Afghanistan oggi: Arianne Ghersi intervista Farhad Bitani

Nella complessità degli avvenimenti di cui è protagonista il Medio Oriente, del sovrapporsi di notizie e di scenari, è responsabilità di un analista attingere il più possibile alle fonti primarie al fine di fornire un prospetto ampio e non mediato da terzi delle notizie. Ciò include dare voce a chi, indipendentemente dalla propria posizione in merito ad un fatto, ne sia stato o diretto testimone o comunque profondo conoscitore del luogo, della sua storia e della sua popolazione.

Farhad Bitani: scrittore ed imprenditore, ex capitano dell’esercito afghano

È emersa la notizia secondo cui i Talebani avrebbero vietato alle donne di parlare in pubblico. Purtroppo è solo l’ultima delle tante limitazioni imposte al genere femminile. Quale è la condizione reale delle donne in Afghanistan?

Le notizie che ci giungono dall’Afghanistan sono totalmente diverse dalla realtà e ciò si riscontra negli ultimi quarant’anni. Negli ultimi venti anni abbiamo creduto che fosse stata instaurata la democrazia, le donne fossero libere, le forze occidentali avessero portato la pace, fossero stati investiti 400 miliardi di dollari finalizzati alla ricostruzione del paese e che le scuole fossero aperte. Tutte le notizie lette negli ultimi venti anni sono false e ciò è da ricondurre al fatto che esse fossero diffuse in funzione di corroborare l’azione prima dei mujaidin, successivamente è intervenuto l’occidente ed i venditori di armi, fino all’arrivo dei talebani. Quando questi ultimi hanno preso il potere la prima volta, i mujaidin sono quasi tutti scappati (Turchia, Italia, Stati Uniti, Francia, ad esempio); fuggendo hanno lasciato in patria ingentissime risorse economiche che i talebani hanno investito, nel corso dei primi tre anni al potere, per finanziare la loro propaganda mediatica. Purtroppo i giornalisti non sono tutti preparati, quelli che lo sono meno cadono in retoriche e conversazioni banali che tendono a corroborare le false informazioni.

Voglio sottolineare con convinzione e fermezza, senza margine di indecisione, il mio odio verso i talebani. La mia famiglia, io stesso, siamo stati perseguitati.

La realtà, però, è un’altra: alcune mie cugine che vivono ancora in Afghanistan mi hanno confermato che percorrono le vie pubbliche senza dover indossare il burqa; nessun cambiamento è stato attuato rispetto al governo precedente in cui governava Karzai o comunque durante il periodo della presenza occidentale. La notizia secondo cui alle donne, addirittura, non sia possibile parlare in pubblico è falsa. Ciò è compiuto con la finalità di condurre l’opinione pubblica a provare sconcerto, ma l’unico dato di realtà è la condizione scolastica: le donne non possono andare a scuola oltre il settimo anno. Questo è il problema principale a cui i talebani devono far fronte ed il motivo, come spesso si dice, non è certo di natura religiosa: l’Islam esorta sia uomini che donne ad imparare e, quindi, a frequentare le scuole perché ciò sia possibile.

I talebani hanno posto questo limite per far sì che siano sbloccate le ingenti risorse economiche depositate negli istituti di credito statunitensi; il governo talebano vuole “mercanteggiare concettualmente” un diritto per far sì che si concretizzi uno “scambio di favori” come avvenuto nel 2021 in Qatar. Sottolineo: lo scambio prevede risorse economiche in cambio della libertà di studiare per le donne.


La fuga delle forze occidentali dall’Afghanistan risale all’estate 2021. Com’è strutturato oggi lo stato afghano? Quale è la suddivisione dei poteri all’interno del paese?

La situazione dell’Afghanistan è molto complicata paragonando i venti anni di “democrazia” ed i tre di governo talebano.

