Nuovo Quotidiano di Puglia. La Procura dei Minorenni ha aperto una inchiesta. Sul caso indagano i carabinieri. La piccola, originaria dell’Africa, presentava una emorragia. L’infibulazione, una mutilazione genitale femminile, è una pratica usata in alcuni paesi africani che però è vietata in Italia.[1]

Breve illustrazione delle Mutilazioni Genitali Femminili

Gli organismi internazionali deputati allo studio ed alle possibilità di intervento per gli squilibri globali sotto il profilo sanitario ed antropologico hanno rilasciato negli anni ‘90 una significativa dichiarazione congiunta sulla pratica antichissima delle mutilazioni genitali femminili e ne hanno così specificato l’ambito: “le MGF comprendono tutti gli interventi che producono un’ablazione parziale o totale degli organi genitali esterni della donna o qualsiasi altra mutilazione degli organi genitali femminili che sia praticata per ragioni culturali o di altro tipo e non a fini terapeutici”[2].

Le tipologie inserite dalle tre agenzie delle Nazioni Unite sono:

[3] Figura 1: genitali femminili non modificati

Clitoridectomia considerata la modalità meno invasiva di intervento consistente nell’escissione totale o parziale del clitoride[4].

[5] Figura 2: area di tessuto rimosso – MGF di I tipo

Escissione del clitoride e delle piccole labbra totale o parziale[6].

[7] Figura 3: area di tessuto rimosso – MGF di II tipo

[8] Figura 4: aspetto di MGF di II tipo dopo la sutura

Infibulazione (o circoncisione faraonica) oltre all’escissione del clitoride e delle piccole labbra si ha l’asportazione totale o parziale delle grandi labbra e successiva sutura/restringimento dell’apertura vaginale[9].

[10] Figura 5: area di tessuto rimosso – MGF di III tipo

[11] Figura 6: aspetto del III tipo dopo la sutura

Nella quarta categoria vengono inclusi vari interventi di manipolazione degli organi genitali femminili – foratura od incisione clitoride e/o labbra, cauterizzazione tramite bruciatura del clitoride e dei tessuti limitrofi, raschiatura orifizio vaginale (angurya cuts) o taglio della vagina (gishiri cuts); introduzione di sostanze o di erbe corrosive nella vagina per provocare sanguinamento o restrizione[12].

Conseguenze dell’MGF

Amnesty International ha predisposto un dettagliato elenco delle gravi complicanze di salute connesse alle mutilazioni, effetti nocivi per il corpo e la psiche[13]. Viene direttamente menomata od alterata la sessualità femminile, l’integrità e l’equilibrio della persona risentono durevolmente delle lesioni apportate.

Nel caso di infibulazione, durante l’operazione danni consistenti sono: prolungata emorragia (nel 30% dei casi letale), infezioni quali tetano, effetti posteriori sono l’insorgenza probabile di tumori, infezioni croniche del tratto urinario, reni, vagina, fistole, difficoltà e sofferenze destabilizzanti nei rapporti sessuali e nel parto con probabilità elevata di trasmettere al bambino infezioni da HIV anche per l’uso di strumenti non sterilizzati.

Strettamente connessa al danno fisico è l’instabilità emotivo-cognitiva della donna così incisivamente “manipolata”: ansia, senso di abbandono e di inadeguatezza imputabili al trauma subito.

Motivi della pratica

Sono diverse le ragioni addotte per spiegare e giustificare le mutilazioni sessuali.

L’operazione antichissima aveva inizialmente un valore rituale per inaugurare a livello collettivo il passaggio all’età adulta. In alcuni contesti la mutilazione è necessaria per confermare l’identità sessuale incerta al momento della nascita e del periodo impubere. La rimozione del clitoride e delle piccole labbra eliminerebbero le parti maschili presenti nel corpo della donna. Inoltre la donna mutilata garantirebbe la sua condizione dignitosa nell’ambito del gruppo.

Il ruolo di sposa e madre verrebbe salvaguardato, mentre discredito viene gettato sulla donna impura non escissa, di cattiva condotta e di dubbia provenienza familiare.

Non mancano motivazioni di carattere etico, quali la salvaguardia della verginità o di carattere igienico-sanitario (verrebbero asportate le parti “sporche”) analoghe a quelle previste per la circoncisione maschile.

