“War… war never changes”
Questa citazione “colta” mi è vitale per poter parlare di questo argomento che, sebbene sia stata discusso già molte volte qui sul think tank che sul canale, il Mar Rosso è sempre stato un punto interessante per il mondo euroasiatico, in particolar modo per quanto riguarda il cosiddetto Medio Oriente (a livello contemporaneo) , questione che era stata già compresa da attori che ormai non esistono più da tempo, ma che combatterono a livello geopolitico e logistico/economico sempre in quella zona.
Sto parlando del mondo sasanide e quello bizantino nello Yemen, a quel tempo chiamato prima come regno del Qataban e poi, a partire dal secolo dopo Cristo, il regno di Himyar, o degli Himariti.
Lo Yemen nell’antichità, la ricchezza dei Mukkarib
Se c’è una cosa che non cambia durante la storia è l’importanza della religione e del commercio e il Regno del Qataban ne è una summa perfetta.
Sorto intorno al 600 a.C (le fonti inglesi danno un suo inizio a partire addirittura dal primo millennio avanti Cristo.), si estendeva per tutto l’attuale Yemen e parte dell’attuale Oman, tale regno era più simile ad una confederazione tribale e una “Lega commerciale” (scusate il termine) formata da varie popolazioni che utilizzavano le loro qualità per poter migliorare la qualità del commercio che una vera e propria potenza unica.
Tra queste popolazioni ne troviamo alcune veramente importanti:
- Hadramiti: probabilmente i più importanti di tutti, provenienti dalla zona al confine tra gli attuali Yemen e Oman, erano proprietari di una delle poche zone arabe con un terreno non desertico ed era qui che venivano prodotte le due fonti di guadagno di tutto il Regno, ovvero il franchincenso e la mirra, vitali per moltissimi rituali di tantissime religioni, non solo quelle pagane della penisola, bensì anche per lo zoroastrismo, per le funzioni religiose ebraiche, quelle egizie, alcune greche e addirittura per quelle vediche. Gli Hadramiti avevano il monopolio totale di queste due risorse, soprattutto per la prima, anche perché Plinio il Vecchio ci parla di come la città di Wabar (che forse appare nel Corano col nome di Iram delle Mille Colonne/ tende), chiamata “l’Atlantide delle Sabbie” per via del suo status leggendario, fosse la prima produttrice al mondo di franchincenso. Inoltre gli Hadramiti erano coloro che intrattenevano i rapporti con le popolazioni indiane per il commercio di queste due risorse. Spesso il regno di Qataban veniva chiamato Hadramita, visto la loro importanza.
- Sabei: Famosi per la Regina di Saba e per la sua visita al leggendario Re Salomone, uno dei personaggi più rispettati di tutto il mondo mediterraneo e non solo (era riverito anche nel mondo zoroastriano), ma la forza di questo regno non era unicamente incentrata su questi aspetti, bensì sul controllo dell’acqua e delle irrigazioni, basti vedere la prodigiosa diga del Ma’Rib, nella valle di Dhana, costruita intorno verso l’inizio dell’Ottavo secolo avanti Cristo e che crollò nel 570 d.C., uno degli aspetti che determinerà il dipanarsi degli eventi descritti nel prosieguo.
- Hadramuti: diffusi più in Oman che nell’attuale Yemen, aventi come capitale Shabwa (città citata anche dal già citato Plinio il Vecchio) , abitanti di una delle zone più aride e torride della penisola, da loro è nata uno dei pilastri fondamentali delle popolazioni semite arabe, ovvero la cultura e la loro profonda devozione, visto che il regno di questo popolo andò a chiamarsi Kinda, fungendo da collante tra i sabei e gli hadramiti che non sempre andavano d’accordo (ciò avvenne soprattutto nel secondo secolo a.C. e anche dopo). I Kinda, inoltre, divennero poi vassalli degli Himariti, andando a mantenere una forte unione tra i popoli, che non trovò problemi a convertirsi all’ebraismo, fattore che non avrebbe influenzato i loro rapporti con la loro comunità. Lo stesso Kaveh Farrokh, personaggio che abbiamo già imparato ad apprezzare, disse di loro che furono una “proto-Umma” ovvero una comunità islamica.