Sotto tanti aspetti l’Afghanistan è migliorato ed in altrettanti è peggiorato. Perché porre a confronto le due situazioni? Il miglioramento risiede nel fatto che la democrazia imposta non lo era effettivamente in quanto, in quel periodo, ingentissime risorse venivano investite in armi ed altre così incautamente gestite da “gonfiare le tasche” di presunti ministeri, capi mujahedin e le loro famiglie. La guerra la si percepiva nel paese ed infatti erano “all’ordine del giorno” le gesta di un attentatore suicida e venivano uccisi militari appartenenti a tutti gli eserciti presenti. La differenza risiedeva nel fatto che le donne potessero dirsi “libere”, ma ciò nei fatti avveniva solo a Kabul; certo ciò non era “voluto” dagli afghani o dai governanti, ma la presenza americana aveva garantito il cambiamento di ruolo di taluni personaggi (anche semplici poliziotti) e questo si riverberava automaticamente sulla visione del contesto. Il tasso di corruzione, però, era il più alto che si fosse mai verificato: non da parte degli americani, dato che si occupavano della mera elargizione, ma da parte del governo afghano stesso. Riferendomi a “governo afghano” faccio generico riferimento sia a Karzai che a Ghani, ma è doveroso tener conto che tali autorità non avevano effettiva “presa” su tutto il territorio nazionale. L’occidente, al culmine del suo operato, poteva controllare circa il 70% della nazione, ma ciò, anno dopo anno, ha progressivamente iniziato ad affievolirsi. Nel 2020 si può approssimativamente stimare che l’occidente controllasse circa il 40% dell’Afghanistan, il restante 60% era già amministrata autonomamente dai talebani. Inoltre erano presenti un numero importante di gruppi e sottogruppi che, per rivalità, portavano spesso alla paralisi cittadina; da questa dinamica antagonista non erano certo “esenti” neanche singoli ministri od autorità. Alle diatribe politiche si aggiungevano, come è noto, le considerazioni di natura “etnica” (pashtun, tagiki e molti altri ancora).

Ad oggi i talebani hanno il pieno controllo dell’Afghanistan ed è la prima volta che ciò avviene negli ultimi quarant’anni della storia del paese.

I talebani hanno un forte carattere distintivo rispetto al passato e ciò risiede, nonostante nessuno al mondo li “aiuti”, nel loro patriottismo (sia che si voglia dare un’accezione negativa o positiva a questo termine) e rispondono fedelmente alle direttive dei leader, senza esitazione e senza mettere in discussione le scelte poste in essere (cariche comprese). Inoltre, controllando la totalità del territorio, non sono più presenti gruppi che rivaleggiano e che conducevano ad episodi di criminalità nelle strade; quanto descritto porta ad una forte sicurezza per l’incolumità delle persone ed il rispetto dei beni (anche privati).

Ribadisco che ciò lo sta esprimendo una persona fortemente contraria a questo governo.

Alla luce di ciò esorto affinché non si lasci cadere nel dimenticatoio l’Afghanistan: l’Occidente deve sedersi al tavolo delle trattative con i talebani, dato che ormai hanno potere assoluto. È importante ricordare come gli armamenti americani (per un ammontare di circa 80 miliardi di dollari) sono rimasti in Afghanistan e quindi di proprietà talebana; inoltre lo stato è ormai strutturato (e consolidato) in ministeri che fanno capo ad un Parlamento (religioso).

Il popolo afghano, per la stragrande maggioranza, vive oggi un’esistenza tranquilla; l’unica azione negata ai cittadini è “andare contro” il governo e le scelte da esso compiute.

È impossibile stabilire un “meglio” od un “peggio”, l’unica azione che l’Occidente può compiere è impegnarsi perché i diritti delle donne siano rispettati. Rispetto ai venti anni precedenti si può dire che il miglioramento sia stato la totale cessazione di azioni suicidarie atte a colpire la popolazione inerme.


Quali sono i paesi esteri che oggi influenzano la politica interna ed estera afghana? In che modo?

Dalla nascita del moderno Afghanistan, il paese è sempre stato influenzato dalle nazioni limitrofe sia per quanto concerne la politica interna che quella estera. Ciò si è potuto verificare perché la posizione dell’Afghanistan è strategica: nel cuore dell’Asia, confina con paesi economicamente importanti (come la Cina), soggetta agli interessi russi e, successivamente, americani, ma di prioritario interesse anche per l’Iran ed il Pakistan, anch’essi confinanti.

Tutto quanto avvenga a livello internazionale ha sempre avuto un impatto decisivo nel paese: ad esempio, la conquista britannica dell’India o l’intervento americano/europeo in Afghanistan ha fatto sì che l’Occidente fosse a diretto contatto con il Pakistan. Inoltre, come è noto, si è osservato uno scontro di potenze tra Russia ed USA ma, indubbiamente, l’Iran poteva dirsi contrario alla presenza statunitense. Si può quindi affermare che i paesi confinanti hanno sempre condizionato l’Afghanistan e tale condotta li ha resi responsabili della morte di 3 milioni di afghani e del perdurare di una guerra trascinatasi per quarant’anni.

