Abdul Malik Al-Houthi, capo di Ansarallah, ha recentemente criticato gli Stati Uniti, accusandoli di manovre sovversive e ha esortato ad interrompere tali azioni per preservare la stabilità dello Yemen ed il benessere economico del paese. Al-Houthi guida una milizia attiva dal nord dello Yemen, impegnata nella guerra civile dal 2015 contro una coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Da novembre, il suo gruppo ha evidenziato la propria potenza militare perturbando il traffico marittimo nell’Indo Mediterraneo attraverso il Mar Rosso.
Il leader di Ansarallah ha anche rivolto un appello diretto ai vertici sauditi, enfatizzando l’importanza del delicato cessate il fuoco che persiste tra il suo gruppo e Riad in un Medio Oriente costantemente turbato da divisioni e conflitti. Questo accordo rappresenta uno dei rari segnali positivi in una regione altrimenti caratterizzata da instabilità, suscettibile di esacerbarsi ulteriormente con l’aumento delle tensioni tra la Striscia di Gaza ed il Libano.
Gli Houthi hanno esteso il loro campo d’azione nel Mediterraneo, affermando di agire in solidarietà con i palestinesi ed in rappresaglia contro Israele. Tale espansione potrebbe tradursi in operazioni militari più elaborate ed estese, specie se le tensioni tra Israele e Hezbollah dovessero sfociare in un conflitto aperto. Le milizie libanesi, quelle yemenite ed i gruppi palestinesi formano parte di ciò che viene definito l’“Asse della Resistenza”, un’alleanza di entità politico-militari.
La crescente tensione nelle relazioni con l’Iran e le strategie geopolitiche nel Medio Oriente stanno al centro di una serie di riunioni strategiche a Washington, dove ministri degli Esteri di nazioni quali Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Giordania, Egitto, Tunisia ed Israele sono stati invitati per un summit della NATO. La discussione si estenderà anche alle problematiche regionali causate dalle attività degli Houthi. In questo contesto, le flotte delle missioni europee ed anglo-americane stanno attuando operazioni congiunte nel Mar Rosso e Mar Arabico, volti a neutralizzare miliziani equipaggiati con droni e missili, analoghi a quelli impiegati dalla Russia in Ucraina, delineando l’area indo-mediterranea come un banco di prova per tattiche militari ed una sfida alla stabilità regionale aggravata da attori non statali sostenuti da nazioni rivali.
Un esponente di spicco degli Houthi ha manifestato una ferma resistenza all’intensificarsi delle tensioni, puntando il dito contro le politiche americane e rivendicando il diritto di contrapporsi ad ogni forma di aggressione. Ha inoltre messo in guardia su come un ulteriore coinvolgimento potrebbe sollecitare una reazione ancor più forte e ha suggerito di non dipendere dagli americani, etichettandoli come inaffidabili. La principale preoccupazione degli Houthi rimane quella che l’escalation nel Mar Rosso possa esacerbare le ostilità contro di loro, compromettendo così la stabilità del commercio internazionale.
Dall’altra parte, l’Arabia Saudita si trova in una posizione delicata, combattuta tra boicottare o supportare gli Stati Uniti. L’incremento di potere degli Houthi, reso evidente dalla loro capacità di deviare le rotte commerciali internazionali, potrebbe complicare ulteriormente le trattative sul futuro dello Yemen, un aspetto di cruciale importanza per la sicurezza nazionale saudita ed il suo peso geopolitico. Il leader yemenita ha fortemente criticato la strategia saudita, descrivendola come irrazionale ed inaccettabile, sollecitando il regno a rivedere la propria linea di condotta.
Il leader degli Houthi ha recentemente messo in luce come gli Stati Uniti abbiano sollecitato il regno saudita ad adottare misure più aggressive nei confronti del loro movimento, evidenziando la programmazione di incontri tra funzionari americani e sauditi come indicazione di queste pressioni. Queste dichiarazioni sono state motivate dalla decisione di varie banche saudite di bloccare i trasferimenti di fondi verso lo Yemen e dalla conseguente chiusura dell’aeroporto di Sanaa, azioni che hanno impedito i voli e che gli Houthi hanno percepito come atti di ostilità.
Il leader ha inoltre espresso preoccupazione per un possibile coinvolgimento più profondo dell’Arabia Saudita in un conflitto di ampio respiro, fomentato dagli Stati Uniti, che potrebbe riportare la tensione ai livelli più alti visti in passato tra gli Houthi ed i sauditi. Ha lodato la resistenza ed il sacrificio del suo popolo, che, nonostante le avversità, continua a dare priorità alla causa palestinese. Ha anche criticato aspramente i media sauditi, accusandoli di parteggiare apertamente per gli interessi israeliani, compromettendo così la loro obiettività.
Il governo saudita mantiene in detenzione diversi affiliati di Hamas, ritenendo che le loro attività siano in contrasto con gli interessi nazionali. Recentemente, è stata proposta un’operazione di scambio tra prigionieri di Hamas e piloti sauditi catturati, ma la proposta è stata rifiutata da Riad, che ha preferito perseguire altre priorità. Queste dichiarazioni potrebbero aumentare le tensioni all’interno dell’Arabia Saudita, poiché una parte significativa della popolazione supporta una posizione più favorevole verso i palestinesi. Questo elemento complica ulteriormente il processo di normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita ed Israele, nonostante l’erede al trono, Mohammed bin Salman, mostri attenzione verso il parere pubblico. Inoltre, l’escalation di pressione da parte degli Houthi sta mettendo a dura prova la sostenibilità della strategia saudita nella regione.
Riferimenti bibliografici:
https://formiche.net/2024/07/houthi-minacciano-ancora-i-sauditi
Una risposta
Complimenti ad Arianne Ghersi per questo interessantissimo reportage