I soggetti attivi delle MGF

Sono le donne a compiere l’operazione, donne “prestigiose” nell’ambito comunitario, anche parenti, ma generalmente incompetenti nella tecnica chirurgica, utilizzano infatti strumenti rudimentali improvvisati quali coltelli, rasoi, spine, pezzi di vetro.

Nelle città africane le mutilazioni dell’apparato genitale e riproduttivo vengono eseguite da personale dotato di una certa qualificazione professionale nelle strutture ospedaliere.

In Europa l’intervento può essere effettuato o da un medico o da esperte del rito, ma devono provenire dalla stessa area geografica della paziente e della sua famiglia. Si registra il ricorso da parte di gruppi familiari economicamente avvantaggiati a strutture di chirurgia estetica.

Terapie necessarie

Le donne lesionate devono essere assistite in modo adeguato sia per la qualità sia per il tempo della cura. Non è ancora diffusa la specializzazione per la terapia di recupero e contenimento dei danni provocati dall’amputazione.

In Austria e Germania è da segnalare l’attenzione per questa particolare patologia che è entrata a far parte delle discipline di studio curriculari necessarie alla formazione di medici ed ostetriche (in Austria).

La “deinfibulazione” (possibilità di ripristinare l’apparato genitale togliendo la sutura) non è operazione di per sé complicata dal punto di vista chirurgico, ma richiede una specifica professionalità psicologica-culturale per integrare la terapia.

Incidenza dei principi religiosi

I “racconti” attribuiti al Profeta (hadith) relativi alla cosiddetta circoncisione femminile (pratica o procedura in esame) – in arabo khafd[14] – risultano presso la dottrina piuttosto controversi.

L’analisi verte su tre hadith considerati di un certo rilievo: il primo riguarda l’osservanza di prescrizioni igieniche da adottare dopo i rapporti sessuali, il secondo affronta il tema limitandosi a determinare l’estensione del taglio.

In questo secondo detto (tramandato come il racconto del circoncisore) viene sancito dal Profeta il divieto dell’infibulazione (anche denominata circoncisione faraonica per la sua diffusione ed origine egiziana), l’unica modalità di incisione rituale femminile consigliata è l’escissione in caso di necessità. L’esclusione dell’infibulazione e la riserva prevista per l’escissione (ammessa solo qualora per motivi sociali o familiari si renda inevitabile) rientra nell’ambito delle ipotesi interpretative non condivise. Tuttavia l’hadith mantiene una valenza orientativa in quanto sostiene per bocca del Profeta la moderazione nell’intervento non definitivo tale da provocare l’eliminazione dei genitali né così invasivo da compromettere la funzionalità dell’apparato.

La terminologia dell’hadith (l’escissione non deve essere eccessiva né distruttiva) è stata utilizzata per sostenere tesi contrastanti: per molti giurisperiti è logica la proibizione categorica delle pratiche di sutura, mentre per altri si accentua il parere favorevole per l’escissione, infine non sono mancati studiosi “progressisti” che hanno rilevato una certa distanza dalla circoncisione tollerata e ridimensionata, non certo consigliata. Non pare irrilevante a questa corrente di pensiero il fatto che nel Corano non viene fatta menzione di donne circoncise.

Il terzo hadith rende onore all’usanza del tutto rispettabile e garanzia per la dignità ed il valore delle musulmane. Sull’efficacia di questo hadith si scontrano diversi punti di vista: parte della dottrina ne sostiene la debolezza, data l’incompletezza della catena dei trasmettitori, parte adduce la continuità del processo comunicativo e assegna autenticità al contenuto del brano (l’hadith forte imporrebbe la circoncisione alle credenti).

La validità degli hadith si dispiega a seconda che sia possibile ricostruire fino al profeta la genealogia dei giusti e devoti ricevitori del messaggio ispirato. Se vi sono lacune nei passaggi o se qualcuno degli affidanti – affidatari risulta indegno, il detto pervenuto perde o attenua la forza, l’effettività propria di una fonte giuridico-religiosa. L’intesa dottrinaria manca anche per altre sorgenti di produzione normativa, quali (oltre al Corano e agli hadith) l’ijitihad – il responso dall’ijma (l’unanime adesione della comunità al parere) e dal qiyas (il metodo analogico applicato ai casi non direttamente contemplati).

