La notizia dei risultati finali delle elezioni parlamentari in Pakistan, emersi l’11 febbraio dal conteggio dei voti, ha sorpreso molti. Queste elezioni hanno definito la nuova composizione della camera bassa del Parlamento, che avrà il compito di eleggere il futuro primo ministro. Contro ogni previsione, i sostenitori dell’ex primo ministro Imran Khan, che attualmente si trova in stato di detenzione, hanno riportato un successo notevole. Questi, affiliati al suo Movimento per la Giustizia (PTI), sono stati costretti a presentarsi come candidati indipendenti a causa di una decisione della Corte Suprema che ha vietato l’uso del simbolo del partito.
Nonostante le sfide legali e le mosse politiche viste da molti come tentativi di sopprimere il PTI e la sua influenza, i candidati indipendenti hanno assicurato 101 seggi, di cui 93 andati a coloro che sono vicini a Khan. Questo risultato è stato particolarmente inaspettato dato il contesto di tensioni politiche e l’incarcerazione del leader più rappresentativo del partito.
Il secondo posto è andato alla Lega Musulmana del Pakistan (PML-N) dell’altro ex primo ministro Nawaz Sharif, che ha ottenuto 73 seggi, nonostante fosse il favorito alla vigilia delle elezioni; Sharif ha dichiarato di aver vinto, enfatizzando come il suo partito abbia ottenuto il maggior numero di voti in termini assoluti. Il Partito Popolare del Pakistan (PPP) si è piazzato al terzo posto con 54 seggi, consolidandosi come una delle principali forze politiche del paese.
Nella recente tornata elettorale in Pakistan, né il Movimento per la Giustizia guidato da Imran Khan né la Lega Musulmana guidata da Nawaz Sharif sono riusciti ad ottenere una maggioranza parlamentare, che si sarebbe concretizzata con l’acquisizione di 169 seggi. La struttura del parlamento pakistano prevede 336 seggi, di cui 266 sono assegnati direttamente attraverso il voto popolare. I restanti 70 seggi, riservati a donne e minoranze non musulmane, vengono distribuiti in base ai risultati elettorali, ma i candidati vicini a Khan, essendosi presentati come indipendenti, non possono beneficiare di questa ripartizione, mettendo a rischio il loro vantaggio iniziale.
La formazione del prossimo governo sembra pertanto dipendere dalla capacità di stringere alleanze. Tra le speculazioni emerse, Al Jazeera ha suggerito la possibilità di un accordo tra il PTI e il Majlis Wahdat-e-Muslimeen, una formazione sciita minore ma affine alle politiche di Khan. Il PTI ha escluso collaborazioni con i principali partiti avversari, mantenendo un’atmosfera di incertezza politica.
Nel periodo antecedente le elezioni, il PTI ha affrontato diverse restrizioni da parte delle autorità, inclusa la limitazione della campagna elettorale per alcuni dei suoi membri, la censura mediatica ed il blocco intermittente dell’accesso ad internet, mirato ad impedire la diffusione dei comizi del partito. La prolungata durata dello spoglio elettorale, estesa per più di tre giorni, ha provocato proteste da parte dei sostenitori di Khan, che hanno accusato il governo di tentare di alterare l’esito del voto.[1]
Imran Khan ha segnato un capitolo importante nella storia politica del Pakistan annunciando i risultati favorevoli dei suoi candidati mediante un innovativo video generato dall’intelligenza artificiale, una scelta forzata dovuta alla sua reclusione riconducibile a divergenze con l’attuale esecutivo, che ha cercato di limitare le attività dell’opposizione. Parallelamente, il Primo Ministro Nawaz Sharif ha rivendicato i propri successi, rendendo ancora più complesso il contesto politico nazionale.
L’iniziativa di Khan rappresenta un precedente unico: un leader politico detenuto che si avvale dell’IA per annunciare una vittoria elettorale, evidenziando la capacità di adattarsi e superare le barriere imposte. Il clima elettorale si è distinto per la sua tensione, con reciproche accuse di manipolazione e l’uso discutibile dell’intelligenza artificiale a fini di disinformazione, il tutto culminato in violenze che hanno causato 50 vittime.