Il potere del Regno Qataban era questo, poter commerciale sia l’Oriente, che con l’Occidente, con risorse che potevano essere vendute ad un prezzo sempre competitivo, creando un popolo di commercianti e di persone col fiuto per gli affari, una qualità che superò anche le separazione religiose, visto che tutti i popoli si trovavano d’accordo sulla venerazione del dio chiamato Rahman, ovvero il Signore Misericordioso, probabilmente una delle tante varianti di Baal, un titolo per indicare un unico Dio presente in società monoteistiche o enoteistiche (ma non sempre, vedi i vicini fenici), il culto di Rahman incominciò ad essere importante il quelle zone a partire dal quarto secolo d.C., senza mai divenire comunque una vera e proprio “religione di Stato”, sebbene esistesse già anche prima di Cristo e avesse un ruolo molto importante.
A capo di questa confederazione a guida variabile vi erano i Mukkarib, ovvero Re aventi poteri teurgici (magia divina, per poter spiegare al meglio un processo molto più complicato da spiegare) che guidavano soprattutto i riti e i commerci, commerci che cominciarono ad avere un freno quando l’Occidente cominciò a vedere una crescita del cristianesimo rispetto alle altre religioni, visto che la nostra fede non ha bisogno di rituali con un gran numero di franchincenso e di mirra, portando verso il quinto il secolo, una variazione nel regno degli Himariti[1], ovvero la conversione all’ebraismo, sia per ingraziarsi le popolazioni vicine (anche se molte rimasero pagane o legate allo zoroastrismo) sia per continuare a poter vendere il franchincenso e la mirra, motivo principale di questa conversione, che prese molto di più le classi nobiliari che quelle più umili, non interessate a questo scopo.
Il Mar Rosso però, non era abitato solo dagli Himariti e dalla loro rete commerciale, bensì da un’altra potenza, presente in un altro continente, ovvero l’Africa.
I burrascosi rapporti con gli Aksumiti
Nato intorno agli inizi del secondo secolo avanti Cristo, questo regno presente nell’attuale Etiopia fu da subito un importante fulcro del commercio di avorio, spezie e oro in tutto il mondo mediterraneo e del Mar Rosso, specialmente nel quarto secolo dopo Cristo, quando sopraffece sia a livello militare ma soprattutto, economico, del Regno della città di Meroe, la quale, già indebolita dalla spedizione del Princeps Nerone del 61 d.C. e il predominio dell’Egitto come provincia romana.
Inoltre, verso la seconda metà del quarto secolo, il Regno di Aksum divenne cristiano, seguendo la chiesa bizantina e il cristianesimo orientale, il quale, non vedeva di buon occhio la natura ebraica del regno Himaryta, sebbene, come è possibile immaginarsi, questo fosse più un pretesto per attaccare un potente nemico economico.
Verso il sesto secolo dopo Cristo, il tale monopolio di Aksum cominciò ad avere delle crepe a causa degli Himariti, ciò spinse Kaleb di Aksum, Nehool (Re) di quel regno (che verrà poi considerato santo dalla chiesa ortodossa, in particolar modo quella greca), di attaccare il sud della Penisola Araba, in tutto questo, egli venne supportato dall’Impero romano di Oriente, i cosiddetti bizantini[2], per poter creare un effetto che avrebbe provocato un danno economico al vero nemico del Basileus, ovvero i persiani sasanidi, i quali, commerciavano alacremente con sia con la costa indiana sia con la penisola araba, forse la principale rotta commerciale dell’Eranshar, unita a quella del Mar Nero.
