Le improvvise dimissioni
Il 5 agosto, in seguito ad estese manifestazioni contro l’amministrazione statale, il Primo Ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, ha rassegnato le sue dimissioni, ponendo fine al suo secondo mandato iniziato nel 2009, dopo aver già guidato il governo dal 1996 al 2001. Un tempo lodata come simbolo di resistenza democratica contro le precedenti dittature militari, negli anni la reputazione di Hasina ha subito un netto declino. Molti la percepiscono ora come una figura autoritaria ed un pericolo per la democrazia nazionale, secondo quanto affermato da critici locali ed osservatori internazionali.
Successivamente alla sua rinuncia al potere, Hasina ha abbandonato la capitale, Dacca, utilizzando un elicottero militare; durante la sua partenza, migliaia di dimostranti circondavano la sua residenza ufficiale. Secondo quanto riportato da fonti quali India Today e CNN-News18, l’ex Primo Ministro è arrivata a New Delhi, India, insieme alla sorella, con previsioni di un suo prossimo trasferimento a Londra.
Parallelamente, il generale Waqar-uz-Zaman, comandante dell’esercito, ha confermato l’avvio di una transizione politica e ha annunciato che sarà presto istituito un governo provvisorio.
La storia politica di Sheikh Hasina
Sheikh Hasina, che ha ora 76 anni, è la figlia maggiore di Sheikh Mujibur Rahman, il fondatore della nazione del Bangladesh, che dichiarò l’indipendenza dal Pakistan nel 1971. Suo padre, leader della Lega Awami, un partito progressista, assunse le cariche di primo ministro ed in seguito di presidente del Bangladesh. La sua carriera si interruppe tragicamente nell’agosto del 1975, quando fu rovesciato ed ucciso insieme a molti membri della sua famiglia nel corso di un colpo di stato militare, stimolato da preoccupazioni inerenti atteggiamenti volti sempre più all’autoritarismo.
Quando un gruppo di ufficiali militari assassinò i suoi genitori, tre fratelli ed alcuni domestici, Hasina aveva 27 anni e si trovava in Germania con la sorella minore. Questo drammatico episodio l’ha spinta verso la carriera politica, secondo quanto osservato da Avinash Paliwal, professore di relazioni internazionali dell’Asia meridionale all’Università SOAS di Londra.
Successivamente all’assassinio dei suoi genitori, Hasina visse in esilio in India per diversi anni. Nel frattempo, il Bangladesh fu teatro di numerosi colpi di stato che portarono al potere Ziaur Rahman, fondatore del Partito Nazionalista del Bangladesh (BNP). Sotto la sua leadership, il paese si distaccò dai principi di laicità statali, cari al padre di Hasina, abbracciando l’Islam come fondamento della nuova costituzione, riflettendo così la prevalenza musulmana nella popolazione. Anche Ziaur Rahman venne ucciso durante un colpo di stato nel 1981.
Durante i suoi anni universitari, Hasina fu molto attiva nella scena politica, partecipando ai movimenti studenteschi, inclusi quelli femminili, e nel frattempo si sposò con un noto fisico nucleare del Bangladesh, da cui ebbe due figli.
Tornata in patria, Hasina divenne presidente della Lega Awami negli anni ’80, un decennio caratterizzato da instabilità politica e numerosi golpe militari; in questo periodo, Hasina fu incarcerata diverse volte. Con il ritorno alla normalità costituzionale negli anni ’90, nacque una forte competizione tra Hasina e Khaleda Zia, leader del Partito Nazionalista del Bangladesh (BNP): le due si alternarono al governo, acuendo le divisioni politiche nel paese.
Hasina, sostenitrice di una politica moderata e laica, criticava il BNP per il suo presunto estremismo e la collaborazione con partiti islamici; in risposta, il BNP accusò la Lega Awami di aver impiegato la repressione per tornare al potere. Dopo che Khaleda Zia, moglie del defunto Ziaur Rahman, vinse le elezioni del 1991, Hasina trionfò in quelle del 1996, e Zia in quelle del 2001, segnando un periodo di grande instabilità, marcato da scioperi ed attacchi terroristici.