A conferma di ciò si può valutare l’esempio dell’Iran che non ha mai voluto che l’Afghanistan fosse autonomo data la presenza di almeno dieci partiti sciiti nel paese: Teheran ha sempre sostenuto sia in termini economici che di armamenti i ribelli – rivoltosi – gruppi in genere chiamati a creare disordine interno. Il Pakistan non si è certo contraddistinto per condotte differenti.

I paesi che hanno condizionato l’Afghanistan hanno usato in modo sapiente le divisioni etniche del paese, armando ciclicamente differenti personaggi: per la tribù Pashtun prendevano a riferimento Gulbuddin Hekmatyar, il Tagikistan si affidava a Masʿūd per contrastare l’influenza dell’Uzbekistan.

Gulbuddin Hekmatyar

Tra tutti i paesi menzionati, però, si può affermare con convinzione che il più dannoso sia il Pakistan, capace di influenzare quanto avviene lungo la linea Durand ed esercitando forte controllo dalle città di Peshawar e Quetta. Queste intromissioni sono dovute ad aspirazioni di carattere economico dato che, se si esclude la zona del Waziristan, l’economia pakistana si può dire sia deludente.

L’Iran, dal canto suo, ha sempre temuto la creazione di uno stato forte ed indipendente la cui composizione è al 90% sunnita, in cui ovviamente esercitano forte influenza sia l’Arabia Saudita che il Qatar.

Attualmente si può dire che i talebani non siano in sintonia con nessuno, uno dei pochi paesi che li ha “accettati” (compresa l’apertura di ambasciate) è la Cina perché, attraverso accordi economici, vuole influenzare alcune dinamiche interne al paese. Molte risorse minerarie sono ancora intatte e si stima siano così “ricche” da poter determinare certi frangenti dell’economia mondiale.

I paesi che riconoscono il governo talebano sono principalmente coloro che hanno sempre dimostrato ostilità riguardo all’influenza americana come, ad esempio, Uzbekistan, Turchia, Qatar, Cina; anche la Russia si appresta ad un formale riconoscimento.


Aḥmad Shāh Masʿūd, noto anche con lo pseudonimo di generale Massoud, è stato un militare, politico e guerrigliero afghano dell’Alleanza del Nord, combattente contro il regime talebano afghano; era anche detto il “Leone del Panjshir”. Nel libro “Addio Kabul” spieghi come alcune figure note nel mondo non fossero “nobili” come sembravano. Quali sono le forze in campo? Esiste un’opposizione?

Aḥmad Shāh Masʿūd

Massoud è uno dei tanti (24/25) leader maggiormente conosciuti all’estero; lui in particolare aveva intessuto un buon rapporto con la Francia, con l’Iran e con la Russia e ciò gli donò popolarità in Europa. Gulbuddin Hekmatyar era conosciuto in Arabia Saudita, Pakistan ed altri come un eroe, al pari di Abdul Rashid Dostum noto in Turchia ed Uzbekistan. La verità è che tutti erano dei criminali. In Afghanistan, in quarant’anni di guerra, si stima siano morte 3 milioni di persone: eroe è colui che protegge la popolazione e ciò non lo hanno fatto.

Abdul Rashid Dostum

Nel corso della guerra civile Massoud possedeva carrarmati ed imperversava con il suo esercito uccidendo civili inermi lungo le strade di Kabul; non possiamo certo paragonare Massoud ad Indira Ghandi, che ha saputo condurre il suo paese verso l’indipendenza e la pace, oppure al nostro re Amānullāh Khān.

Massoud aveva un buon rapporto con la Francia perché elargiva con facilità diamanti in cambio di supporto mediatico alla sua persona ed alle sue gesta. In una specifica valle in Afghanistan lo considerano ancora un eroe, ma il resto della popolazione non condivide certo questa ricostruzione. Per assurdo è come se un governatore dell’Asia stabilisse chi siano gli eroi in Italia.

Non esiste una resistenza contro i talebani e quel poco di individuabile è composto dai figli di Massoud e da altri criminali, scappati dall’Afghanistan senza compiere azioni di contrasto concrete negli ultimi venti anni. Sottolineo che nei vent’anni citati costoro erano ministri, capi mujahedin e potevano contare su contributi esteri di miliardi di euro e, invece che compiere azioni atte a tentativi di instaurare la democrazia, hanno unicamente posto le basi per arricchirsi (ville, auto, bella vita, conti correnti in banche estere).

L’attuale contesto internazionale, inoltre, non è propedeutico a contrastare i talebani dato che assistiamo alla guerra tra Russia ed Ucraina e tra Israele e Palestina. Le proteste tramite Facebook risultano inutili.