L’inizio della guerra
L’Invasione Aksumita del 518 d.C., supportata da presunte persecuzioni ebraiche nel confronto dei cristiani (su cui non si sono numerose prove, ecco per lo studio del 2009 a cura dell’archeologo Abdulrahman al-Ansary in cui si parla di un massacro di 20.000 cristiani che non abbiano mai voluto convertirsi al cristianesimo[3]), fu un successo, vista la natura estremamente frastagliata dei Qataban, a differenza di quella unitaria aksumita, successo che portò alla conquista del regno nel 522, mettendo un re “fantoccio” cristiano, Maʿdīkarib Yaʿfur, che verrà poi ucciso nel 525 d.C da Yūsūf Dhū Nuwās, generale Himaryta che si elesse Re, per poi fare per davvero il primo massacro di cristiani per mano ebraica, ovvero quello di Najran, che venne portato avanti più come un pretesto religioso. per una città che era più legata al commercio portando nello stesso anno, una nuova invasione Aksumita, coadiuvata da Giustino I, Basileus bizantino, che portò nel 530 d.C. la morte del Re Himaryta Yūsūf Dhū Nuwās, il quale, secondo le fonti arabe, si suicidò buttandosi nel Mar Rosso col suo cavallo, in realtà probabilmente fu giustiziato dalle truppe etiopi, ciò permise la salita al potere di un Aksumita ortodosso di nome Abraha, il quale, secondo il Corano e la tradizione orale, fu uno dei peggiori persecutori del mondo ebraico e probabilmente cercò anche di distruggere la Kabba, colei che poi divenne la pietra sacra dell’Islam, da sempre presente nel mondo, questo logicamente, è una questione che può essere considerata romanzata.
Il governo di Abraha e gli eventi futuri furono il pretesto definitivo per Kosroe I per iniziare l’invasione della zona meridionale della Penisola Araba.
La spedizione di Wahrez
Nel 570 d.C, Abraha morì di vecchiaia (secondo il Corano, per via di una maledizione), al suo posto salì al potere suo figlio Masruq, il quale continuò il lavoro di suo padre, andando anche a conquistare l’Abissinia.
Ma a differenza del padre, il nuovo sovrano aveva un problema che rispondeva al nome di Saif ibn Dhi Yazan, il suo fratellastro da parte materna.
Yazan, conosciuto nel Corano solamente come Saif, ovvero coloro che hanno un’aura di potere e di carisma in grado di liberare il mondo, contattò Giustino II per poter avere il supporto per ottenere il potere, ma il Basileus bizantino non poteva permettersi di inimicarsi i sasanidi, con cui aveva firmato l’anno precedente un trattato di alleanza militare contro gli Heftaliti, gli Unni Bianchi, i problemi con gli Avari sul fronte occidentale e la questione della nuova via della seta creata dai Sogdiani erano questioni troppo vitali per la sopravvivenza dell’Impero Bizantino, quindi negò l’aiuto al principe Aksumita.
Ciò portò Saif a contattare l’altro grande regno della zona, ovvero l’Impero Sasanide, guidato a quel tempo da Kosroe I, il quale, conscio che la guerra contro gli Unni Bianchi stesse andando bene, decise di mandare Wahrez, lo Spahbed (comandante supremo) del fronte meridionale[4] per risolvere la situazione.
Wahrez, forte di un esercito di quasi duemila Daylamiti (fanteria di elitè, particolarmente pesante) ed un ottimo supporto di ottocento cavalieri azadan (piccoli nobili) divisi tra aswaran (cavalleria da sfondamento) e Grivpanvar (cavalleria catafratta, estremamente pesante), lo Spahbed riuscì ad ottenere subito il supporto della popolazione locale contro il governo Aksumita, una grande fortuna per il militare sasanide, visto che gran parte delle sue navi era affondata sulle coste arabe.
Wahrez, militare di grande esperienza, sembra avesse partecipato alla guerra di Iberia dal 530 d.C (quindi quarant’anni prima) prendendo il posto del precedente Spahbed di nome Serse che era stato richiamato perché troppo anziano per portare avanti la guerra (sebbene con successo contro i bizantini), iniziò la campagna attaccando direttamente l’esercito di Masruq, supportato dalle popolazioni locali fedeli a Saif, durante la battaglia di Hadhramaut del 570/571 d.C., sconfisse il Re Aksumita, vendicando anche la morte del suo primogenito Nawzadh, ucciso dagli etiopi durante le prime battaglie, secondo Al-Tabari, storico arabo del decimo secolo, in pieno rinascimento persiano (periodo in cui il mondo islamico cominciò a guardare sempre di più alla cultura persiana e non solo a quella turca ed araba, un tuffo nel passato) ci narra di come Wahrez uccise il re nemico dopo un feroce corpo a corpo, lanciandogli una freccia in piena faccia tramite tiro ravvicinato.