Nel 2007, poco prima delle elezioni, un governo provvisorio supportato dall’esercito arrestò Hasina nella sua residenza con accuse di estorsione, che lei denunciò come parte di un complotto per escluderla dalla competizione elettorale. Facendo una scelta tra l’esilio e la prigione, Hasina scelse di rimanere, dichiarando di voler combattere per la democrazia ed i diritti del suo popolo.
Undici mesi dopo il suo rilascio nel 2008, fu rieletta come Primo Ministro; successivamente, mantenne la sua posizione fino al 2014, nonostante un contesto di gravi disordini e diffuse accuse di frode elettorale. Fu poi confermata nuovamente nel dicembre del 2018, un’elezione dalla quale i partiti di opposizione si ritirarono, causando un’affluenza alle urne ridotta al 22 percento. La maggior parte dei seggi fu conquistata dal suo partito, in un clima elettorale teso, segnato da violenze ed intimidazioni, che portarono a 19 vittime, oltre a numerosi feriti ed arresti arbitrari da parte delle forze di polizia.
Durante gli ultimi quindici anni, sotto la guida di Hasina, il Bangladesh ha registrato notevoli progressi economici: sono state realizzate importanti infrastrutture, quali autostrade, linee ferroviarie e porti, e si è esteso l’accesso all’energia elettrica anche nelle zone più isolate. L’industria tessile è cresciuta fino a posizionarsi tra le più competitive del mondo ed il reddito pro-capite è triplicato nell’ultimo decennio. Tali sviluppi economici hanno facilitato altri progressi significativi, come l’uguaglianza di accesso all’istruzione tra i generi, il miglioramento delle condizioni lavorative per le donne e, secondo dati della Banca Mondiale, l’uscita dalla povertà di oltre 25 milioni di persone, in un paese che conta più di 170 milioni di abitanti.
La visione di Sheikh Hasina della politica estera
Nell’ambito della politica internazionale, Sheikh Hasina, si è distinta per la sua capacità di gestire con equilibrio le relazioni con potenze contrapposte come l’India e la Cina. Parallelamente, ha consolidato i rapporti con la Russia, mantenendo un dialogo aperto con i leader occidentali nonostante le loro critiche relative all’invasione russa dell’Ucraina. Un esempio emblematico del suo approccio accogliente è stato il suo impegno nel 2017, quando il Bangladesh aprì le porte ai rifugiati Rohingya in fuga dalle persecuzioni in Myanmar, un gesto che ricevette ampi consensi internazionali. Tuttavia, le successive politiche adottate dal suo governo riguardanti i rifugiati hanno suscitato controversie.
Nonostante questi successi in politica estera, il governo di Hasina è stato oggetto di critiche interne, in particolare per una presunta erosione della democrazia e dei diritti umani nel paese. Si è osservato un aumento dell’autoritarismo, con arresti di numerosi esponenti del Bangladesh Nationalist Party (BNP) su basi ritenute poco solide, oltre ad una repressione generalizzata nei confronti dei sostenitori dell’opposizione, che si sono mobilitati in proteste contro le politiche governative.[1]
Il governo provvisorio
Il generale Waqar-uz-Zaman ha recentemente dichiarato durante un’intervista televisiva che il Bangladesh sta per istituire un governo provvisorio, senza però chiarire chi ne sarà il leader. Data la richiesta recente al militare di reprimere le proteste, si prevede che l’esercito avrà un ruolo chiave in questo periodo di transizione politica. La storia politica, spesso segnata da colpi di stato e governi militari, testimonia l’importante impatto delle forze armate nella gestione del paese.[2]
Secondo Mubashar Hasan, un esperto di Bangladesh presso l’Università di Oslo, intervistato dalla BBC, ci sono tre attori principali nei prossimi negoziati per stabilire un governo provvisorio: le forze armate, i leader delle proteste studentesche ed i vari gruppi della società civile attualmente mobilitati. Hasan ha espresso fiducia nel fatto che l’attuale periodo di incertezza non sarà prolungato, attribuendo questa previsione alla determinazione ed all’acume politico dimostrato dagli studenti.[3]
Riferimenti bibliografici:
[1] https://www.ilpost.it/2024/08/05/chi-e-sheikh-hasina-lormai-ex-prima-ministra-del-bangladesh
[2] https://www.ilpost.it/2024/08/06/bangladesh-futuro-dimissioni-sheikh-hasina-governo-militari