In conclusione, per autorevoli studiosi le MGF sono precetti vincolanti ed ineludibili, per altri solo pratiche consigliate ma non imposte, infine per un numero crescente di muftì sono da scoraggiare.

Quest’ultima e significativa posizione viene suffragata dalla non rispondenza della circoncisione/escissione ai valori affermati nel Corano, quali l’integrità ed il benessere psicofisico del corpo, dono di Dio, da restituire nelle migliori condizioni possibili. L’emancipazione dalla sofferenza fisica (hurma), il divieto di procurare ad altri lesioni e sofferenze (la darar wa la darar) sono corollari dei principi affermati nel testo ispirato.

Nel 1997 la Corte Suprema egiziana ha vietato nel paese l’esercizio indiscriminato delle pratiche in questione con un provvedimento amministrativo-giudiziario (ordinanza) basandosi sull’inattendibilità – rilevata da una minoranza coraggiosa delle autorità religiose – delle fonti ufficiali al riguardo. Il diritto della donna ad un’esistenza libera dal dolore fisico si fa strada nella ricerca dottrinaria non senza contrasti e risulta difficilmente conciliabile con i riti della cosiddetta circoncisione femminile.

Numerose sono state le conferenze interafricane che sono intervenute sulla questione, a titolo esemplificativo si ricorda quella tenutasi ad Arusha in Tanzania nel 2000 in cui le guide religiose dei paesi partecipanti hanno concluso a favore della donna, enunciando sia la non obbligatorietà religiosa delle MGF sia la violazione dei diritti umani di donne e bambine perpetrata da tali interventi[15].

Analoghe condanne e riserve vengono esposte in Ciad nel 2002, in Senegal, in Guinea da autorità spirituali, in Mauritania viene consigliata competenza sanitaria nell’esecuzione moderata delle MGF.

Questi orientamenti umanitari vengono avversati dai tradizionalisti più accaniti. La resistenza tenace al cambiamento suggerisce l’adozione di passaggi graduali per non interferire – con un’opposizione intransigente – sulle donne maggiormente esposte alle ritorsioni sociali.

Nel 1994 in Egitto la rivolta dei religiosi contro il tentativo del governo di rendere illegittime le MGF è sintomo della complessità del fenomeno. Una perentoria fatwa dello sceicco Jad Al-Haqq focalizzava il terreno dello scontro tra fondamento della sicurezza identitaria e l’insopprimibile esigenza di adeguamento alla contemporaneità. Secondo la sentenza dello sceicco la circoncisione femminile e maschile è vincolante. Se si fosse verificata in un villaggio una defezione collettiva, l’imam doveva punire i trasgressori con la pena prevista per l’inosservanza dell’obbligo della preghiera.

FONTE: © afrol News Afrol Archives Based on UN agencies, Amnesty, US govt – http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf


Riferimenti bibliografici:

[1] https://www.adnkronos.com/cronaca/lecce-infibulazione-su-bimba-di-8-anni-la-scoperta-dopo-ricovero-in-ospedale_30h3s8e5RJnnlEDS1oYyOs

[2] OMS 1998 definizione riportata nella relazione di Lidia Calderoli Cicatrici significative. Un approccio antropologico alle tecniche di modifica permanente del corpo dal convegno tenutosi nel 2007 e riportato nel sito www.socpol.unimi.it Nicola Pasini (a cura di), Mutilazioni genitali femminili: riflessioni teoriche e pratiche – Il caso della regione Lombardia, Milano, Regione Lombardia – Fondazione ISMU, 2007

[3] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf

[4] www.emmabonino.it/campagne/stopfgm/cosa_sono.php 

[5] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf

[6] www.emmabonino.it/campagne/stopfgm/cosa_sono.php

[7] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf

[8] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf

[9] www.emmabonino.it/campagne/stopfgm/cosa_sono.php

[10] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf

[11] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_769_allegato.pdf

[12] www.emmabonino.it/campagne/stopfgm/cosa_sono.php

[13] http://www.amnesty.it

[14] http://www.araba.it/wordsdiclist.asp?cmd=reset

[15] IAC Comitato Inter-Africano, Report on Follow-up Symposium for Religious Leaders on Violence against Women with Emphasis on FGM, Arusha (Tanzania) 20 – 22 agosto 2000, IAC, Addis Abeba (Etiopia). Il primo simposio era stato organizzato a Banjul (Gambia) nel 1998

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