La prima guerra aksumita-persiana durò ben poco, finendo nello stesso anno con la c e Wahrez mantenne gli accordi con Saif, dandogli la possibilità di poter governare il regno liberato, ma avrebbe dovuto avere come primo partner commerciale l’impero sasanide e avrebbe dovuto portare avanti una vera e propria “guerra di corsa” contro le navi bizantine, permettendo alla corte dello Shah di continuare a fare danni al principale nemico senza dover utilizzare le proprie forze.
Purtroppo, questa situazione di vantaggio non durò per molto tempo, visto che tra il 575-578 d.C, Saif venne ucciso da una cospirazione pro-Aksum, la quale riportò il caos nel regno. Wahrez dovette intervenire di nuovo.
La fine delle ostilità e l’avvento dell’Islam
Wahrez tornò nello Yemen tra il 577 e il 578 d.C. riprendendo la guerra contro i ribelli, anche stavolta, lo Spahbed, ormai anziano e stanco, finì la guerra in meno di un anno, ma questa volta decise di tenere le redini del potere. Egli, per mano di Kosroe I (o forse già Orsmida IV, visto che il precedente Shah morì nel 579 d.C.) fece divenire Re il figlio di Saif, ma le truppe persiane rimasero lì con lo Spahbed come satrapo, facendo divenire lo Yemen una provincia sasanide , l’ultima che venne aggiunta all’impero, prima della disfatta che subì nel secondo decennio del ‘600 per mano delle popolazioni arabe che andarono ad abbracciare l’Islam e lo Yemen fu proprio la prima provincia a cadere sotto le armi e le idee della potenza dei fedeli a Maometto, una sorte che Wahrez non vide mai, visto che sembra che morì nel 580, lasciando il posto da governatore al suo secondogenito.
Curiosità
Fino al nono secolo, i discendenti dei sasanidi che si andarono ad insediarsi nel mondo yemenita andarono a formare delle comunità proprie, andando a chiamarsi Al-Abna’, ovvero i figli/i discendenti della verità, curiosamente, notoriamente zoroastriane, furono le prime a convertirsi all’Islam.
Secondo Al-Tabari, durante la prima guerra aksumita-persiana, la potenza sasanide andò ad utilizzare un’arma innovativa e letale, in grado di scagliare cinque frecce alla volta, quest’arma, chiamata Panjagan, ancora adesso è materia di discussione tra gli studiosi, il già citato più volte Kaveh Farrokh ha ipotizzato che essa potesse essere o un tipo di balista oppure un tipo di balestra da cavalleria, particolarmente rapida nel fuoco, purtroppo su di essa, non abbiamo altre vere fonti.
Riferimenti bibliografici:
- Kaveh Farrokh (2017). Armies of Ancient Persia: the Sassanians. Pen and Sword.
- Federico Arborio Mella (1995). L’impero persiano. Da Ciro il Grande alla conquista araba. Mursia.
- Greg Fisher (2011). Between Empires, Arabs, Romans in Late Antiquity. Oxford Classical Monography.
- Al Tabari (2011). ‘Uyun Al-Masa’il Min A’Yan Al-Rasa’il. Nabu Press.
Note:
[1] Avrete notato che non ho parlato del passaggio da Qataban ad Himariti? Non è stato un errore, bensì una mia libera scelta, visto che si parla di una dominazione himarita a partire dal primo secolo d.C., ma la faccenda è ben diversa, semplicemente questa popolazione ha ottenuto più potere rispetto alle altre, una cosa che era già successa e persisteva in un percorso ciclico. In tal modo intendo dare un senso di continuazione all’entità che stiamo osservando.
[2] Userò questo termine per tutto l’articolo in modo da poter rendere più fruibile la scrittura
[3] https://www.thejc.com/news/historians-back-bbc-over-jewish-massacre-claim-ojexoa04 Su questo studio ho sinceramente trovato veramente poco, questa è una delle fonti più attendibili, nella bibliografia inserirò anche la fonte, ovvero il libro di Al Ansary.
[4] La riforma militare di Cosroe I portò alla creazione di quattro distretti militari, ognuno guidato da uno Spahbed; i fronti erano: occidentale, soprattutto contro i bizantini, orientale, contro gli Heftaliti e le popolazioni turche e indiane, meridionale, golfo persico e Arabia; settentrionale, contro le tribù nomadi.