I talebani, avendo il pieno controllo del paese, sono molto potenti in questo momento e possono contare su 80 miliardi di dollari di armi americane rimaste in loro possesso. La verità è che il popolo afghano non accetta le ingerenze occidentali perché i venti anni di “democrazia” hanno portato corruzione, guerre, morte, arricchimento dei signori della guerra.

Copertina del libro “Addio Kabul” di Fahrad Bitani


Molti interessi economici vertono intorno all’Afghanistan, come le risorse di gas non ancora messe a profitto. Quale è il “gioco” degli Stati Uniti e dei grandi attori internazionali?

Gli interessi economici presenti in Afghanistan, come precedentemente accennato, sono di paesi di tutto il mondo: Cina, Uzbekistan, Turchia tra i limitrofi.

Gli Stati Uniti non hanno in realtà grandi mire economiche, ma sono spinti da interessi geopolitici.

Molte materie prime utili alla componentistica delle automobili elettriche sono risorse presenti in Afghanistan e questo determina il fortissimo interesse economico cinese. Gli americani sarebbero interessati unicamente per finalità strategiche ad avere basi in loco.

Gli USA hanno firmato l’accordo con i talebani unicamente perché erano consapevoli di perdere la ventennale guerra intrapresa ed indubbiamente risultava maggiormente conveniente lasciare il potere ai talebani rispetto a continuare a sperperare ingenti cifre economiche e subire perdite umane. Hanno potuto constatare come l’Afghanistan sia un paese fortemente confessionale e come sia stato “naturale” e reiterato per i giovani morire in nome dell’Islam. L’America ha pensato prima a “liberare” il paese ed occuparsi in seguito della religione, ma questo ragionamento è risultato fallimentare davanti all’evidenza dei lavaggi di cervello subiti dai giovani disposti a morire in nome della fede.

Ciò che non viene raccontato, però, è che gli Stati Uniti donano 400 milioni di dollari a settimana al governo talebano in nome della causa umanitaria a sostegno della popolazione.

Quanto descritto risulta pericoloso perché l’immobilismo dovuto al contesto internazionale non farà che corroborare le iniziative poste in essere dai talebani.


Libere considerazioni

La conoscenza che l’Occidente ha dell’Afghanistan è diversa dalla reale situazione del popolo e del paese; ciò è da imputare ai “potenti” del mondo attenti unicamente alle dinamiche economiche.

È auspicabile descrivere il paese non solo in merito ai vent’anni di guerra o dei quaranta complessivi, ma ricordare come prima di ciò le donne potessero essere parte dell’esercito, libere, avere la possibilità di frequentare le scuole, ricordare quindi che esisteva una parità tra i sessi. La diffusione dei primi tram si vide a Parigi, Roma ed a Kabul: eravamo il paese asiatico più avanzato per l’epoca.

Oggi si stima che l’analfabetismo femminile sia circa al 95% e ciò corrobora condotte fondamentaliste. Se l’Occidente avesse compreso nel 2001 questo quadro d’insieme non avremmo dovuto assistere a vent’anni di guerra sommati al ventennio precedente.

L’incapacità di comprendere quanto descritto ci rende tutti responsabili della perdita della libertà delle donne e del numero spropositatamente alto di perdite umane. L’errore di intraprendere guerre si sta ripetendo attualmente in Ucraina ed in Palestina, ma è importante ricordare anche il fallimento dell’intervento in Iraq. La verità può essere raccontata unicamente dalle donne afghane, senza affidarsi a filtri o “messaggeri”.

Non si può valutare il percorso dell’Afghanistan sotto il punto di vista religioso, ma bisogna comprendere come la realtà attuale sia il prodotto della commistione tra Islam e politica.

Chi leggerà questo articolo auspico possa riflettere su come il credo sia stato plasmato per creare una falsa religione in Afghanistan. Solo quando il mio paese sarà libero, i diritti delle donne saranno effettivi, quando sarà stato svolto un reale lavoro sull’educazione, solo allora potremo vedere un Afghanistan migliore. Finché questi aspetti menzionati non saranno risolti, non potremo vedere altro che peggioramenti.

Ho lottato tanto nella mia vita, ho cercato di compiere azioni concrete, spesso arrecando a me stesso danni e disagi, ma nonostante i miei sforzi vedo un periodo in cui l’importanza è data unicamente al “Dio denaro” e ciò porta a dimenticare l’importanza di sostenere le donne, i bambini e tutto il popolo afghano.

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