Contrastando questo scenario tumultuoso, il generale Syed Asim Munir, leader delle forze armate del Pakistan, ha espresso apprezzamento per la conduzione efficace delle elezioni, sottolineando l’importanza di una leadership stabile per navigare in un periodo caratterizzato da disordine e fratture sociali. Il generale ha posto l’accento sul fatto che le elezioni non dovrebbero essere viste come una mera competizione, ma piuttosto come un veicolo per riflettere ed attuare la volontà del popolo. Ha altresì invitato i leader politici a mettere da parte gli interessi personali per dedicarsi collettivamente alla governance ed al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, indicando questo percorso come essenziale per consolidare la democrazia. Questa posizione è vista da alcuni come un tentativo di tracciare una nuova direzione politica, intesa a mantenere una posizione di preminenza per l’esercito all’interno del panorama politico del paese.
Le elezioni recentemente concluse in Pakistan segnano un punto di svolta per l’equilibrio geopolitico dell’area, in virtù della posizione strategica del Paese e del suo potenziale nucleare. Il Pakistan confina con nazioni di rilievo come Afghanistan, India, Cina ed Iran, ed è un attore chiave nelle dinamiche politiche dell’Asia, anche grazie al suo coinvolgimento nell’iniziativa Belt & Road della Cina. Sebbene sia un partner degli USA nella lotta al terrorismo, il Paese suscita perplessità a causa dei suoi rapporti con organizzazioni jihadiste.
Il nuovo esecutivo si confronta con una serie di sfide interne di notevole entità. Al primo posto c’è la necessità di rilanciare un’economia in crisi, con problemi di carenza di valuta estera, debito pubblico elevato, crescita ridotta ed alta inflazione. Le riforme da attuare sono molteplici e riguardano ambiti diversi, dal sistema fiscale a quello giudiziario, dall’educazione alla sanità, tutti afflitti da inefficienze e corruzione. Questi interventi sono fondamentali per affrontare questioni come povertà, disuguaglianza, disoccupazione ed analfabetismo. Altrettanto cruciale è la questione della sicurezza, con la lotta a violenza, separatismo e criminalità organizzata che resta prioritaria per assicurare la stabilità del Paese.[2]
Il Belucistan, una regione chiave situata lungo il confine occidentale del Pakistan, è stato teatro di due devastanti attacchi il mercoledì 7 febbraio, che hanno suscitato profonda preoccupazione a livello nazionale. L’incidente più grave si è verificato vicino al distretto di Pishin, a breve distanza dalla capitale provinciale, Quetta, dove una potente deflagrazione ha stroncato la vita di quattordici persone e ne ha ferite altre trenta. Il bersaglio dell’attentato sembra essere stato l’ambiente circostante l’ufficio di Asfandyar Kakar, un candidato che si presentava come indipendente alle elezioni parlamentari previste per il giorno seguente. Le prime indagini indicano come la bomba sia stata abilmente celata in una motocicletta posizionata non lontano dall’ingresso dell’ufficio, informazione confermata da rappresentanti delle autorità locali.
Un ulteriore attacco ha scosso la zona adiacente alla sede del Jamiat Ulema-e-Islam, formazione politica a carattere confessionale, nel distretto di Qila Saifullah, mietendo altre dodici vittime. Queste violenze hanno riacceso i riflettori sulle problematiche di sicurezza e sulla fragile situazione politica del Pakistan, specialmente in aree delicate come il Belucistan, in un momento così critico come quello antecedente alle elezioni.[3]
[1] https://www.ilpost.it/2024/02/11/pakistan-elezioni-imran-khan-pti/
[2] https://formiche.net/2024/02/pakistan-khan-vittoria-ai-sangue-scontri/
[3] https://formiche.net/2024/02/due-attacchi-terroristici-aprono-le-elezioni-parlamentari-in-pakistan/